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Reclaim (y)our University Pt.2

 SABATO 6 LUGLIO 2013

 

                                              ♦♦♦♦  Ex Facoltà di Lettere e Filosofia – Magistero – Ingresso Piazza D’Armi ♦♦♦♦

    Dalle ore 17.00 – Atrio Magistero  

 

  Presentazione del libro “La forza di piazza Syntagma” di  Fulvio Massarelli

       

  Dalle ore 21.30     

 ★  Iato, SlimFIT, Il fondo dello Zighet IN CONCERTO! 

 ★  Live Painting!!

 

★  BIRRA E VINO A PREZZI POPOLARI!

 

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LA NECESSITÀ DI RIPRENDERCI GLI SPAZI

Contro la chiusura delle case dello studente e contro la speculazione sugli affitti agli studenti!

Contro l’aumento del costo della mensa e contro le prese per il culo dell’Ersu sulla riapertura della mensa di via trentino!

Contro il taglio delle borse di studio e l’aumento degli idonei non beneficiari!

PER un’Università fatta dagli e per gli studenti, gratuita per tutti e con la garanzia di poter studiare con un reddito minimo garantito!

PER un alloggio dignitoso, senza regolamenti da convento e gratuito a tutti gli studenti fuorisede!

PER una mensa di qualità, che sia dignitosa sia per chi magia sia per chi ci lavora, gestita direttamente dall’Ersu senza appaltare a ditte si arricchiscono con fondi pubblici!

L’UNIVERSITA’ E’ NOSTRA! RIPRENDIAMOCELA SABATO 6 LUGLIO 2013!

L’Università è ormai soggetta ad un processo di ristrutturazione, che passa per una razionalizzazione delle spese, per l’ingresso nel Consiglio di Amministrazione di privati. Un processo di ristrutturazione che passa per la sottrazione degli spazi, e la cancellazione di ogni forma di socialità al loro interno, nel nome della produttività. Chi resta fuori si arrangia.
In questo contesto si inserisce il “Magistero”, sede della Facoltà di studi umanistici, fortemente coinvolta da questo processo di ristrutturazione, soprattutto per quanto concerne gli spazi e il loro legittimo utilizzo. Pensato, più che come centro di aggregazione e condivisione del sapere per tutti, come scrigno del tesoro di una conoscenza per pochi.
Il primo passo è stata la chiusura delle aule di Lettere e Filosofia, con la scusa della difesa da eventuali atti vandalici e del “decoro” di una facoltà che sta morendo.
Per questo abbiamo deciso, come Collettivo Universitario Autonomo, di costruire un’alternativa a chi vuole imporre la desertificazione degli spazi, al divertimento come generatore di profitto e all’ Università come luogo sacro fatto per i mostri del sapere. Un’alternativa fatta della e dalla cultura delle lotte contro chi vuole imporci un modo di vivere che noi non vogliamo.

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Fulvio Massarelli


“La forza di piazza Syntagma – Voci di insurrezione da Atene”

” Il proletariato greco – lo si vedrà in questo libro prezioso – trova in se stesso la forza di rialzarsi, di farsi centrale anche verso i ceti medi impoveriti, di ricostruire ambiti propri di ricomposizione sociale, di produzione e di vita. ”

(Dalla prefazione di Valerio Evangelisti)

