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Le responsabilità politiche di un pasticcio burocratico.

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Si è finalmente risolto il pasticcio burocratico del mancato accreditamento delle borse di studio da parte dell’ERSU. Finalmente agli studenti è stato dato quello che li spetta, niente di più e niente di meno: la seconda rata della propria borsa di studio. Continua la lettura di Le responsabilità politiche di un pasticcio burocratico.

Borse di studio congelate: l’ ultimo ricatto dell’ ERSU

Stamattina davanti alla sede dell’ERSU di Cagliari si sono presentati gli studenti borsisti dell’Ateneo cagliaritano. Da giorni, infatti, gli stessi lamentavano il mancato accredito della borsa di studio. Per questo stamattina un gruppo si è avvicinato alla sede dell’ente per chiedere spiegazioni ufficiali sul motivo del ritardo. Ritardo inspiegabile per chi ha la necessità di vedersi accreditata una somma che, appunto, gli garantisce di poter continuare i propri studi. Soldi necessari per pagare le spese e potersi mantenere in una città, quella di Cagliari, con costi insostenibili per le famiglie che tentano di offrire un futuro fatto anche di cultura ed istruzione ai propri figli e dove regna indisturbata la speculazione immobiliare.

La mattinata, svoltasi in modo complesso e conclusasi con un nulla di fatto da parte dell’ ERSU, è stata caratterizzata da diverse informazioni che si sono accavallate tra loro in modo confusionario. All’ interno della sede dell’ente sembrava non esserci proprio nessuno, tanto che la stessa rappresentanza studentesca si è vista rifiutare una richiesta di accesso agli atti, in quanto nessuno poteva dare risposte ufficiali: chi era in malattia, chi in ferie, o chi, come Daniela Noli (Presidente dell’ente), non rispondeva alle chiamate; proprio un deserto. La notizia che sembra essere finalmente trapelata è la seguente: “il pagamento delle borse di studio non è stato effettuato in quanto i mandati di pagamento sono vincolati ad una espressione del TAR a favore dell’ERSU in merito al ricorso presentato da un gruppo di studenti contro gli importi minimi delle borse di studio.” Un ricatto bello e buono quello dell’ ERSU che  – nel caso in cui fosse accettato il ricorso fatto da alcuni studenti (che chiedono solo l’adeguamento al minimo ministeriale della borsa di studio) – preferisce rifarsi sugli studenti riformulando le graduatorie, piuttosto che chiedere più finanziamenti alla regione. L’ennesimo ricatto, che arriva dopo il tentativo di mobbing con le oltre trecento raccomandate inviate dall’ERSU agli studenti che paventavano una possibile restituzione della borsa di studio. Sembra proprio che quest’anno l’ERSU invece di una campagna per il diritto allo studio abbia tirato su una campagna di terrore per chi prova a protestare contro le borse di studio più basse d’Italia.

Insomma un vero e proprio scandalo, la comprova che l’ERSU non è più – se mai lo è stato – un dispositivo di tutela ma bensì uno strumento politico per la distruzione del diritto allo studio e di repressione finanziaria contro gli studenti.

Noi del Collettivo Universitario Autonomo non siamo interessati né alle vie legali né alle questioni di cavilli a cui l’ente o la regione si vogliono attaccare. Pensiamo solo che sia illegittimo non erogare le borse di studio agli studenti, compresi gli idonei non beneficiari di cui spesso ci si dimentica. Pensiamo che sia un cappio finanziario, una mossa contro la quale si debba agire a livello politico, contro l’ERSU, contro la Regione e contro le politiche di impoverimento delle fasce più deboli alle quali si tagliano servizi essenziali.

Via Trentino : la mensa che non c’è

casadellostudenteaaaaviatreDagli uffici di Corso Vittorio Emanuele, sede dell’ ERSU (Ente Regionale per il Diritto allo Studio), tutto tace.

Nonostante la mensa di Via Trentino sia chiusa da diversi mesi per improrogabili lavori di ampliamento e ristrutturazione, il problema non sembra essere condiviso. “In fondo, ci sono le altre mense. Non dipende da noi. Ci scusiamo per il disagio”, dicono.

