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Borse di studio congelate: l’ ultimo ricatto dell’ ERSU

Stamattina davanti alla sede dell’ERSU di Cagliari si sono presentati gli studenti borsisti dell’Ateneo cagliaritano. Da giorni, infatti, gli stessi lamentavano il mancato accredito della borsa di studio. Per questo stamattina un gruppo si è avvicinato alla sede dell’ente per chiedere spiegazioni ufficiali sul motivo del ritardo. Ritardo inspiegabile per chi ha la necessità di vedersi accreditata una somma che, appunto, gli garantisce di poter continuare i propri studi. Soldi necessari per pagare le spese e potersi mantenere in una città, quella di Cagliari, con costi insostenibili per le famiglie che tentano di offrire un futuro fatto anche di cultura ed istruzione ai propri figli e dove regna indisturbata la speculazione immobiliare.

La mattinata, svoltasi in modo complesso e conclusasi con un nulla di fatto da parte dell’ ERSU, è stata caratterizzata da diverse informazioni che si sono accavallate tra loro in modo confusionario. All’ interno della sede dell’ente sembrava non esserci proprio nessuno, tanto che la stessa rappresentanza studentesca si è vista rifiutare una richiesta di accesso agli atti, in quanto nessuno poteva dare risposte ufficiali: chi era in malattia, chi in ferie, o chi, come Daniela Noli (Presidente dell’ente), non rispondeva alle chiamate; proprio un deserto. La notizia che sembra essere finalmente trapelata è la seguente: “il pagamento delle borse di studio non è stato effettuato in quanto i mandati di pagamento sono vincolati ad una espressione del TAR a favore dell’ERSU in merito al ricorso presentato da un gruppo di studenti contro gli importi minimi delle borse di studio.” Un ricatto bello e buono quello dell’ ERSU che  – nel caso in cui fosse accettato il ricorso fatto da alcuni studenti (che chiedono solo l’adeguamento al minimo ministeriale della borsa di studio) – preferisce rifarsi sugli studenti riformulando le graduatorie, piuttosto che chiedere più finanziamenti alla regione. L’ennesimo ricatto, che arriva dopo il tentativo di mobbing con le oltre trecento raccomandate inviate dall’ERSU agli studenti che paventavano una possibile restituzione della borsa di studio. Sembra proprio che quest’anno l’ERSU invece di una campagna per il diritto allo studio abbia tirato su una campagna di terrore per chi prova a protestare contro le borse di studio più basse d’Italia.

Insomma un vero e proprio scandalo, la comprova che l’ERSU non è più – se mai lo è stato – un dispositivo di tutela ma bensì uno strumento politico per la distruzione del diritto allo studio e di repressione finanziaria contro gli studenti.

Noi del Collettivo Universitario Autonomo non siamo interessati né alle vie legali né alle questioni di cavilli a cui l’ente o la regione si vogliono attaccare. Pensiamo solo che sia illegittimo non erogare le borse di studio agli studenti, compresi gli idonei non beneficiari di cui spesso ci si dimentica. Pensiamo che sia un cappio finanziario, una mossa contro la quale si debba agire a livello politico, contro l’ERSU, contro la Regione e contro le politiche di impoverimento delle fasce più deboli alle quali si tagliano servizi essenziali.

Reclaim (y)our University Pt.2

 SABATO 6 LUGLIO 2013

 

                                              ♦♦♦♦  Ex Facoltà di Lettere e Filosofia – Magistero – Ingresso Piazza D’Armi ♦♦♦♦

    Dalle ore 17.00 – Atrio Magistero  

 

  Presentazione del libro “La forza di piazza Syntagma” di  Fulvio Massarelli

       

  Dalle ore 21.30     

 ★  Iato, SlimFIT, Il fondo dello Zighet IN CONCERTO! 

 ★  Live Painting!!

 

★  BIRRA E VINO A PREZZI POPOLARI!

 

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LA NECESSITÀ DI RIPRENDERCI GLI SPAZI

Contro la chiusura delle case dello studente e contro la speculazione sugli affitti agli studenti!

Contro l’aumento del costo della mensa e contro le prese per il culo dell’Ersu sulla riapertura della mensa di via trentino!

Contro il taglio delle borse di studio e l’aumento degli idonei non beneficiari!

PER un’Università fatta dagli e per gli studenti, gratuita per tutti e con la garanzia di poter studiare con un reddito minimo garantito!

PER un alloggio dignitoso, senza regolamenti da convento e gratuito a tutti gli studenti fuorisede!

PER una mensa di qualità, che sia dignitosa sia per chi magia sia per chi ci lavora, gestita direttamente dall’Ersu senza appaltare a ditte si arricchiscono con fondi pubblici!