Occupazioni di terre e case, autoriduzioni delle bollette, automobilisti che passano i caselli autostradali senza pagare, migranti che si organizzano per bloccare le provocazioni fasciste. Le piccole illegalità di massa continuano a crescere nella Grecia in crisi e dimostrano la forza di un popolo che non vuole arrendersi.
In questo volume sono raccolte testimonianze, a volte dissonanti, dei protagonisti del movimento greco. Voci che ci mostrano le rovine dei processi di globalizzazione e aprono orizzonti su un altro mondo di dignità e giustizia.
Piazza Syntagma è il luogo simbolo dove l’autore ha incontrato i comitati di lotta contro il carovita, le assemblee di quartiere che autogestiscono la distribuzione di beni di prima necessità, le lotte dei detenuti, i centri sociali di nuova generazione, gli studenti universitari, le fattorie, gli ambulatori e le farmacie autogestite. Scopriremo dove cresce la forza politica che si oppone al massacro e che intreccia le braccia in cordoni durante i cortei brutalmente repressi dalla polizia.
Fulvio Massarelli, esperto e profondo conoscitore dei movimenti sociali e delle culture giovanili, è redattore del sito di informazione Infoaut e collaboratore de “il manifesto”. Nel 2012 ha pubblicato La collera della Casbah. Voci di rivoluzione da Tunisi.

 

EVENTO FB : https://www.facebook.com/events/173012972873503/?fref=ts
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★ SAPERI CONDIVISI ★

Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito ad una progressiva trasformazione dell’Università, in cui non è stato smantellato soltanto il “Diritto allo Studio”, ma si è prodotto un nuovo modello di formazione, basato soltanto sull’accumulo quantitativo di nozioni ed esperienze e perfettamente incarnato dall’inarrestabile crescita dei Cfu nei nostri libretti universitari. Viviamo dentro un istituzione,  le cui caratteristiche principali sono una tendenza sempre maggiore verso la privatizzazione e verso l’appiattimento della ricerca su criteri di produttività economica dei saperi. Come studenti e studentesse ci attiviamo invece per costruire all’interno dell’Università momenti di maggiore condivisione e libertà dei saperi .

Con questa idea il Collettivo Universitario Autonomo propone le presentazioni delle tesi di laurea, affinché le conoscenze prodotte non rimangano semplicemente relegate in un cassetto della facoltà per poi essere dimenticate, ma diventino patrimonio da condividere da tutti e per tutti.

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Questa la programmazione:

Martedì 23 Aprile:               “Una nuova forma di rappresentanza. La storia e le tematiche della Lega Nord” di Gavino Santucciu

Martedì 2 Maggio:        “United fruit company e la storia che si ripete dal colpo di Stato in Guatemala ai Chiquita Papers e alla parapolitica” di Piero Adamo

★ Mercoledì 8 Maggio:           “Decolonizzazione filosofica e politica: la prospettiva teorica di Kwasi Wiredu” di Maria Laura Spanedda

★ Mercoledì 15 Maggio:        “Thomas Sankara, la patrie ou la mort nous vaincrons” di Davide Boldrini

Mercoledì 22 Maggio:        “Attraversare il gioco” di Dario Palmas

★ Mercoledì 29 Maggio:     “Il disagio scolastico tra gli alunni zingari. L’ esperienza di un villaggio rom della Sardegna” di Marianna Manca

Il calendario è in continuo aggiornamento. Chiunque voglia partecipare può contattarci per unirsi all’ iniziativa.563775_244908182321000_987095647_n

Mense ERSU: il piatto piange!

il-piatto-piange-L-z0gx9nDando un’occhiata alla trasformazione del servizio ristorazione ERSU negli ultimi anni, un dato politico emerge forte e chiaro: aumentano i prezzi, peggiora la qualità.

E’ così infatti che se uno studente di seconda fascia nel 2007 pagava 1.80 a pasto, quest’anno coloro il cui ISEEU (Indicatore della Condizione Economica Equivalente) non supera gli undici mila euro, limite della prima fascia, si trova costretto a dover sborsare 2 euro. Emblema della condizione studentesca, su cui si abbatte l’aumento del costo dei pasti, sono gli idonei non beneficiari, ovvero quelle strane figure che pur avendo diritto subiscono l’apparente carenza di fondi da parte dell’Ente per il Diritto allo studio. Per loro è previsto un massimo di 240 pasti gratuiti esclusivamente nel periodo delle lezioni. Se si è iscritti al primo anno, manco quello. Non se la passano meglio coloro che sono beneficiari di borsa di studio e alloggiano presso Casa dello Studente (sempre che questa non sia chiusa per lavori causati da anni di indifferenza ed incuria da parte di chi se ne sarebbe dovuto occupare) che, terminati i 240 pasti gratuiti, si trovano nella simpatica situazione di non poter fare la spesa e cucinare in casa (il regolamento non lo consentirebbe). Sono esclusi invece dal diritto al pasto gratuito coloro che pur essendo beneficiari sono pendolari (o risultano tali perché il padrone di casa affitta in nero). A coloro che non hanno la possibilità di permettersi il costo del servizio, la risposta dell’ERSU, che in questo rivela la propria natura aziendalista, interessata esclusivamente al ripianamento del proprio bilancio, è chiara: ARRANGIATEVI!                                                                                                            

