MENSA DI VIA TRENTINO: tra problemi burocratici finti e responsabilità reali

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Era il luglio del 2012 quando la mensa di via Trentino è stata chiusa per lavori di ristrutturazione, e  ancora stiamo aspettando che il servizio ritorni operativo.

Fin dalla sua apertura, la mensa è sempre stata organizzata in modo che il cibo venisse cucinato nelle altre mense e poi spedito in via Trentino. Questo fino all’estate di quasi due anni fa, quando sono iniziati i lavori per costruire una cucina e una canna fumaria necessari alla preparazione del cibo all’interno della mensa stessa. Continua la lettura di MENSA DI VIA TRENTINO: tra problemi burocratici finti e responsabilità reali

Nuovo Anno Accademico: NULLA DA FESTEGGIARE!

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Oggi 13 Gennaio 2014 il Magnifico Rettore ha inaugurato il nuovo anno accademico. Un nuovo anno all’insegna dei tagli presentati come razionalizzazione del sistema. Lo abbiamo ricordato ai professori e alle autorità ammesse ad assistere alla cerimonia, insieme ai lavoratori dei servizi di pulizie, portierato e servizi esecutivi. L’attacco nei loro confronti è un attacco a tutti noi. Per tutti noi però, a differenza di professori imbellettati e complici sindacati studenteschi, non c’era posto. Alle cerimonie così come dentro l’Università, sempre più un luogo per pochi. Il “buon risultato” – per usare le parole del Rettore Melis, fresco di nomina a rappresentante CRUI alla Conferenza Universitaria Nazionale (CUN) – conseguito con la previsione di bilancio per il nuovo anno accademico è un ulteriore attacco alle condizioni di lavoratori e studenti, alle prese con una didattica scadente e lavori sottopagati. Quali sono, però gli effetti di questo “buon risultato” , riportato anche grazie all’esternalizzazione dei fondamentali servizi di pulizia, portierato e multiservice?

– taglio del 20 % delle ore lavorative per coloro che si occupano delle pulizie, nonostante questi vengano contemporaneamente utilizzati come forza lavoro per l’adempimento di altre funzioni;

– deroga al Contratto Nazionale imposta da una delle ditte appaltatrici, che continua a fare riferimento ad un contratto non sottoscritto dalle organizzazioni sindacali, che aspettando arrivi la Grazia stanno a guardare; libera di fare ciò che ha voluto, l’azienda dopo aver ridotto l’orario di lavoro al personale, dichiarato “in esubero”, ha provveduto nuove assunzioni alla faccia degli altri dipendenti.

Come non spendere una parola il consueto massiccio impiego di forze di polizia a protezione del palazzo e le autorità che, al suo interno, si godevano la cerimonia alla faccia nostra e dei lavoratori.

Nuovo anno accademico: nulla da festeggiare.

La presa in giro della qualità: cosa sono i Decreti A.V.A?

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I decreti A.V.A. sono decreti attuativi la Riforma Gelmini, il D. Lgs. 240/2010. Questi impongono agli atenei italiani un regime di controllo della qualità della didattica fondato su tre parole d’ordine: economicità, efficienza, efficacia. Parole che, nei fatti, servono a coprire drastici tagli. La quota premiale riservata ai virtuosi è, infatti, tale da essere in ogni caso inferiore ai precedenti finanziamenti.

Innanzitutto A.V.A. è l’acronimo di Autovalutazione, Valutazione periodica, Accreditamento. Parole d’ordine di un sistema definito dai D. Lgs. 19/2012 e D. Lgs. 47/2013.

Ogni anno, le Università saranno obbligate a presentare un documento, la Scheda Annuale Unica (SUA), che presenta un quadro dell’offerta formativa prevista per il successivo anno accademico. Questa per poter essere attivata, attraverso l’accreditamento dei fondi necessari (accreditamento iniziale) dovrà essere approvata e soggetta ad un costante controllo della sua erogazione in termini di “qualità” e “sostenibilità” da una commissione interna composta da docenti e studenti dell’Ateneo, poi da un nucleo di valutazione apposito, l’ANVUR (attraverso ispezioni a sorpresa). A ciò si aggiungono ulteriori controlli a cadenza triennale e/o quinquennale (accreditamento periodico).

