MENSA DI VIA TRENTINO: tra problemi burocratici finti e responsabilità reali

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Era il luglio del 2012 quando la mensa di via Trentino è stata chiusa per lavori di ristrutturazione, e  ancora stiamo aspettando che il servizio ritorni operativo.

Fin dalla sua apertura, la mensa è sempre stata organizzata in modo che il cibo venisse cucinato nelle altre mense e poi spedito in via Trentino. Questo fino all’estate di quasi due anni fa, quando sono iniziati i lavori per costruire una cucina e una canna fumaria necessari alla preparazione del cibo all’interno della mensa stessa.

Il via ai lavori lo diede, il vecchio CdA dell’ERSU (in carica fino al 2009) all’azienda che vinse l’appalto: la Pellegrini, che per intenderci è la stessa ditta che si occupa della fornitura del cibo distribuito nelle mense. Ma tuttavia i lavori non iniziarono mai. Col cambio del Consiglio d’Amministrazione, tre anni fa, si rivedono le carte e finalmente i lavori iniziano dopo il via libera del Comune alla “variante al progetto” (arrivato il giugno scorso), legata alla canna fumaria. Nel corso di questi anni alcune delle opere più importanti sono state portate a termine: una cucina completa e i posti a sedere per 184 studenti; ancora mancano gli spogliatoi per il personale e la canna fumaria. Tutto questo alla modica cifra di 800mila euro, gentilmente concessa dal fondo cassa destinato ai lavori di manutenzione e ristrutturazione degli edifici.

Tuttavia gli ultimi interventi alla mensa si registrano verso metà dicembre, quando un gruppo di operai lavora per rimettere in sicurezza un muro crollato dopo una violenta pioggia. Da allora nel “cantiere” tutto tace.

A questo punto entrano in gioco anche i problemi burocratici: infatti, oltre alla canna fumaria mancano anche varie autorizzazioni come il certificato di prevenzione incendi, rilasciato dai Vigili del Fuoco; il certificato di agibilità, di cui si occupano uffici comunali per l’edilizia e il rinnovo dell’autorizzazione del SUAP (lo Sportello Unico per le Attività Produttive). La causa della mancata apertura non è imputabile solamente all’ERSU, ma anche agli altri apparati amministrativi quali Comune, Asl e Vigili del Fuoco.

A pagarne le spese sono come al solito studenti e lavoratori. I primi sono, infatti, costretti a mettere mano al portafogli per spostarsi nelle altre mense oppure per fare la spesa. I secondi, invece, si trovano in un limbo dal quale non sanno se e quando usciranno: il personale della mensa incriminata è stato spostato e riassorbito nelle due rimaste aperte, a fronte di orario e salario uguale, coprendo – solo in parte – i doppi turni che facevano i colleghi, ma con la promessa di ritornare in breve tempo al vecchio posto di lavoro.

L’ERSU da più di un anno e mezzo rimanda di mese in mese la riapertura del servizio, ogni volta con una scusa diversa, illudendo allo stesso tempo gli studenti che ruotano attorno a casa dello studente e magistero e gli operatori della mensa.

Sorgono quindi spontanee alcune domande: quali sono i problemi che impediscono la realizzazione della canna fumaria? Perchè ancora non si è raggiunto un accordo fra Università ed enti responsabili al rilascio delle autorizzazioni necessarie? E ancora, che fine faranno i lavoratori trasferiti nelle altre mense?

La certezza è che ancora una volta l’ente che dovrebbe garantire il diritto allo studio non è in grado di ricoprire questo ruolo: nel giro di pochi anni gli idonei non beneficiari sono arrivati a toccare nel 2013 il 50%, le case dello studente sono edifici fatiscenti e quella di via Roma è ancora chiusa. I suoi ospiti sono stati dirottati in edifici della curia, con annesso flusso di denaro dalle casse dell’ERSU alle tasche degli istituti religiosi.

Intanto noi aspettiamo, e la pazienza è già finita!