Non solo. Da quest’anno, l’Ente regala agli studenti la possibilità di contribuire ulteriormente alla gestione del sistema attraverso l’invenzione di un contributo di un euro, richiesto al momento del rilascio della tessera (come se non bastasse l’aumento esponenziale delle tasse).

A tutto ciò corrisponde un servizio tutt’altro che efficiente. Coloro che non arrivano in mensa all’orario di apertura devono rassegnarsi all’idea di fare una lunga fila, di cui non sono certo responsabili i lavoratori, chiamati a sopperire alla carenza di personale in cambio di uno stipendio misero, sperando di trovare da mangiare o dovendosi sbrigare perchè la mensa chiude. E la domenica? Giornata di riposo per i tanti studenti fuori sede si potrebbe andare in mensa, per evitare di dover cucinare in casa.   No, da qualche mese a questa parte questo non è possibile. La chiusura della mensa di Via Trentino, l’unica aperta la domenica, a partire dal mese di settembre, per lavori di ampliamento e ristrutturazione ha tolto anche questa possibilità. Qualcuno potrebbe dire: preferite mangiare cibo riscaldato, fettine che sembrano suole di scarpa con posate di plastica (nella migliore delle ipotesi due o tre si distruggevano nel tentativo)? Ma di chi è la responsabilità del fatto che per anni questa fosse la norma?

Tutto questo è il frutto di una chiara scelta politica. La stessa che fa sì che, in un contesto come quello cagliaritano dove la sola mensa di Via Premuda è a gestione diretta ERSU, un servizio sociale fondamentale si trasformi in terra di conquista per i privati. Lo studente è lasciato solo dalle associazioni della rappresentanza studentesca, sempre più impegnate a dialogare con le istituzioni responsabili di questo sistema e a sedare gli animi degli studenti ogni volta che questi provano ad alzare la testa. Non si può non pensare a quelle “nuove forme di finanziamento” evocate da Monti per il servizio sanitario nazionale, che si inseriscono in un più ampio progetto (quello delle esternalizzazioni) di svuotamento del pubblico a tutto vantaggio dei privati. L’esternalizzazione dei servizi tanto sbandierata come portatrice di efficienza, in realtà, come mostra la gestione del servizio ristorazione ERSU, non è altro che fonte di impoverimento, ed emblema del progressivo isolamento in cui vivono studenti e lavoratori, lasciati soli in una costante condizione di precarietà ed incertezza.

Costruiamo, tutti insieme, studenti e lavoratori una lotta dal basso che porti alla riappropriazione del servizio!

 

Il nesso tra accreditamento e riproduzione nella creazione del debito studentesco

Le parole di uno studente sull’imporsi del debito a partire dalla selezione universitaria

Un’ipotesi di conricerca, incontro e costruzione di lotta partendo dai test d’ingresso.

Cosa significa parlare di indebitamento studentesco? Per il futuro prossimo possiamo ragionevolmente prevedere la sopravvivenza – sebbene in forma sempre più sottofinanziata e monetizzata – degli istituti tradizionali di beneficio per il diritto allo studio (borse, alloggi, ristorazione, agevolazioni nella tassazione etc.) in favore dei “capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi”. Eppure, accanto alla spettralizzazione del welfare, si scorge avanzare un complesso di dispositivi sempre più invasivi di finanziarizzazione dell’auto-garanzia della formazione e della possibilità della formazione.