L’UNIVERSITA’ E’ NOSTRA! RIPRENDIAMOCELA SABATO 6 LUGLIO 2013!

L’Università è ormai soggetta ad un processo di ristrutturazione, che passa per una razionalizzazione delle spese, per l’ingresso nel Consiglio di Amministrazione di privati. Un processo di ristrutturazione che passa per la sottrazione degli spazi, e la cancellazione di ogni forma di socialità al loro interno, nel nome della produttività. Chi resta fuori si arrangia.
In questo contesto si inserisce il “Magistero”, sede della Facoltà di studi umanistici, fortemente coinvolta da questo processo di ristrutturazione, soprattutto per quanto concerne gli spazi e il loro legittimo utilizzo. Pensato, più che come centro di aggregazione e condivisione del sapere per tutti, come scrigno del tesoro di una conoscenza per pochi.
Il primo passo è stata la chiusura delle aule di Lettere e Filosofia, con la scusa della difesa da eventuali atti vandalici e del “decoro” di una facoltà che sta morendo.
Per questo abbiamo deciso, come Collettivo Universitario Autonomo, di costruire un’alternativa a chi vuole imporre la desertificazione degli spazi, al divertimento come generatore di profitto e all’ Università come luogo sacro fatto per i mostri del sapere. Un’alternativa fatta della e dalla cultura delle lotte contro chi vuole imporci un modo di vivere che noi non vogliamo.

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Fulvio Massarelli


“La forza di piazza Syntagma – Voci di insurrezione da Atene”

” Il proletariato greco – lo si vedrà in questo libro prezioso – trova in se stesso la forza di rialzarsi, di farsi centrale anche verso i ceti medi impoveriti, di ricostruire ambiti propri di ricomposizione sociale, di produzione e di vita. ”

(Dalla prefazione di Valerio Evangelisti)

Occupazioni di terre e case, autoriduzioni delle bollette, automobilisti che passano i caselli autostradali senza pagare, migranti che si organizzano per bloccare le provocazioni fasciste. Le piccole illegalità di massa continuano a crescere nella Grecia in crisi e dimostrano la forza di un popolo che non vuole arrendersi.
In questo volume sono raccolte testimonianze, a volte dissonanti, dei protagonisti del movimento greco. Voci che ci mostrano le rovine dei processi di globalizzazione e aprono orizzonti su un altro mondo di dignità e giustizia.
Piazza Syntagma è il luogo simbolo dove l’autore ha incontrato i comitati di lotta contro il carovita, le assemblee di quartiere che autogestiscono la distribuzione di beni di prima necessità, le lotte dei detenuti, i centri sociali di nuova generazione, gli studenti universitari, le fattorie, gli ambulatori e le farmacie autogestite. Scopriremo dove cresce la forza politica che si oppone al massacro e che intreccia le braccia in cordoni durante i cortei brutalmente repressi dalla polizia.
Fulvio Massarelli, esperto e profondo conoscitore dei movimenti sociali e delle culture giovanili, è redattore del sito di informazione Infoaut e collaboratore de “il manifesto”. Nel 2012 ha pubblicato La collera della Casbah. Voci di rivoluzione da Tunisi.

 

EVENTO FB : https://www.facebook.com/events/173012972873503/?fref=ts
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A SARÀ DURA: DALLA VAL SUSA ALL’UNIVERSITÀ

“Anche se perderemo ne è valsa la pena”


Questa è una delle espressioni più diffuse dentro il movimento che da vent’anni lotta contro una delle opere più inutili che siano mai state progettate, il Tav Torino-Lione e riportataci da Gianluca, militante No Tav che ci ha presentato ieri il suo libro “A Sarà düra- Storie di vita e militanza No Tav”, inserita all’interno dell’iniziativa “Reclaim your University 1.0”.
Qual è stato il senso di questa iniziativa? 
L’idea parte dalla convinzione che negli ultimi anni l’università sia soggetta sempre più ad un lavoro di “ristrutturazione” degli spazi e del loro legittimo utilizzo, pensato sempre più come uno scrigno del tesoro di una conoscenza per pochi ; un tipo di conoscenza volta alla riproduzione di un sapere mercificato e strumentale al mantenimento degli assetti capitalistici vigenti. L’università, invece, deve essere un centro di aggregazione e condivisione del sapere, anche non accademico, inteso come ipotesi concreta di una modalità differente di immaginazione e di vita all’interno della zona universitaria, che si faccia produttrice di comportamenti,  saperi e cultura autonomi rispetto ai modelli ed ai tempi imposti dalle politiche universitarie e urbane.Da qui la necessità di reclamare appunto degli spazi fondamentali per gli studenti in cui costruire diversità, intesa anche come semplice rifiuto di stare all’interno di determinati vincoli. Ciò è possibile attraverso la costituzione di forme di aggregazione nuove che portino alla realizzazione di nuovi sistemi di relazione che si facciano spazio all’interno del territorio sociale, in questo caso gli spazi universitari.