E poco importa che, tra una lezione e l’altra, si abbiano solo una o due ore, come spesso capita agli studenti dei poli universitari di Piazza d’Armi e di Viale Fra Ignazio, per attraversare la città e raggiungere la mensa di Via Premuda o Piazza Michelangelo, in pullman (magari in ritardo e sovraffollati), fare la fila e mangiare in fretta un pasto sempre più caro , sperando di fare in tempo prima che la mensa chiuda e/o di dover tornare di corsa a  lezione. Poco importa che l’alternativa sia pagare di tasca propria un pasto che dovrebbe essere già garantito, non potendo magari cucinare perché la propria condizione abitativa non lo consente.

Coloro che sono andati a chiedere conto hanno ricevuto solo risposte vaghe dalla sede dell’Ersu. Non un comunicato di scuse, non una data di riapertura.

” Abbiate pazienza “, “La mensa riaprirà a fine Febbraio”.

Poi, “Ci sono dei problemi con l’iter di approvazione burocratica in Comune “ – “Dovremmo riaprire per la fine di Marzo”.

Ad Aprile inoltrato ancora non si sa nulla. Quanto tempo dovremo ancora aspettare?

Il messaggio che passa, nel silenzio, è: ARRANGIATEVI!

Non sembra essere percepita la necessità di dare delle risposte alternative e concrete a chi continua a subire le incapacità strutturali di un Ente sempre più portato a riversare l’acuirsi della crisi sugli studenti. Rispetto, dignità, emancipazione ed autonomia sono concetti che vengono cinicamente sacrificati sull’altare della “mancanza delle risorse” e della “crisi”. E i pochi servizi che vengono garantiti vengono fatti passare per gentili concessioni.

 Parliamoci chiaro: per chiunque abbia mangiato in Via Trentino, i lavori erano necessari ed improrogabili.

E’ curioso osservare come l’emergenza Via Trentino cada nel momento in cui l’Università è costretta a svendere parte del proprio patrimonio immobiliare per adempiere agli impegni di bilancio. Non sarebbe stato meglio riutilizzare quegli spazi per limitare il disagio creato a tanti studenti dalla chiusura di Via Trentino? “Non sapete di cosa state parlando” diranno. Ma come mai non è stato nemmeno possibile riorganizzare il sistema in modo tale da far sì che una mensa tra Via Premuda e Piazza Michelangelo, nelle quali sono stati dirottati i lavoratori di Via Trentino dopo aver rischiato di finire in cassintegrazione, rimanesse aperta la domenica? E adesso, di chi è la responsabilità?

Lavoriamo per garantirvi il minor disagio possibile con gli scarsi fondi che abbiamo”.

E sicuramente devono aver pensato così anche coloro che a seguito della presentazione del ricorso al TAR,, sono stati colpiti da lettere minatorie per via raccomandata (alla faccia della crisi) con le quali, nel caso in cui il ricorso fosse stato accolto, si intimava la restituzione degli importi già percepiti.

 La condizione degli studenti cagliaritani continua a complicarsi: Aumento esponenziale del numero degli idonei non beneficiari, taglio dell’importo delle borse , meccanismi sempre più improntati alla meritocrazia, carenza strutturale rivelata dalla incapacità di offrire risposte alternative alla chiusura di due case dello studente su cinque; tutto questo mentre i soldi pubblici vanno a finanziare strutture come il College Sant’Efisio .  Non sarà tutto parte dello stesso film???

L’immagine che il “caso via Trentino” ci consegna è quella di un Ente che, trincerandosi dietro la propria presunta tecnicità, si rivela incapace di rispondere ai reali bisogni dei soggetti che è chiamato a proteggere. Non caso unico, ma emblema di un welfare fondato esclusivamente sulla disciplina di bilancio.

Rispetto a questo quadro non possiamo tornare indietro. Sappiamo però che la lotta contro questi dispositivi e contro la governance che li impone ha guadagnato per noi una sua dimensione specifica: se nessuna mediazione è possibile non abbiamo che la riappropriazione contro l’impoverimento.

Ricercare strade alternative ripartendo dalla socialità e dalla cooperazione per rispondere al disagio e al malessere generato dalle scelte della governance è possibile:

” Pranzare insieme all’interno degli spazi universitari non è solo un’occasione per vivere in maniera diversa dal solito uno spazio che è nostro ma l’occasione per ripensare criticamente il mondo che ci circonda, ripartendo dalla socialità e dalla cooperazione.”

   ♦          NOI LA CRISI CE LA MANGIAMO!      

Quando? Lunedì 22 aprile, Fronte Biblioteca Interfacoltà dalle 13:00 alle 15:00. 

