Il virus dell’austerità contagia la sanità.

Monti mani di forbice

Questa mattina, 28 novembre, i lavoratori dei servizi di pulizie dell’ospedale Santissima Trinità hanno organizzato un sit in di protesta di fronte ai cancelli della struttura ospedaliera, per opporsi alle misure adottate dalla nuova ditta appaltatrice.

Il I novembre, in seguito alla nuova gara d’appalto vinta dalla Ecoclean s.r.l. per i servizi di pulizia dell’AO Santissima Trinità, 17 lavoratori (già messi in cassa integrazione a decorrere dal I aprile 2012 dalla ditta uscente – la Pulitutto Cefil) non sono stati reintegrati. A fronte della mancata riassunzione dei 17 cassintegrati, che vedevano un contratto part-time di 4 ore giornaliere, la ditta ha assunto 13 nuovi impiegati con un contratto di lavoro di 8 ore giornaliere. Questi nuovi assunti coprono così le ore di servizio che dovrebbero essere espletate dagli attuali 17 disoccupati. È questo il maggiore motivo di indignazione manifestato dai lavoratori rimasti senza occupazione.

Così come nel comparto lavorativo della formazione (ricordiamo la diminuzione delle ore e dunque dello stipendio mensile per i lavoratori del portierato e multiservizi – bibliotecari, archivisti – avvenuto in occasione della nuova gara d’appalto indetta dall’Ateneo Cagliaritano per la gestione esternalizzata di questi impieghi), anche nel mondo della sanità assistiamo allo smantellamento del sistema welfaristico, che si realizza in un programma di tagli costanti e crescenti alla spesa pubblica. Concretamente questa tendenza si attua, da un lato, attraverso un definanziamento dei soggetti pubblici preposti a garantire i servizi di prima necessità sociale e, d’ altro lato, attraverso lo svuotamento del pubblico stesso, il quale delega la gestione delle garanzie sociali a soggetti privati.

Queste le conseguenze delle politiche di austerità adottate dal governo tecnico in linea con le misure imposte dalla troika europea. Le dichiarazioni del Presidente Monti, apparse ieri sui giornali, sono emblematiche del programma di distruzione totale dello stato sociale. Capiamo immediatamente quali siano i “nuovi modi di finanziamento” pensati dal Primo Ministro per la sanità pubblica : un’ ulteriore ingerenza dei privati all’interno del pubblico e/o una maggiore pressione fiscale su una popolazione sempre più impoverita. Nuovi modi di finanziamento che sono previsti per tutta la gestione dei servizi fondamentali, dalla sanità all’istruzione. Minori sono i servizi garantiti, maggiore è l’impoverimento e l’indebitamento sociale.

Le lotte contro i tagli alla sanità sono quindi fattore di ricomposizione sociale, in quanto interrogano i bisogni e desideri di tutti i soggetti, partendo dai lavoratori del sistema sanitario, siano essi dipendenti delle pulizie, operatori socio-sanitari, infermieri e medici, arrivando agli utenti.

La lotta dei 17 lavoratori è una lotta che ci appartiene: è la lotta per il nostro diritto alla salute, e non siamo disposti a chinare il capo.

Abitare la crisi. Incontro e confronto con modelli alternativi di garanzia sociale.

L’insoddisfazione dei nostri bisogni sociali all’interno della crisi ci impone la necessità di costruire nuove forme di tutela che partano dal rifiuto della delega alle istituzioni ormai incapaci di garantire il sistema welfaristico e che passino per il protagonismo dei soggetti sociali. A questo proposito nasce l’iniziativa Abitare la crisi, incontro-dibattito (organizzato dal CUA insieme ad alcuni ragazzi dell’Assemblea per la Riappropriazione del Welfare Studentesco, con la partecipazione dei compagni del Progetto Prendocasa Pisa) sul problema abitativo generato dalla speculazione edilizia e dall’inefficienza volontaria degli storici dispositivi di tutela dello stato sociale.