Una costruzione di diversità che è necessaria non soltanto all’aggregazione e all’organizzazione di una nuova socialità, ma anche alla realizzazione di un processo che sia in grado di formare soggetti politici che definiscono e sostengono un punto di vista, assumendo una posizione di parte. La formazione utile a qualificare il soggetto è quindi quella che valorizza la costruzione di diversità, di un proprio sapere e un proprio saper fare, sociale e politico: la formazione utile è quella che trasmette un metodo per cogliere e considerare i problemi irrisolti. 
Per questi motivi, abbiamo deciso di presentare un libro che racconta una della massime espressioni di cosa voglia dire vivere una lotta che produce una socialità “altra” e una soggettività politica molto forte rispetto a ciò che ci viene imposto quotidianamente: la lotta contro la Tav in Val Susa. E gli spunti che Gianluca ci ha dato in questo senso sono stati veramente tanti, dal racconto di persone qualunque in molti casi poco politicizzate che sono state in grado di superare insieme la paura e attuare una partecipazione diretta rifiutando qualsiasi tipo di delega. Un movimento che è stato in grado di costruire un soggetto unico e composito in grado di ribaltare i rapporti di forza rispetto a quella controparte che vuole imporre, attraverso l’occupazione militare del territorio il proprio punto di vista. Ma, soprattutto, un ulteriore elemento da non sottovalutare è il fatto che in Val Susa si è stati in grado di superare la dicotomia legale/non legale e si è assunto il punto di vista della legittimità come cardine-base della propria azione politica.
Anche il dibattito che ne è seguito è stato ricco di spunti, con molti riferimenti alla situazione che si sta vivendo da noi in Sardegna, dove moltissimi comitati popolari sono in lotta da alcuni anni contro le speculazioni energetiche prodotte da multinazionali quali l’Eni o dallo stesso Stato. 
La serata è continuata perseguendo uno degli scopi principali dell’ iniziativa: vivere gli spazi universitari per quello che sono e non per come li stanno facendo diventare le istituzioni. Una cena sociale di autofinanziamento con musica di sottofondo ha accompagnato la ripulitura di uno dei muri di Viale fra Ignazio imbrattati dalla mano di gruppi di fascistelli che ancora oggi vorrebbero avere agibilità politica all’interno delle nostre facoltà.Foto striscioneFoto dibattitoFOTO CHIARA

Facoltà degli Studi Umanistici: riprendiamoci gli appelli!

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Giovedì 13 giugno il Consiglio della neonata Facoltà di Studi Umanistici ha deciso, su indicazione del preside di Facoltà, di ridurre da 11 a 8 gli appelli d’esame annui dedicati agli studenti fuoricorso, e da 7 a 6 quelli previsti per gli studenti in corso.

 

Il nuovo statuto dell’Università di Cagliari, in vigore da quest’anno accademico, è figlio delle commissioni statuto del 2011, le quali riscrissero gli statuti degli atenei italiani sulla base della riforma Gelmini, approvata con la fiducia al Governo Berlusconi contro la quale migliaia e migliaia di giovani studenti e studentesse precari eressero barricate a Montecitorio negli scontri del 14 dicembre 2010.

Secondo il nuovo statuto il numero delle facoltà dell’ateneo cagliaritano è stato compresso a 6. Un’unica grande Facoltà di Studi Umanistici accorpa le ex facoltà di Lettere e Filosofia, Lingue e Scienze della Formazione.

 

Sino a quest’anno due delle tre ex Facoltà (Lettere e Lingue) offrivano ai fuori corso la possibilità di sostenere 11 appelli annui. Da ieri, per uniformare i calendari didattici delle tre ex facoltà, gli studenti hanno visto cancellata tale possibilità, riducendola a 8 appelli all’anno. Gli appelli per gli studenti in corso passano a essere, invece, da 7 a 6. La complicità del corpo docente con il processo di riforma ha portato presto a mettere d’accordo i professori delle tre ex Facoltà che compongono l’attuale sull’opportunità di sopprimere gli appelli: piuttosto che estendere il numero degli esami agli studenti di Ex Scienze della formazione si è giocato – come al solito – al ribasso.

