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Riprendiamoci gli appelli! Verso l’assemblea con i docenti

Foto assemblea taglio agli appelli Si è tenuta martedì sulle scalette del Magistero l’assemblea degli studenti della neonata Facoltà degli Studi Umanistici contro la decisione da parte del Consiglio di Facoltà di tagliare il numero degli appelli a partire da quest’anno accademico. Ricordiamo ancora una volta in cosa consiste questa scelta:

–  Per gli studenti fuori corso gli appelli passano da 11 a 8, con la cancellazione degli appelli di marzo, aprile e novembre;

–  Per gli studenti in corso c’è stata la diminuzione da 7 a 6, con la cancellazione degli appelli di marzo e ottobre e l’aggiunta dell’appello di maggio;

Un nuovo ostacolo al completamento del nostro percorso formativo. A danneggiare ulteriormente la nostra situazione di studenti universitari alle prese con servizi sempre più scadenti, con tasse sempre più elevate, o con i tagli alle risorse per il diritto allo studio (in un Ateneo come quello cagliaritano dove il 50% degli aventi diritto alla borsa di studio risulta essereidoneo non beneficiario http://cuacasteddu.noblogs.org/post/2013/10/04/idonei-non-beneficiari-no-grazie/). Questi sono i frutti dei tagli al welfare voluti di anno in anno dalla Regione Sardegna e delle scelte politiche del suo ente strumentale, l’Ersu Cagliari. Di fronte ai quali molti di noi sono costretti ad accettare lavori demotivanti e sottopagati (spesso senza nessuna garanzia in quanto “in nero”) o, è questo il caso di coloro che non abitano a Cagliari, ad accettare una vita da pendolare alle prese con il caro trasporti e tutti i disservizi made in Trenitalia (http://cuacasteddu.noblogs.org/post/2013/09/28/storie-di-vita-pendolare/).

E, senza andare sullo specifico, anche i circa quaranta presenti hanno voluto porre l’accento sulle conseguenze a cui andranno incontro a causa di questo drastico taglio. Importante, inoltre, la presenza di alcuni studenti di altre facoltà, come ad esempio Economia, che hanno spiegato come nella loro facoltà il basso numero di appelli (ricordiamo che sono sei nelle facoltà di Economia e Scienze Politiche) è ormai una regola fissa già da alcuni anni.

Questo ci consente di evidenziare come il taglio non sia una “follia” dei docenti di Lettere, Lingue e Scienze della Formazione , dunque. Piuttosto una decisione a freddo, un ulteriore tassello della ristrutturazione del sistema universitario degli ultimi anni. In particolare, è uno degli effetti dell’introduzione del nuovo sistema AVA (Autovalutazione, Valutazione periodica, Accreditamento) imposto dalla Legge Gelmini del 2010 e definito dai decreti attuativi D. Lgs 19/2012 e D. Lgs. 47/2013. In breve, esso consiste in un regime di controllo e valutazione della “qualità” della didattica e della ricerca da parte di una commissione interna e di una esterna, composta dai commissari dell’ANVUR, al quale saranno soggetti i corsi di laurea per poter ricevere i fondi necessari (anche nella più ottimistica delle ipotesi drasticamente ridotti) alla sopravvivenza ed essere attivati per il successivo anno accademico. Il risultato è presto detto: soppressione di interi corsi e, con il blocco del turnover, l’introduzione generalizzata del numero chiuso.

Per sintetizzare in due frasi il messaggio che è uscito forte e chiaro dall’assemblea:

NON SIAMO DISPOSTI AD ACCETTARE QUESTA DECISIONE!!! RIVOGLIAMO TUTTI GLI UNDICI APPELLI!!!

E proprio questo è ciò che tutti noi come studenti universitari andremo a dire ai responsabili di questa scelta, i docenti membri del Cdf alla prossima riunione del Consiglio, verso un incontro studenti-docenti che ridiscuta e si chiarisca che il taglio degli appelli è una proposta che dev’essere bocciata in toto.

DIFFONDIAMO, INCONTRIAMOCI, ORGANIZZIAMOCI!

RIPRENDIAMOCI GLI APPELLI!

Meno appelli per l’anno prossimo

meno appelli

Ci attende un anno accademico complicato il prossimo anno: ci tolgono gli appelli, moltiplicano sbarramenti e ostacoli e nel frattempo investono soldi in nuovi poli didattici.

Ma abbiamo bisogno ora di più risorse e possibilità!

Ma chi sono i responsabili di questa situazione?

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Facoltà degli Studi Umanistici: riprendiamoci gli appelli!

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Giovedì 13 giugno il Consiglio della neonata Facoltà di Studi Umanistici ha deciso, su indicazione del preside di Facoltà, di ridurre da 11 a 8 gli appelli d’esame annui dedicati agli studenti fuoricorso, e da 7 a 6 quelli previsti per gli studenti in corso.

 

Il nuovo statuto dell’Università di Cagliari, in vigore da quest’anno accademico, è figlio delle commissioni statuto del 2011, le quali riscrissero gli statuti degli atenei italiani sulla base della riforma Gelmini, approvata con la fiducia al Governo Berlusconi contro la quale migliaia e migliaia di giovani studenti e studentesse precari eressero barricate a Montecitorio negli scontri del 14 dicembre 2010.