Il problema dell’abitare si fa sempre più pressante in un contesto diffusamente impoverito e indebitato come quello cagliaritano, teatro nel mese di giugno dello sgombero di due Case dello Studente (Via Montesanto e Via Roma) condotto con violenza da parte dell’ERSU (Ente Regionale per il Diritto allo Studio), chiuse poi nel mese di agosto per inagibilità. L’ERSU è stato capace di produrre una condizione emergenziale attraverso l’incuria nella manutenzione degli stabili, condizione utilizzata per giustificate le insoddisfacenti misure adottate: delega a privati nella gestione del diritto abitativo (siano essi impresari o il College di Sant’Efisio, struttura di proprietà della Curia finanziata con oltre 19 milioni di fondi pubblici) e monetarizzazione dello stesso. L’Ente ha di fatto smantellato il servizio di garanzia, concedendo poi delle briciole facendo credere di aver ripristinato la normalità del servizio. Si tratta di una precisa manovra finalizzata a sedare gli animi a fronte di una palese ingiustizia. Non si può non pensare alla Verdi 15, residenza universitaria occupata per rispondere alle esigenze dei ragazzi che si sono trovati in mezzo a una strada in seguito alla chiusura di un’altra Casa dello Studente, la cui vicenda ha occupato le cronache nazionali in seguito allo sgombero.

“Quali risposte si possono dare di fronte a questo svuotamento del pubblico al servizio dei privati?” è la domanda fondamentale da cui ognuno di noi deve partire. In tal senso, è utile prestare attenzione alla testimonianza di Simone, uno dei compagni del Progetto Prendocasa Pisa. La realtà di Prendocasa nasce nel 2007 per dare nuova progettualità a forme di lotta già esistenti nel contesto cittadino pisano. E’ in atto un vero e proprio progetto di impoverimento sociale, imposto da coloro che, pugnaci difensori del liberismo economico, consentono che, in una città come Pisa, l’affitto di una doppia costi non meno di 300 euro, e che oltre 5000 case restino sfitte. La tendenza è quella di accettare passivamente la condizione presente. Ma, come ci testimonia il caso pisano, ci sono altre possibilità. Prendocasa, infatti, non è un caso isolato, ma uno dei tanti progetti portati avanti per la difesa del diritto abitativo, attraverso la creazione di sportelli e di una rete di solidarietà che oppone resistenza agli sfratti. Ma affinché progetti di questo tipo abbiano successo è fondamentale la partecipazione di tutti coloro che, studenti, insegnanti, operai, immigrati, sognano un futuro diverso, impegnandosi in una lotta di riappropriazione dal basso.

Punto di partenza, come CUA, è quello della riapertura degli spazi in università, un tempo luogo di confronto e socializzazione e oggi ridotti a meri “esamifici”. Parola d’ordine è quella della “radicalizzazione della normalità”: i nostri bisogni sociali, nel momento in cui il patto capitale-lavoro è saltato, necessitano di pratiche di riappropriazione dal basso che noi dobbiamo essere in grado di attuare e socializzare e che i diversi soggetti sociali devono interiorizzare come forme di lotta non stigmatizzabili, ma giustificabili in quanto riconducibili a bisogni e desideri primari.

#24N Cagliaritano. Don’t be choosy, choose the rebel side!

#24N CagliariOggi, 24 novembre, il movimento studentesco cagliaritano è sceso in piazza insieme a operai               del Sulcis, precari della scuola e docenti di ruolo per dire “NO” alle politiche di austerità, alle logiche del profitto capitalista, cause prime dello smantellamento del sistema welfaristico che si traduce nell’impoverimento sociale. Atti come il lancio di uova riempite con vernice colorata contro la Banca del Credito Sardo e contro il Palazzo del Consiglio Regionale simboleggiano il nostro rifiuto del sistema creditizio – strumento di impoverimento – e delle politiche regionali complici della dismissione dei servizi di tutela sociale, della trasformazione e della privatizzazione del pubblico in terreno di speculazione a vantaggio di pochi. Allora sappiamo che immediatamente opporci a queste politiche significa costruire reti sociali e immaginarci comunemente la costruzione di un futuro che non passi per gli stessi soggetti – tecnici, politici e uomini della finanza – che ce lo stanno oggi negando.