 

Ancora una volta vediamo moltiplicarsi gli sbarramenti nei nostri percorsi formativi. La riduzione dei servizi – in questo caso degli impegni didattici dei docenti – ci impone l’impossibilità di gestire autonomamente tempi e ritmi di studio facendo scivolare rapidamente le nostre carriere universitarie verso la condizione di fuoricorso o inasprendola attraverso delle sanzioni che non sono più solo monetarie. Un’università con tempi di studio sempre più contingentati vorrebbe esprimere una condizione di studente a tempo pieno. Eppure pochi di noi a oggi possono permettersi questo lusso. La maggior parte degli studenti è costretta a spezzare i propri tempi di studio tra un lavoretto e l’altro pur di riuscire a mantenersi a Cagliari. Il soggetto in formazione è figura compiutamente precaria più che figura studentesca.

Così con meno appelli disponibili aumenta la possibilità di finire fuoricorso, con la certezza di incorrere nelle ulteriori gabelle approntate per la circostanza: sovrattassa per i fuori corso (fino al 30% in più) e sovrattassa di discontinuità (50 euro in più per ogni semestre senza esami). Per i fuoricorso, le possibilità di concludere il percorso di studio si fanno ancora più remote. Oltre alle ben note sovrattasse succitate, la figura dello studente fuoricorso viene sanzionata ulteriormente; la riduzione degli appelli è una manovra strumentale all’Università: lo studente fuoricorso, che il più delle volte diventa tale perché costretto a lavorare  – spesso in nero – per poter studiare, viene utilizzato come capro espiatorio, come merce da mettere a valore. In realtà l’obiettivo dell’Università non è quello di agevolare la figura dello studente fuoricorso: questo studente costituisce per l’Università una fonte di ricchezza, nel momento in cui può estrarne un profitto attraverso l’inasprimento delle tasse.

Difficile sottrarsi a una spirale in cui per continuare a studiare si è costretti a lavorare con una sottrazione di tempo allo studio che viene però sanzionata “per regolamento” con ulteriore erosione di reddito!

Senza contare le difficoltà che incontreranno gli studenti borsisti nel mantenere i benefici con un appello in meno!

 

Non solo. Il caso della soppressione degli appelli ci parla anche del ruolo della docenza in questa università riformata. Pur senza il coraggio di schierarsi apertamente, gli “accademici”, tra ingenuità e opportunismo, si fanno concreti interpreti dello “spirito di riforma” dell’università degli ultimi anni. Da un lato, infatti, radicalizzano, anche nell’amministrazione dei dipartimenti, le misure volte al dimagrimento dei servizi; dall’altro sempre più disertano gli impegni e le responsabilità connesse alla didattica interpretando il ruolo della docenza universitaria entro una dimensione privatistica dove ciò che conta è il progresso di una personale carriera accademica fatta di accreditamento presso l’istituzione attraverso la produzione e la valutazione di ricerca. Sparisce qualsiasi problematizzazione della dimensione collettiva del sapere e della formazione. Gli spazi della relazione pedagogico formativa in questa università vengono soppiantati dai meccanismi di istruzione e selezione dove ciò che maggiormente conta è la razionalizzazione dei tempi.

Allora, da parte di alcuni docenti, bisogna risparmiare sugli appelli, togliere tempo agli studenti per dedicarlo all’ultimo articolo richiesto come parametro per restare a galla o essere promossi.

 

A questa selezione giocata tutta sulla nostra pelle diciamo che non ci stiamo.

 

Ci interessa rimettere al centro di quest’università la natura della trasmissione dei saperi e dei modi della formazione. Crediamo infatti questi siano un patrimonio collettivo che collettivamente debba essere interpretato strappandolo a quei meccanismi che, mercificandolo, lo rendono invece strumento del nostro impoverimento e della nostra esclusione sociale in questa università post-riforma.

Sappiamo che ci sono delle responsabilità nei processi degli ultimi anni e nelle scelte recenti.

Sappiamo che di questa direzione non ne possiamo più e porteremo la nostra opposizione in ogni prossimo consiglio di facoltà fino a farvi tornare indietro!

Reclaim (Y)our University 1.0

                                     Sabato 15 Giugno

 

 

                                                           Facoltà di Economia – Via Sant’Ignazio – CASTEDDU

                                                                                           Dalle 17.00:

                                                               ★ Presentazione del libro “A Sarà Dura – storie di vita e militanza NO TAV”

                                                                                           A seguire:

                                                               ★   APERICENA a offerta, BIRRA a prezzi popolari

                                                               ★   dj set !  DUB | JUNGLE | REGGAE | D’N’B

                                                               ★   live painting

 

 

All’interno del Tour Sardo anche a Cagliari faremo la presentazione del libro “A Sarà Dura – storie di vita e militanza NO TAV“, all’incontro sara’ presente lo scrittore Gian Luca Pittavino, compagno del Centro Sociale Occupato e Autogestito “Askatasuna”, redattore del sito di informazione autonoma e di parte “Infoaut.org“, ed ovviamente militante NO TAV all’interno del “comitato di lotta popolare di Bussoleno”.