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E.R.S.U : Un CdA protetto dalla polizia. Nessuna borsa indietro!!

imagesBasta poco per trasformare agli occhi dell’opinione pubblica la più pacifica delle proteste in un coacervo di facinorosi pronti a sovvertire l’ordine costituito. È questo ciò che deve essere venuto in mente alle forze dell’ordine in risposta al sit-in convocato dagli studenti per venerdì 1 febbraio, in occasione del CDA dell’Ente Regionale per il Diritto allo studio Universitario.

La decisione fa seguito all’invio di lettere minatorie, attraverso le quali l’Ente intima la restituzione degli importi percepiti, qualora il ricorso al TAR presentato contro il mancato rispetto del D.P.C.M. 9 aprile 2001 venisse accolto. Strano modo di tutelare il diritto allo studio.

Ma lo scenario che si è presentato agli occhi di coloro che hanno deciso di rispondere alla chiamata è stato quello di una piazza gremita di polizia, carabinieri in tenuta anti-sommossa e non, DIGOS e polizia municipale (!) (mancavano solo l’esercito e la guardia di finanza). Uno schieramento di forze in proporzione di uno per studente.

Quale sia lo scopo di ciò è facilmente intuibile: stroncare sul nascere qualunque forma di opposizione che non passi per le vie della rappresentanza già da tempo addomesticata. A completare l’opera, dopo aver amorevolmente ricevuto una delegazione delle vittime, l’invio di un comunicato stampa attraverso il quale l’Ente “ha condiviso l’esigenza, rappresentata dagli studenti, di una maggior dotazione di risorse che possano realmente far fronte ai bisogni di mantenimento agli studi degli studenti dell’Ateneo, con particolare attenzione agli studenti fuori sede.”

Queste parole si scontrano, tuttavia, con una realtà ben diversa. Quella nella quale l’E.R.S.U., chiamato ad abbattere gli ostacoli di natura economica e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona, piuttosto che premere nei confronti degli enti politici per pretendere finanziamenti adeguati, preferisce far cassa sulla pelle di quei soggetti che è chiamato a proteggere. Poco importa che questi soldi siano già stati spesi, per far fronte alle spese della vita di tutti i giorni. Che siano stati investiti nel sogno di un futuro migliore dopo anni di sacrifici. Nel caso in cui non abbiate possibilità di restituire l’importo, “Presentate un nuovo ricorso al TAR” è stata l’arguta risposta della Dott.ssa Noli incalzata dalle osservazioni preoccupate degli studenti.

Sottoscriviamo la lettera scritta da alcuni di questi decisi a resistere al ricatto:

Non restituiremo nessuna borsa! Quei soldi ci servono per vivere! Al di là del diritto sancito dalla Costituzione, noi guardiamo ai nostri bisogni, alle nostre necessità!

Abbiamo partecipato e vinto un bando per una borsa di studio su cui abbiamo pianificato il nostro immediato futuro, su cui abbiamo investito un anno di studi, anticipando il versamento di caparre e mensilità d’affitto, pagando bollette, comprando i testi universitari, spendendo insomma i nostri soldi per tutto ciò che voi – evidentemente – non potete o non volete capire.”

 

 

Il lancio del presidio di domani per la restituzione delle raccomandate ERSU dalle frequenze di Radio Blackout

 Clicca su Ascolta il file

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                                                                                                      ♦   ♦   ♦   ♦

Di seguito il testo della lettera redatta da alcuni studenti e studentesse che hanno ricevuto la raccomandata che intimava la possibile restituzione della borsa di studio:

Caro E.R.S.U.

Convinti che l’istituzione a cui ci rivolgiamo sia un’istituzione per la tutela e la garanzia per il diritto allo studio, ovvero un’istituzione che dovrebbe garantire la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona, per dare attuazione, quindi, a quell’eguaglianza sostanziale fra cittadini abbienti e meno abbienti, ci chiediamo quale sia il significato delle più di trecento raccomandate che avete inviato in conseguenza del ricorso al T.A.R. presentato da alcuni studenti per il mancato rispetto del DPCM 2001 e successivi decreti.