La dicotomia diritto/possibilità alla/della formazione articola una segmentazione interna a una medesima composizione, al fine di estrarre plusvalore direttamente dalla riproduzione sociale della stessa composizione. Agiscono infatti due processi opposti e complementari di valorizzazione capitalistica, nella fabbrica cognitiva: la produzione e la riproduzione di soggetti formati, ovvero l’investimento su un capitale umano e la sua rendita. Il primo è garantito come un diritto sub conditione dimostrando merito, crediti maturati alla mano; il secondo è un accesso – come una possibilità – a un circuito di valorizzazione comunque limitato.

Si tratta infatti di moltiplicare gli sbarramenti. Creare artificiosi debiti formativi significa creare e alimentare un sistema dell’accreditamento continuo al quale viene legata la possibilità della riproduzione materiale della propria condizione. Per continuare a studiare e colmare il debito formativo si finisce per indebitarsi concretamente. In questo passaggio, nel nesso tra accreditamento e riproduzione, si produce, in maniera coatta, una soggettività indebitata. La riproduzione è funzione dell’accreditamento e può esser soddisfatta solo da un indebitamento materiale.

I test non selettivi per i corsi di laurea triennali non a numero a chiuso – altro capitolo analogo andrebbe aperto sui test dei corsi di laurea a numero chiuso – rispondono esattamente a questa logica. Se non superati i test impongono inoltre l’iscrizione d’ufficio al tempo parziale. Si tratta di un altro meccanismo di disciplinamento dei tempi di studio e di lavoro: uno sbarramento che rinvia, entro una misura ad hoc, il traguardo dell’accreditamento affinché l’ateneo, nella sua “contabilità”, non si trovi con troppi “fuori corso”, risultando in questo modo “non virtuoso” e dunque non beneficiario della ripartizione della parte premiale del fondo di finanziamento ordinario statale.

Ecco gli effetti concreti, sulla materialità delle nostre condizioni, delle politiche d’impoverimento dell’università. Altro che una nominale “difesa della cultura”, verrebbe da dire…

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Discutendo con Thomas – vent’anni, studente di Lingue a Cagliari – abbiamo potuto rintracciare, attraverso una storia concreta, la materialità di uno di questi processi di indebitamento e dei dispositivi connessi.

Racconta Thomas: “io ho maturato il debito al test d’ingresso per quanto riguarda tedesco e la risposta che mi è stata data dalla segreteria o dalla docente – non mi ricordo – è stata che essendoci stati pochi studenti ad aver conseguito il debito in tedesco al test d’ingresso non valeva la pena fare i corsi di recupero. Quindi è stato deciso che, per recuperare questa materia, lo studente avrebbe dovuto superare l’intero esame (linguistica, lettorato e orale)… non avendo però passato una parte mi sono ritrovato nella situazione di merda in cui quest’anno non riceverò la borsa di studio e probabilmente se non passerò il prossimo appello dovrò rendere i soldi dell’intera borsa di studio dell’anno passato…”

Si ha a che fare con un meccanismo di accreditamento infinito e artificioso: si attribuisce un debito ma si impedisce di colmarlo, non attivando specifici corsi di recupero. Non solo, i corsi di recupero vengono sostituiti con un esame del normale percorso accademico, ingenerando la palese contraddizione per la quale, pur dichiarando gli studenti “non idonei” e in debito formativo, si pretende di fargli colmare il debito accreditandosi regolarmente, conseguendo i crediti formativi di un esame. Da questa contraddizione il carattere puramente fittizio del “debito formativo”, il suo carattere strumentale.