“Da oltre un decennio, pressoché l’intera comunità della Val di Susa è mobilitata per impedire la costruzione di una linea ferroviaria ad Alta Velocità. In contrapposizione a media, partiti politici, forze dell’ordine e magistratura, un grande movimento di massa non cessa di crescere e, iniziativa dopo iniziativa, consolida la consapevolezza di poter vincere. I militanti e le militanti del Centro sociale Askatasuna – insieme ad Alberto Perino, Nicoletta Dosio, Mario Cavargna, Claudio Cancelli, Sandro Plano e molti altri protagonisti della lotta NoTav – raccontano le ragioni di un movimento che ha saputo costruire una diversa cooperazione sociale, produrre un’altra scienza, un sapere alternativo, una coscienza capace di tradursi in resistenza di massa. Fermarci è impossibile!”

A sarà düra! Store di vita e di militanza no tav è un libro che non finisce qui!   Sul sito www.saradura.it trovate tutti i materiali audio, video, le interviste e le inchieste prodotte dal lavoro di conricerca svolto dalle realtà della Valsusa in lotta.   Un materiale prezioso per comprendere le modalità e le ragioni della più grande lotta di massa in corso in Italia.

                                                 Evento FB:   https://www.facebook.com/events/256008844542183/

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Ripartire dalla socializzazione: la cura contro i tagli all’Università

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Le scelte politiche che vengono compiute dai vari governi, che in teoria dovrebbero salvarci dalla condizione di crisi generale, non lasciano in disparte l’Università. Tagli alle borse di studio, tagli alla ricerca, tagli della didattica e impedimento agli studenti di creare anche solo un minimo di aggregazione fra di loro sono solo alcuni dei punti che stanno portando l’ Università italiana verso una sempre maggiore aziendalizzazione. È importante sottolineare, inoltre, che questi tagli non colpiscono esclusivamente gli studenti, ma anche tutti coloro che lavorano all’interno dell’università.

BLOCCANO I FONDI, BLOCCANO IL FUTURO:

Assistiamo infatti, in questi mesi, all’emanazione di alcuni decreti attuativi della legge “Gelmini” 240/2010, tutti giustificati attraverso le solite parole d’ordine: trasparenza, efficienza ed economicità. E’ in questi campi che agisce il D. Lgs. 18/2012, che ha in realtà il solo scopo di trasformare il sistema universitario in un sistema aziendale che mira alla riduzione spese e alla massimizzazione degli utili. Poco importa se questi danneggiano gli studenti in prima persona. Esempi concreti di ciò sono non solamente i decreti AVA  (riguardanti l’autovalutazione, la valutazione e l’accreditamento delle varie facoltà), i quali sono provvedimenti ispirati tutti all’idea di valutazione (delle persone- studenti o docenti- del loro merito  e della loro posizione reddituale) e di certificazione (della produttività degli atenei, dei corsi di laurea, dei dipartimenti),  ma anche il blocco fondi scaturito dall’obbligo di ricorrere al circuito U-Gov, che coglie di sorpresa i lavoratori, ancora incapaci di utilizzare questo nuovo sistema di contabilità elettronico. Ciò ha reso impraticabile qualsiasi spesa, dalla carta al materiale didattico fino ai fondi per la ricerca, in quanto impossibile accedere ai fondi dipartimentali. Queste emanazioni colpiscono non solo il campo letterario, ma in particolar modo quello scientifico il cui lavoro, sia didattico che di ricerca, si fonda proprio sul denaro stanziato dal governo.Le conseguenze del blocco dei fondi sono infatti molteplici: si passa dal blocco di alcune attività accademiche portate avanti da ricercatori universitari e non da professori di ruolo (vedi facoltà come Scienze naturali, Scienze Biologiche, Farmacia, Scienze motorie ecc), all’ impedimento nel portare avanti progetti di ricerca, talvolta di fondamentale importanza, perché mancano gli strumenti primari, sino ad arrivare al più grave problema della cosìddetta “fuga di cervelli” che ormai caratterizza l’ Italia da molti anni.

Il CdA dell’Ateneo cagliaritano ha deciso di attuare il decreto con un anno di anticipo sulla base della promessa di 125.000 € di finanziamento, ma di fatto inutilizzabili, e affermandosi come un laboratorio di sperimentazione all’interno del quale vengono testati i decreti attuativi prima di essere adottati dal resto degli atenei italiani.