Facciamo i seri: nel corso degli ultimi anni ci avete dato prova della vostra distanza dalla condizione studentesca, della costitutiva incapacità di comprendere quali siano gli ostacoli, i problemi e le esigenze dei soggetti sociali che fingete di tutelare. Ma adesso, dopo anni di incuria degli stabili, dopo aver sbattuto fuori trecento studenti dalle Case – proponendo delle soluzioni che si sono rivelate ancor più disastrose che vivere con la legionella, dopo aver quasi dimezzato il numero dei beneficiari, dopo aver aumentato i costi di tutti i servizi e delle tasse che versiamo nelle vostre casse, vi permettete anche di intimidirci con delle raccomandate che, a livello legale, sono totalmente ineffettuali? Non restituiremo nessuna borsa! Quei soldi ci servono per vivere! Al di là del diritto sancito dalla Costituzione, noi guardiamo ai nostri bisogni, alle nostre necessità!

Abbiamo partecipato e vinto un bando per una borsa di studio su cui abbiamo pianificato il nostro immediato futuro, su cui abbiamo investito un anno di studi, anticipando il versamento di caparre e mensilità d’affitto, pagando bollette, comprando i testi universitari, spendendo insomma i nostri soldi per tutto ciò che voi – evidentemente – non potete o non volete capire. Be’, il patto va rispettato. Abbiamo creduto in un altro anno di studio, e non vogliamo smettere di crederci.

Vi riportiamo tutte le raccomandate, non sappiamo proprio che farcene.

VENERDI 1 FEBBRAIO 2013 : SIT IN SOTTO L’E.R.S.U. – NESSUNA BORSA INDIETRO : RESTITUIAMO ALL’ E.R.S.U. LE RACCOMANDATE!

Dopo aver tentato, per tutto l’autunno, di disciplinare l’insubordinazione sociale mascherandosi dietro la scusa del “siamo solo tecnici”, ma operando delle scelte politiche ben precise che rientrano sotto la categoria dell’ “austerità” e dello smantellamento del welfare, viene fuori il vero volto dell’ E.R.S.U.

Minacce sotto forma di raccomandate spedite a quei soggetti sociali a cui l’E.R.S.U., secondo il proprio statuto, dovrebbe occuparsi di garantire il “diritto allo studio” (che, prima di essere un diritto, è in primo luogo un bisogno).

Emerge un fatto: le istituzioni sono quanto mai distanti dalle reali condizione dei soggetti sociali, l’E.R.S.U. non intende o è incapace di capire la condizione di noi studenti.

Noi non crediamo più che la mediazione istituzionale possa garantirci i nostri bisogni; non crediamo più di poter aspettare con le mani in mano che le istituzioni, gli enti amministrativi, i partiti, gli organi di rappresentanza, si muovano per soddisfare le nostre esigenze.

Riportare le raccomandate all’ E.R.S.U. è un gesto di rifiuto nei confronti di un sistema che ci vuole sempre più assoggettati, impoveriti e indebitati. È un gesto che dice “NO” e che costruisce un “Sì”, il “Sì” del nostro essere soggetti sociali capaci di agire politicamente e di creare un’alternativa.

                                                                               VENERDI  1 FEBBRAIO 2013, ORE 11:00

 

 

                                                                      INCONTRIAMOCI TUTTI DAVANTI ALL’E.R.S.U.

                                                               E RESTITUIAMO AL MITTENTE LE RACCOMANDATE!

 

                                               

                                                                                       NESSUNA BORSA INDIETRO!

                                                                       

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                                                                                                                                         Collettivo Universitario Autonomo Casteddu

 

Ripartire dalla coperta corta delle borse di studio: ci organizziamo per rispondere alle minacce

Cagliari. Il 15 gennaio nella facoltà di Ingegneria si è tenuta un’assemblea studentesca convocata a seguito del caos scatenato dall’ Ersu dopo un ricorso fatto da alcuni studenti per chiedere l’incremento delle borse di studio.

L’assemblea è stata imposta dagli studenti borsisti per chiedere spiegazione del ricorso promosso dalla rappresentanza studentesca, un ricorso rispetto al quale l’Ente per il diritto allo studio, senza mezzi termini, ha risposto con minacce: minacce di rapina.

Infatti, l’Ersu di Cagliari, in seguito ad un ricorso promosso dalla rappresentanza studentesca che vorrebbe dimostrare l’illegalità dell’importo delle borse di studio erogate dall’ente (più basse rispetto al minimo previsto ai sensi del DPCM 2001), ha risposto che avrebbe chiesto la restituzione delle borse di studio ad alcuni beneficiari (circa 300) per poter integrare le borse dei ricorrenti.

Quale strumento ha scelto per notificare una scelta simile? Il più vigliacco: una raccomandata personale.