Questo meccanismo infatti diventa complementare a un’inclusione differenziale, un accesso su un piano di principio e di diritto garantito universalmente, ma in realtà limitato e regolamentato da dispositivi di controllo (i test) ed esclusione attraverso la moltiplicazione degli sbarramenti imposti (accreditamento costante in percorsi curricolari ed extra-curricolari).

La complementarietà tra accreditamento e inclusione differenziale si stabilisce su un governo emergenziale del sistema delle garanzie sociali: la mancanza di investimenti e di manutenzioni nelle strutture diventa l’alibi perfetto per imporre ricattabilità e ulteriori sbarramenti. Entro queste dinamiche viene inscritta anche l’esperienza di Thomas.

“io e un mio amico”, prosegue Thomas, “eravamo nella stessa situazione: aspettando i ripescaggi ERSU ci siamo ritrovati, con la chiusura della casa di via Roma [ennesima chiusura della struttura, in questa occasione a causa di perdite nel sistema idrico, ndr] a doverci cercare una camera in affitto. Oltre il danno anche la beffa, perchè abbiamo dovuto cercare la casa entro il 1° dicembre – per non perdere la borsa di studio – ed era già metà novembre.”

Lo stato di abbandono delle case dello studente di Cagliari, nel quadro complessivo di dismissione del welfare studentesco, si traduce, nei processi di indebitamento del precariato giovanile in formazione, in una precisa scelta politica che soddisfa una compatibilità di fondo con un mercato degli affitti gonfiato a dismisura dall’ingente numero di appartamenti e stabili sfitti. 170 euro per un posto letto in una camera doppia in un umidissimo seminterrato del centro storico, così si quantifica l’impoverimento giovanile.

La mancanza di reddito indiretto – servizi, tutele, etc. – dev’essere colmata con una fonte di reddito diretta: un lavoro qualsiasi, in nero, una serata ogni tanto. Thomas ora sta “lavorando all’ippodromo come cameriere per 30 euro a serata”. Anche questo un impiego parte dei progetti per il rilancio dell’occupazione giovanile della Regione? Non neghiamo ci sia una parentela: la stessa produzione di precarietà.

Su questi soldi, buoni giusto per coprire l’affitto, grava sempre però lo spauracchio del debito formativo da colmare, pena l’indebitamento materiale con l’ERSU: “a breve avrò un esame e solo con l’esito positivo di questo potrò tenere i soldi. Il lavoro me lo sono dovuto cercare… anche perchè se l’esame va’ male devo rendere i soldi!!!”.

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Bisogna riprendere in mano la domanda iniziale. Cosa significa indebitamento studentesco? Non possiamo accontentarci di una lettura sociologica. Sappiamo bene che il mondo della formazione si ristruttura sempre più in un processo ad alta valorizzazione capitalistica profondamente diversificato al suo interno. Se mantiene, in via di principio, una vocazione all’inclusione universalistica (perché senza saperi diffusi e condivisi non c’è riproduzione sociale e dunque possibilità di estrarre da questa plusvalore) allo stesso tempo il controllo sulle forme della valorizzazione sociale, sulla nostra formazione dunque, si esercita con l’imposizione di dispositivi di disciplinamento materiale quali la precarizzazione delle condizioni di riproduzione del proletariato in formazione e il suo indebitamento. Non serve controllare le statistiche sull’interruzione dei percorsi formativi alla laurea di primo livello per capire come tutto questo conduca, in termini quantitativi, a fenomeni di “esclusione differenziale” più che di inclusione.

Allora questo genere di domanda – che cosa significa per noi indebitamento studentesco? – deve aggredire le nostre esperienze soggettive articolando da queste un metodo che ci permetta, rintracciando i singoli processi, di ricomporre e sviluppare socialmente la potenza dei soggetti impoveriti, di affermare comunemente le loro istanze i loro bisogni, le nostre istanze i nostri bisogni. Dobbiamo ripartire dai rapporti concreti in cui siamo presi per iniziare a ragionare comunemente su come sottrarci all’impoverimento, negarlo e nel conflitto riprenderci spazi, reddito e ricchezza.