E LA CHIAMANO MERITOCRAZIA…:

Da sempre, ma specialmente negli ultimi anni, assistiamo ad una stigmatizzazione dello studente “non meritevole”, ennesimo stereotipo ideologico, come il disoccupato fannullone. Solo qualche mese fa le dicharazioni del ministro dell’istruzione Profumo in questo senso:

«I fuoricorso hanno costi anche in termini sociali».

L’imposizione di nuove sovrattasse sono esempi lampanti di questa nuova tendenza. Fattori da evidenziare di questa strategia sono indubbiamente due: il primo è la “sovrattassa di discontinuità”, che punisce chi nel corso di un semestre non supera almeno un esame, scavalcando di fatto l’autorganizzazione di ogni singolo studente in base alle proprie esigenze e in base ai propri corsi. Il secondo è l’ “incremento della tassa base per numero CFU conseguiti inferiore alla media del Corso”, determinata in base al numero di CFU dati in un anno.

La meritocrazia diventa quel dispositivo che impone all’interno dell’ Università il sistema del “paghi per studiare, meno studi più paghi”, che valuta il livello di formazione pretendendo di renderlo “misurabile” in base ad una vera e propria corsa al credito, che punisce chi rimane indietro, ovvero uno strumento di governance che produce segmentazione ed esclusione.

In questo modo la dinamica del “punirne 100 per premiarne 1” trasforma il percorso formativo in una “gara per l’impiegato dell’anno” che vede i CFU come unico criterio di valutazione, aprendo sempre più la strada ad un’aziendalizzazione dell’ Università che ingloba lo studente all’interno del sistema del debito (che da formativo si trasforma in reale). Tutto questo senza tener conto di situazioni non paritarie di partenza, dovute magari a condizioni socio-economiche precedenti, che vengono in questo modo aggravate togliendo a coloro che occupano i gradini più bassi la possibilità di colmare le distanze e costringendoli, nel peggiore dei casi, ad abbandonare gli studi.

L’applicazione del sistema meritocratico si rivela essere nient’altro che l’ennesimo tentativo di sfondamento alle barriere del diritto allo studio, che mira a rendere l’ Università un luogo di produzione nel quale lo studente o produce (cioè guadagna crediti) o paga, privandola di fatto del suo ruolo di servizio da garantire a tutti. Il nemico numero uno diventa così lo studente fuoricorso, che impedisce il miglioramento del mondo della formazione e allo stesso tempo è utilizzato come fondo cassa per il risanamento dei bilanci degli atenei in cambio di servizi sempre più scadenti e sempre più esclusivi.

ESTERNALIZZAZIONI ALL’ INTERNO DELLE UNIVERSITA`: LOTTA STUDENTI-LAVORATORI

In questi ultimi vent’ anni abbiamo assistito a una serie di mutazioni che hanno modificato l’ immagine dell’ Università pubblica, passata da centro culturale e di aggregazione a vera e propria azienda a carattere capitalistico. Uno dei passaggi caratterizzanti ciò sono i processi che ristrutturano i servizi universitari, dal portierato e servizi esecutivi, alle mense sino ad arrivare alle pulizie. Con le esternalizzazioni assistiamo infatti allo smantellamento del sistema pubblico della formazione a favore di un ibrido tra pubblico e privato, andando quindi ad attaccare in modo abbastanza diretto i lavoratori dei multiservizi, soggetti indispensabili ma pur sempre i più deboli della catena produttiva. Le dirette conseguenze di ciò sono facilmente intuibili: comando diretto da parte dell’ azienda appaltatrice sull’ organizzazione del lavoro, deresponsabilizzazione dell’ azienda stessa, risparmio “sulla pelle dei lavoratori”.

Tutto ciò si traduce a livello universitario con il  peggioramento della qualità dei servizi e delle condizioni lavorative dei dipendenti coinvolti. La logica liberista con cui questi servizi vengono appaltati mira esclusivamente al rientro in bilancio attraverso però precarietà e sfruttamento, caratteri alla base della mentalità capitalistica.

IL PRANZO SOCIALE: SIMBOLO DELLA SOCIALIZZAZIONE UNIVERSITARIA

Ultimo aspetto, non in ordine di importanza,  da trattare a proposito della crisi che sta cambiando la natura del nostro ateneo è l’ impedimento di creare dei momenti di socializzazione all’ interno dell’ ateneo stesso. L’ insieme dei punti trattati nel nostro articolo infatti ha portato gli studenti a non essere più considerati come tali, ma ad essere degli operai che, una volta terminato il proprio turno lavorativo, devono tornare a casa senza avere avuto nell’ arco della giornata un momento libero o uno spazio dove o riunirsi. Nasce quindi  l’ idea della riappropriazione degli spazi, intesa come bisogno di noi studenti di avere dei luoghi in cui scambiare le idee e far ripartire quel meccanismo di confronto e scambio di pensiero che ci è stato impedito.