Durante l’assemblea l’avvocato dell’associazione promotrice del ricorso ha spiegato i termini del ricorso, rassicurando sul fatto che, a termini di legge, l’ERSU non sarebbe in diritto di chiedere la restituzione delle borse. Questo almeno è stato il parere della sua consulenza legale.

Tuttavia ben presto nel corso della discussione è apparso chiaramente come gli strumenti di organizzazione e lotta non possano essere limitati ad un’azione legale. Il reale problema dell’Ateneo, per quanto riguarda le borse di studio, si chiama sottofinanziamento e passa per tutte le politiche che vanno sotto il nome di “spending review”, pareggio di bilancio e austerità. Una sistematica strategia di impoverimento che, sommata ai regali fatti ai privati ed alla curia, mira alla distruzione del welfare studentesco.

Qual è il risultato di queste politiche? Sicuramente un trend crescente del numero di coloro che sarebbero idonei ma per mancanza di fondi non possono beneficiare delle borse di studio; ad oggi la percentuale si aggira intorno al 42% ed è destinata a crescere.

Il numero di coloro che, nonostante meritino e abbiano realmente bisogno di una borsa di studio, non ne beneficiano crescerà sin quando non saremo in grado di bloccare questo sistema nei suoi ingranaggi a noi più prossimi, ovvero iniziando, come deciso dall’assemblea, con l’organizzarci per rifiutare le minacce di chi vorrebbe dirci che per noi la possibilità di costruirci un futuro non è più garantita.

A partire dall’assemblea di ieri nei prossimi giorni verrà redatta una lettera collettiva indirizzata all’ERSU in cui tutti, come studenti borsisti, idonei non beneficiari e ed esclusi dalle graduatorie, manifesteremo di non aver gradito affatto le minacce che ci sono state rivolte via raccomandata.

Noi, come collettivo, non possiamo che opporci ai ricatti di un ente, l’Ersu, che ha deciso di gettare la maschera e preferisce perdere la faccia ricattando gli studenti e cercando di creare un vuoto intorno a chi lotta, invece di esigere dalla Regione i soldi che spetterebbero agli studenti. Inoltre lanciamo un appello a tutti coloro che hanno ricevuto la raccomandata Ersu: mettiamoci in contatto per andare a lanciarle in faccia al mittente.

Non una borsa indietro, nessun altra minaccia!

Verso un appuntamento di lotta!

 

La coperta corta delle borse di studio

Snoopy Walking LinusIl ricorso al T.A.R. e la costruzione delle lotte contro l’impoverimento.

La questione sollevata dal ricorso al T.A.R. Sardegna, promosso dalla lista maggioritaria della rappresentanza studentesca, contro il mancato rispetto da parte dell’ERSU degli importi minimi delle borse di studio, scopre le falle di sistema degli strumenti di garanzia sociale dentro la crisi. Il corto circuito innescato dal ricorso e dalla conseguente risposta dell’ente per il diritto allo studio ci parla del carattere di una nuova governamentalità della cosa pubblica, fatta di austerità e amministrazione della povertà come dispositivi di controllo e segmentazione sociale.
Ricostruiamo la vicenda per come si è sviluppata fino ad ora.

 Gli importi minimi delle borse di studio fissati dal Decreto Ministeriale del 22 maggio 2012 non sono rispettati dall’ERSU. Si legge in una nota del 5 dicembre 2012 di Unica 2.0: “Tra l’importo previsto nel “Bando di concorso per l’attribuzione di borse di studio e di posti alloggio a.a. 2012/2013” dell’Ente Regionale per il Diritto allo Studio Universitario di Cagliari, e quello stabilito dal decreto ministeriale, vi è una elevatissima differenza di 1.285,40 euro, superiore al 35% dell’importo della borsa. Per le borse di studio degli studenti PENDOLARI vi è invece una differenza di 658,27 euro ed infine per quelle degli studenti IN SEDE vi è una differenza pari a 450,95 euro.”
Tutto vero, certo. Ma cosa succede se si ricorre al T.A.R.?

 Lo spiega l’ERSU in un avviso apparso sul sito dell’ente il 19 dicembre: “Si precisa che i pagamenti sono disposti in pendenza del ricorso giurisdizionale, presentato al TAR Sardegna da alcuni beneficiari, per l’annullamento della graduatoria di assegnazione delle borse di studio e del presupposto bando di concorso, nella parte in cui sono stati previsti gli importi unitari delle borse di studio (art.12).
Qualora il ricorso venisse accolto, e dovesse essere deciso di incrementare gli importi minimi delle borse di studio, l’Ente dovrà riformulare le graduatorie con conseguente diminuzione del numero dei beneficiari.
Pertanto, in caso di decadenza dalla titolarità della borsa di studio, l’Ente si riserva di chiedere la restituzione delle somme ai beneficiari.”