Secondo il nuovo statuto il numero delle facoltà dell’ateneo cagliaritano è stato compresso a 6. Un’unica grande Facoltà di Studi Umanistici accorpa le ex facoltà di Lettere e Filosofia, Lingue e Scienze della Formazione.

 

Sino a quest’anno due delle tre ex Facoltà (Lettere e Lingue) offrivano ai fuori corso la possibilità di sostenere 11 appelli annui. Da ieri, per uniformare i calendari didattici delle tre ex facoltà, gli studenti hanno visto cancellata tale possibilità, riducendola a 8 appelli all’anno. Gli appelli per gli studenti in corso passano a essere, invece, da 7 a 6. La complicità del corpo docente con il processo di riforma ha portato presto a mettere d’accordo i professori delle tre ex Facoltà che compongono l’attuale sull’opportunità di sopprimere gli appelli: piuttosto che estendere il numero degli esami agli studenti di Ex Scienze della formazione si è giocato – come al solito – al ribasso.

 

Ancora una volta vediamo moltiplicarsi gli sbarramenti nei nostri percorsi formativi. La riduzione dei servizi – in questo caso degli impegni didattici dei docenti – ci impone l’impossibilità di gestire autonomamente tempi e ritmi di studio facendo scivolare rapidamente le nostre carriere universitarie verso la condizione di fuoricorso o inasprendola attraverso delle sanzioni che non sono più solo monetarie. Un’università con tempi di studio sempre più contingentati vorrebbe esprimere una condizione di studente a tempo pieno. Eppure pochi di noi a oggi possono permettersi questo lusso. La maggior parte degli studenti è costretta a spezzare i propri tempi di studio tra un lavoretto e l’altro pur di riuscire a mantenersi a Cagliari. Il soggetto in formazione è figura compiutamente precaria più che figura studentesca.

Così con meno appelli disponibili aumenta la possibilità di finire fuoricorso, con la certezza di incorrere nelle ulteriori gabelle approntate per la circostanza: sovrattassa per i fuori corso (fino al 30% in più) e sovrattassa di discontinuità (50 euro in più per ogni semestre senza esami). Per i fuoricorso, le possibilità di concludere il percorso di studio si fanno ancora più remote. Oltre alle ben note sovrattasse succitate, la figura dello studente fuoricorso viene sanzionata ulteriormente; la riduzione degli appelli è una manovra strumentale all’Università: lo studente fuoricorso, che il più delle volte diventa tale perché costretto a lavorare  – spesso in nero – per poter studiare, viene utilizzato come capro espiatorio, come merce da mettere a valore. In realtà l’obiettivo dell’Università non è quello di agevolare la figura dello studente fuoricorso: questo studente costituisce per l’Università una fonte di ricchezza, nel momento in cui può estrarne un profitto attraverso l’inasprimento delle tasse.

Difficile sottrarsi a una spirale in cui per continuare a studiare si è costretti a lavorare con una sottrazione di tempo allo studio che viene però sanzionata “per regolamento” con ulteriore erosione di reddito!

Senza contare le difficoltà che incontreranno gli studenti borsisti nel mantenere i benefici con un appello in meno!

 

Non solo. Il caso della soppressione degli appelli ci parla anche del ruolo della docenza in questa università riformata. Pur senza il coraggio di schierarsi apertamente, gli “accademici”, tra ingenuità e opportunismo, si fanno concreti interpreti dello “spirito di riforma” dell’università degli ultimi anni. Da un lato, infatti, radicalizzano, anche nell’amministrazione dei dipartimenti, le misure volte al dimagrimento dei servizi; dall’altro sempre più disertano gli impegni e le responsabilità connesse alla didattica interpretando il ruolo della docenza universitaria entro una dimensione privatistica dove ciò che conta è il progresso di una personale carriera accademica fatta di accreditamento presso l’istituzione attraverso la produzione e la valutazione di ricerca. Sparisce qualsiasi problematizzazione della dimensione collettiva del sapere e della formazione. Gli spazi della relazione pedagogico formativa in questa università vengono soppiantati dai meccanismi di istruzione e selezione dove ciò che maggiormente conta è la razionalizzazione dei tempi.

Allora, da parte di alcuni docenti, bisogna risparmiare sugli appelli, togliere tempo agli studenti per dedicarlo all’ultimo articolo richiesto come parametro per restare a galla o essere promossi.

 

A questa selezione giocata tutta sulla nostra pelle diciamo che non ci stiamo.

 

Ci interessa rimettere al centro di quest’università la natura della trasmissione dei saperi e dei modi della formazione. Crediamo infatti questi siano un patrimonio collettivo che collettivamente debba essere interpretato strappandolo a quei meccanismi che, mercificandolo, lo rendono invece strumento del nostro impoverimento e della nostra esclusione sociale in questa università post-riforma.

Sappiamo che ci sono delle responsabilità nei processi degli ultimi anni e nelle scelte recenti.

Sappiamo che di questa direzione non ne possiamo più e porteremo la nostra opposizione in ogni prossimo consiglio di facoltà fino a farvi tornare indietro!