Da qui riteniamo che l’ idea del pranzo sociale possa essere non solamente quello spazio che ci è stato negato da tutti i tagli effettuati, ma anche un momento di unione fra tutte quelle parti danneggiate dal sistema ma che invece dovrebbero essere quelli tutelati e valorizzati, studenti e lavoratori.

 

IL 23 MAGGIO DUNQUE VI ASPETTIAMO PER IL NOSTRO APPUNTAMENTO :

NOI LA CRISI CE LA MANGIAMO prt. 4

CITTADELLA UNIVERSITARIA, MONSERRATO dalle ORE 13, SPIAZZO SOPRA LA MENSA

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Via Trentino : la mensa che non c’è

casadellostudenteaaaaviatreDagli uffici di Corso Vittorio Emanuele, sede dell’ ERSU (Ente Regionale per il Diritto allo Studio), tutto tace.

Nonostante la mensa di Via Trentino sia chiusa da diversi mesi per improrogabili lavori di ampliamento e ristrutturazione, il problema non sembra essere condiviso. “In fondo, ci sono le altre mense. Non dipende da noi. Ci scusiamo per il disagio”, dicono.

E poco importa che, tra una lezione e l’altra, si abbiano solo una o due ore, come spesso capita agli studenti dei poli universitari di Piazza d’Armi e di Viale Fra Ignazio, per attraversare la città e raggiungere la mensa di Via Premuda o Piazza Michelangelo, in pullman (magari in ritardo e sovraffollati), fare la fila e mangiare in fretta un pasto sempre più caro , sperando di fare in tempo prima che la mensa chiuda e/o di dover tornare di corsa a  lezione. Poco importa che l’alternativa sia pagare di tasca propria un pasto che dovrebbe essere già garantito, non potendo magari cucinare perché la propria condizione abitativa non lo consente.

Coloro che sono andati a chiedere conto hanno ricevuto solo risposte vaghe dalla sede dell’Ersu. Non un comunicato di scuse, non una data di riapertura.

” Abbiate pazienza “, “La mensa riaprirà a fine Febbraio”.

Poi, “Ci sono dei problemi con l’iter di approvazione burocratica in Comune “ – “Dovremmo riaprire per la fine di Marzo”.

Ad Aprile inoltrato ancora non si sa nulla. Quanto tempo dovremo ancora aspettare?

Il messaggio che passa, nel silenzio, è: ARRANGIATEVI!

Non sembra essere percepita la necessità di dare delle risposte alternative e concrete a chi continua a subire le incapacità strutturali di un Ente sempre più portato a riversare l’acuirsi della crisi sugli studenti. Rispetto, dignità, emancipazione ed autonomia sono concetti che vengono cinicamente sacrificati sull’altare della “mancanza delle risorse” e della “crisi”. E i pochi servizi che vengono garantiti vengono fatti passare per gentili concessioni.

 Parliamoci chiaro: per chiunque abbia mangiato in Via Trentino, i lavori erano necessari ed improrogabili.

E’ curioso osservare come l’emergenza Via Trentino cada nel momento in cui l’Università è costretta a svendere parte del proprio patrimonio immobiliare per adempiere agli impegni di bilancio. Non sarebbe stato meglio riutilizzare quegli spazi per limitare il disagio creato a tanti studenti dalla chiusura di Via Trentino? “Non sapete di cosa state parlando” diranno. Ma come mai non è stato nemmeno possibile riorganizzare il sistema in modo tale da far sì che una mensa tra Via Premuda e Piazza Michelangelo, nelle quali sono stati dirottati i lavoratori di Via Trentino dopo aver rischiato di finire in cassintegrazione, rimanesse aperta la domenica? E adesso, di chi è la responsabilità?

Lavoriamo per garantirvi il minor disagio possibile con gli scarsi fondi che abbiamo”.

E sicuramente devono aver pensato così anche coloro che a seguito della presentazione del ricorso al TAR,, sono stati colpiti da lettere minatorie per via raccomandata (alla faccia della crisi) con le quali, nel caso in cui il ricorso fosse stato accolto, si intimava la restituzione degli importi già percepiti.

 La condizione degli studenti cagliaritani continua a complicarsi: Aumento esponenziale del numero degli idonei non beneficiari, taglio dell’importo delle borse , meccanismi sempre più improntati alla meritocrazia, carenza strutturale rivelata dalla incapacità di offrire risposte alternative alla chiusura di due case dello studente su cinque; tutto questo mentre i soldi pubblici vanno a finanziare strutture come il College Sant’Efisio .  Non sarà tutto parte dello stesso film???