 L’ERSU si deresponsabilizza completamente. Risponde che lo stanziamento di fondi per l’anno in corso non può essere rivisto perché lo stanziamento è competenza della Regione Sardegna. L’ERSU inizia allora a recapitare – con non molto criterio – avvisi via e-mail e tramite raccomandata un po’ a tutti i beneficiari, minacciando con questi di imporre la restituzione delle borse. L’ente per il diritto allo studio sceglie comunque la via dell’intimidazione per testimoniare del proprio svuotamento e della propria impotenza, ponendo sotto ricatto e gettando nell’incertezza centinaia di studenti e studentesse che molti di quei soldi già li hanno spesi o contano di spenderli per pagare gli affitti, rinnovare gli abbonamenti ai trasporti pubblici, comprare i testi, mantenersi in città.

 Il ricorso ha fatto emergere un fatto: le borse di studio sono come una coperta troppo corta, in troppi rimangono scoperti (quest’anno il numero degli idonei non beneficiari raggiunge il 42% del totale degli aventi diritto) e se si pretende una coperta migliore la maglia sarà più fitta ma la coperta più corta, scoprendo sempre più persone.
La verità è che in questo frangente assistiamo con chiarezza a un conflitto latente nella crisi, il conflitto tra ordine del comando politico-finanziario fatto di taglio alla spesa pubblica, vecchi istituti del welfare e legge che regolava questi istituti.
La retorica della rappresentanza studentesca, o comunque di qualsiasi soggetto non antagonista al sistema in ristrutturazione, per quanto critico rispetto a questo, si serve della figura del diritto: bisogna “difendere i diritti degli studenti”, dicono. Eppure succede che appellarsi alla legge, ricorrere al T.A.R., diventa non più la possibilità di ristabilire un diritto secondo la norma ma, anzi, la certezza di svelare il carattere del comando finanziario radicalizzandone la violenza e questo poiché il diritto è espressione di una legge ineffettuale, norma di rapporti non più esistenti che produssero uno stato sociale non più soddisfacibile perché è venuto meno il patto che lo fondava.

 Davanti a questo, politicamente, non conta tanto “assumersi responsabilità morali”, quanto piuttosto è importante assumere integralmente il piano imposto dal nuovo comando, dotarsi di nuovi strumenti. Infatti il corto circuito innescato dal ricorso mostra come l’insufficienza degli attuali istituti welfaristici non risieda nella loro cattiva gestione.
Il sottofinanziamento strutturale ci parla di un preciso indirizzo il quale però, proprio perché ristruttura il significato e la natura di certi istituti, non può essere aggredito e combattuto politicamente per il verso dell’appello alla legge che normava uno stato di cose ormai sospeso dalla materialità dei rapporti esistenti. E allora è inutile appellarsi ai diritti impossibili sanciti da leggi ineffettuali, a meno di non misurarsi con le contraddizioni tra piano di diritto e piano di fatto delle cose. Raccogliere la sfida, rifiutare questi rapporti sostanziati dall’ingiunzione al sacrificio, vuol dire necessariamente passare per la costruzione di nuove istituzioni, il che direttamente significa costruirci le nostre garanzie, ovvero produrre relazioni capaci innanzitutto di resistere a chi ci impone di restituire, non ciò che è un nostro diritto, ma ciò che ci serve.
Fronteggiare sullo stesso piano il comando dell’austerità finanziaria sulle nostre vite significa allora innanzitutto fronteggiarlo opponendogli un contropotere fatto di relazioni nuove che ponga al centro la volontà di riappropriarsi della ricchezza sociale passando per il rifiuto di tutto il sistema di produzione dell’impoverimento, individuando dunque Regione e ERSU come controparti immediate.

 Il 9 di gennaio si terrà la prima udienza al T.A.R. in camera di consiglio. Costruiamo i momenti di incontro per organizzare le forme della nostra opposizione, costruiamo un’assemblea dopo l’udienza. Non una borsa indietro, costruiamoci le nostre garanzie!

Collettivo Universitario Autonomo Casteddu