I nuovi rigidi paletti prevedono, innanzitutto, per attivare una triennale un minimo di 13 docenti (di cui almeno 4 professori, 9 appartenenti a settori disciplinari di base o caratterizzanti, massimo 3 docenti per attività affini e integrative); 8 per una magistrale (di cui almeno 3 professori, almeno 5 docenti appartenenti a ssd caratterizzanti, massimo 3 appartenenti a ssd affini e integrativi). Non potranno essere attivati corsi che non rispettino questi requisiti minimi. A cadere sotto i colpi della scure saranno anche le ore di lezione erogabili, con l’accorpamento (col risultato di avere aule sovraffollate e caotiche, alla faccia della qualità) e la cancellazione di interi corsi.

A Torino tutto ciò porterà entro l’A.A. 2016/17 ad una riduzione delle ore di lezione complessive dalle 240.000 attuali a 220.000. A questo si accompagna una ridefinizione al ribasso del rapporto numerico docente/studenti. Quali saranno gli effetti di questi cambiamenti, uniti al blocco del turnover previsto dal D. Lgs. 240/10 (Legge Gelmini):

1) accorpamento e/o la chiusura di interi corsi per l’assenza di personale docente;

2) introduzione generalizzata del numero chiuso;

3) ricorso a finanziamenti privati, aziende, istituti bancari con conseguente dirottamento della didattica, partecipazione a bandi e progetti europei perché i corsi superstiti possano sopravvivere al taglio dei finanziamenti;

Quali siano i parametri di qualità registrati è difficile spiegarlo. Proprio perché questa qualità non c’è e l’obiettivo non è quello del miglioramento quanto piuttosto quello di una trasformazione irreversibile dell’università secondo il modello anglosassone.

Il processo è già in atto. In questo contesto infatti si inseriscono i questionari standard di valutazione degli insegnamenti da compilare per ogni esame, test e interviste agli studenti. Ma lo vediamo più semplicemente nella vita di tutti i giorni, alle prese con aule sovraffollate e didattica scadente.

Ad essere sotto esame non sono però, come potrebbe sembrare, esclusivamente gli studenti, ma anche i docenti. Sotto sono elencati tutti i parametri (presentati dall’Allegato E del D. Lgs. 47/2013) che saranno oggetto di valutazione perché venga garantito l’accreditamento periodico:

* la percentuale dei docenti inattivi (ovvero coloro che hanno pubblicato negli ultimi cinque anni);

* Produzione scientifica degli ultimi dieci anni da parte dei docenti dell’Ateneo;

* Numero di premi nazionali e internazionali;

* Attività di divulgazione scientifica e culturale;

* Rapporto numero di progetti in bandi competitivi da parte dei docenti dell’Ateneo negli ultimi dieci anni;

* Percentuale di prodotti di ricerca negli ultimi 5 anni con coautori internazionali;

* Numero medio di tesi di dottorato per docente;

Sotto questa luce assume tutto un altro significato il taglio degli appelli deliberato dal Consiglio della neonata Facoltà degli Studi Umanistici (frutto dell’accorpamento delle ex Facoltà di Lettere, ex Facoltà di Lingue ed ex Facoltà di Scienze della Formazione previsto dalla Legge Gelmini) nel mese di maggio. Non solo, dunque, frutto di pressioni da parte dei docenti di Scienze della Formazione, restii a vedersi aumentare il numero degli appelli ma parte di un più ampio processo di ristrutturazione dell’università. Certo verrebbe da chiedersi come mai, scambiando due chiacchiere con i docenti, molti tra i più attivi nel campo della ricerca siano indifferenti al taglio, non considerandolo determinante. Verrebbe da chiedersi come chi non ha fatto ricerca finora possa improvvisamente risvegliare la sua sete di conoscenza. Ma tutto questo non deve distoglierci dall’obiettivo fondamentale che ci siamo dati: riprenderci tutti gli 11 appelli senza se e senza ma. Senza badare alle ragioni portate da coloro i quali non si sono fatti scrupolo ad ignorare le nostre.