Per questo, per il 30 novembre, abbiamo deciso di indire un'”Assemblea pubblica verso lo sciopero del 6 dicembre“, giornata di mobilitazione nazionale, con l’intenzione di ricomporre il mondo della formazione e del lavoro in un percorso di lotta comune.

 

Collettivo Universitario Autonomo Casteddu

Collettivo  Autonomo Studenti Casteddu

Cagliari sta con la Verdi 15 occupata!!

Siamo vicini ai compagni e alle compagne della Verdi 15, residenza universitaria che da mesi ospitava studenti e studentesse, che stamattina verso le 10 è stata assoggettata a sgombero forzato: la polizia ha fatto irruzione all’interno dello stabile cogliendo di sorpresa i residenti, che sono stati identificati e mantenuti nella struttura senza possibilità di dialogare con l’esterno. La residenza autogestita era diventata un’idea diversa di politica e di socialità, che andava contro le manovre di impoverimento e di austerity. L’occupazione dello stabile, un’ex casa dello studente al centro delle speculazioni edilizie, era nata dopo lo sfratto prepotente eseguito dall’Edisu contro due ragazzi tunisini per decadenza del diritto all’abitare in una residenza universitaria.

La Verdi 15 è una realtà che è riuscita a dare una risposta alla situazione di impoverimento degli studenti, situazione che ha fatto nascere in loro l’esigenza di riprendersi il diritto allo studio negatogli e di occupare la struttura.

Studenti che così si rifiutano di diventare quella figura soggettiva che ormai investe l’insieme dello spazio pubblico: la figura dello studente indebitato.
Studenti che non vogliono piegarsi al ricatto del default del debito, che porta al taglio dei servizi sociali e mette il welfare al servizio delle imprese, attraverso la privatizzazione di qualunque cosa.

L’occupazione ha permesso a tante persone di usufruire del diritto abitativo, di partecipare a gruppi di studio autogestiti (cineforum, corsi di musica, corsi di lingue, scambio culturale con ragazzi stranieri), di usufruire di numerosi servizi, come quello della ciclo-officina, nonché – per i ragazzi dell’Accademia di Belle Arti e del Conservatorio – di utilizzare spazi per le attività di studio che altrimenti non avrebbero potuto esercitare. Ciò che accomuna la Verdi 15 con tutte le realtà contro la distruzione del welfare, è la determinazione nel lottare contro chi, giustificandosi dietro lo stato emergenziale del momento, porta avanti politiche di smantellamento della categoria del diritto allo studio come frontiera della dismissione del welfare.

Qua sta la forza della Verdi 15!
Con la sua lotta cerca di far crollare quel vecchio e stanco meccanismo di gestione della “cosa pubblica” che cerca di rinnovarsi nell’attuale contesto della crisi, producendo una figura sociale segmentata, svalorizzata e impoverita.

La Verdi 15 non potrà mai essere sgomberata perché è riuscita a gettare le basi di un’alternativa comune per quegli stessi studenti che si sono ritrovati “impoveriti”, così a Torino come a Cagliari, come in qualsiasi altro posto in cui si cerca di costruire una comunità in lotta.

Come CUA Casteddu esprimiamo la nostra solidarietà verso i compagn* della Verdi 15.

NOI siamo la resistenza contro la crisi, noi siamo una realtà che pratica e sperimenta l’alternativa.
NOI siamo la riappropriazione di una spazio pubblico contro la privatizzazione delle vite di tutt*.
NO AI TAGLI alle borse di studio, a scuola e università pubblica, agli asili e a tutto il comparto del sociale!

“Riprendiamoci i nostri spazi. Al fianco dei ragazzi della residenza universitaria Verdi 15 Occupata.”