22 novembre. Ora parlano gli studenti

Foto corteo

La domanda che ho sentito più spesso in queste due lunghissime settimane? “Perché siete andati contro la celere? Sapevate cosa sarebbe successo.” La mia risposta è e sarà sempre la stessa: solo i ladri o chi ha qualcosa da nascondere entra dall’ingresso posteriore. Noi siamo il popolo, noi siamo studenti e la nostra rabbia non la vogliamo nascondere. Quindi siamo voluti entrare dall’entrata principale.

Inizia così la testimonianza di Luca (nome fittizio per rispettare la sua privacy), uno degli studenti scesi in piazza il 22 Novembre durante la giornata di sollevazione regionale indetta dal Collettivo Autonomo Studentesco Cagliari con la collaborazione di diversi altri collettivi come quello di Oristano, Olbia e del Collettivo Universitario Autonomo Casteddu. I motivi che hanno portato i giovani in piazza sono stati molteplici: dal caro libri, al caro trasporti, passando per la carenza di fondi per il diritto allo studio e per lo stato disastroso in cui versano le strutture scolastiche e universitarie. Sono esempi lampanti di ciò gli ultimi avvenimenti accaduti al Liceo classico Dettori di Cagliari, nel quale è crollato un soffitto ferendo due studenti e un’ insegnate, e l’ ormai dimenticata casa dello studente di via Roma.

Nel comunicato del Collettivo studentesco Antonio Gramsci di Oristano leggiamo infatti: «Il nostro obiettivo era raggiungere il palazzo della regione, luogo simbolo nel quale si rintana la nostra classe dirigente parassita e criminale, piena responsabile, con le sue precise scelte politiche, della catastrofica situazione sociale in cui versa la nostra terra». È stato infatti progettato, nel lungo mese di preparazione del corteo, un vero e proprio “Assedio” come si legge in modo molto esplicito nelle locandine e nei diversi comunicati usciti prima del 22. L’obiettivo della giornata è stato dunque individuato nella sede del Consiglio regionale di via Roma

E così è stato. Da una parte e dall’ altra. Il racconto di Luca, infatti, continua così: A passo lento avanziamo verso la celere già dispiegata e pronta alla mattanza. Al contatto con i loro scudi davanti a noi si presentavano visi disumani colmi di rabbia e rancore verso chi chiedeva diritti e per chi poteva essere loro figlio. Da altre testimonianze emerge inoltre che quasi tutti i componenti del reparto schierato davanti agli studenti era composto da celerini che ridevano delle manganellate e da uomini che hanno “menato” tanto forte da mandare 4 ragazzi all’ ospedale. Secondo ciò che dice il Collettivo Studentesco Antonio Gramsci, pareva che la celere fosse formata “da uomini che non vedevano l’ ora di sfogarsi”.

Tra i ragazzi che sono stati costretti a ricorrere alle cure mediche c’è Luca, al quale è stato riservato un trattamento particolare da parte del Dipartimento Investigativo Governativo Operazioni Speciali (D.I.G.O.S.) : “Come altri, dopo l’ennesima manganellata al capo sono crollato a terra, privo di sensi. Lasciai la mischia barcollando, aiutato da chi come me era lì per i propri diritti, e sentivo che le forze mi stavano abbandonando. A quel punto e in quelle condizioni vengo fermato da due individui in borghese e presumibilmente della Digos, che mi intimarono il fermo. Spaventato dalla situazione, accelerai il passo ma dopo le svariate minacce verbali ricevute decisi di fermarmi.”

Il racconto non termina qui, anzi: “Dopo il mio fermo è successo il fatto più vergognoso e disumano. Mi raggiunsero e, non contenti, il primo mi diede un pugno al viso, il secondo, una volta arrivato, si avvicinò e subito mi sferrò un pugno alla bocca dello stomaco.”

La testimonianza di Luca non è che uno dei momenti peggiori di ciò che è successo il 22 Novembre a Cagliari. Infatti è solo uno dei tanti ragazzi che, stanchi di non essere mai ascoltati, stanchi di essere minacciati ogniqualvolta si voglia manifestare un dissenso, stanchi di vivere in una società dove lo studente e i giovani vengono considerati come l’ ultima ruota del carro, si è trovato davanti a una reazione spropositata da parte della celere e di altri reparti speciali delle “forze dell’ ordine”.

«Non un passo indietro. Ci vogliono in ginocchio, noi ci solleviamo», si legge nel comunicato di uno degli organizzatori, il Casc. Sono queste le parole d’ordine che gli studenti porteranno avanti durante la lotta al potere dei prossimi mesi e forse, proprio questi due slogan, insieme alla presenza massiccia dei giovani in piazza, hanno spaventato le forze dell’ ordine. Solo questo potrebbe giustificare la loro reazione, tanto spropositata quanto indiscriminata, davanti a un corteo “armato” di ombrelli e uova ripiene di vernice, ma con una determinazione molto superiore delle loro manganellate.