L’immagine che il “caso via Trentino” ci consegna è quella di un Ente che, trincerandosi dietro la propria presunta tecnicità, si rivela incapace di rispondere ai reali bisogni dei soggetti che è chiamato a proteggere. Non caso unico, ma emblema di un welfare fondato esclusivamente sulla disciplina di bilancio.

Rispetto a questo quadro non possiamo tornare indietro. Sappiamo però che la lotta contro questi dispositivi e contro la governance che li impone ha guadagnato per noi una sua dimensione specifica: se nessuna mediazione è possibile non abbiamo che la riappropriazione contro l’impoverimento.

Ricercare strade alternative ripartendo dalla socialità e dalla cooperazione per rispondere al disagio e al malessere generato dalle scelte della governance è possibile:

” Pranzare insieme all’interno degli spazi universitari non è solo un’occasione per vivere in maniera diversa dal solito uno spazio che è nostro ma l’occasione per ripensare criticamente il mondo che ci circonda, ripartendo dalla socialità e dalla cooperazione.”

   ♦          NOI LA CRISI CE LA MANGIAMO!      

Quando? Lunedì 22 aprile, Fronte Biblioteca Interfacoltà dalle 13:00 alle 15:00. 

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★ SAPERI CONDIVISI ★

Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito ad una progressiva trasformazione dell’Università, in cui non è stato smantellato soltanto il “Diritto allo Studio”, ma si è prodotto un nuovo modello di formazione, basato soltanto sull’accumulo quantitativo di nozioni ed esperienze e perfettamente incarnato dall’inarrestabile crescita dei Cfu nei nostri libretti universitari. Viviamo dentro un istituzione,  le cui caratteristiche principali sono una tendenza sempre maggiore verso la privatizzazione e verso l’appiattimento della ricerca su criteri di produttività economica dei saperi. Come studenti e studentesse ci attiviamo invece per costruire all’interno dell’Università momenti di maggiore condivisione e libertà dei saperi .

Con questa idea il Collettivo Universitario Autonomo propone le presentazioni delle tesi di laurea, affinché le conoscenze prodotte non rimangano semplicemente relegate in un cassetto della facoltà per poi essere dimenticate, ma diventino patrimonio da condividere da tutti e per tutti.

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Questa la programmazione:

Martedì 23 Aprile:               “Una nuova forma di rappresentanza. La storia e le tematiche della Lega Nord” di Gavino Santucciu

Martedì 2 Maggio:        “United fruit company e la storia che si ripete dal colpo di Stato in Guatemala ai Chiquita Papers e alla parapolitica” di Piero Adamo

★ Mercoledì 8 Maggio:           “Decolonizzazione filosofica e politica: la prospettiva teorica di Kwasi Wiredu” di Maria Laura Spanedda

★ Mercoledì 15 Maggio:        “Thomas Sankara, la patrie ou la mort nous vaincrons” di Davide Boldrini

Mercoledì 22 Maggio:        “Attraversare il gioco” di Dario Palmas

★ Mercoledì 29 Maggio:     “Il disagio scolastico tra gli alunni zingari. L’ esperienza di un villaggio rom della Sardegna” di Marianna Manca

Il calendario è in continuo aggiornamento. Chiunque voglia partecipare può contattarci per unirsi all’ iniziativa.563775_244908182321000_987095647_n

CINEFORUM KEN LOACH

Il Collettivo Universitario Autonomo prosegue nella sua attività di costruzione e creazione di momenti di dibattito e socialità all’interno dell’Università e vi invita ad un ciclo di film dedicati alla figura e all’attività cinematografica di Ken Loach.

Mercoledì 27 Marzo – Kes
Mercoledì 3 Aprile – Terra e Libertà
Mercoledì 10 Aprile – Il vento che accarezza l’erba

Il regista, indubbiamente uno dei migliori cineasti britannici, ha dedicato tutta la sua attività cinematografica alla descrizione e narrazione delle condizioni di vita della classe operaia, accompagnandola ad una critica feroce delle contraddizioni della società neo-liberale che, dietro al vessillo della libertà (quale libertà?) in realtà si rivela sempre indisponibile ad accogliere e garantire bisogni e desideri delle classi sociali sfruttate dal capitale. Tutti i personaggi di Ken Loach sono soggetti sociali in tensione, che tentano – non sempre riuscendovi – un riscatto come volontà di autodeterminazione.
Tra i film più importanti e famosi possiamo citare Terra e Libertà e Il vento che accarezza l’erba.

La proiezione dei film si terrà nell’aula 11 della Facoltà di Lettere e Filosofia di Cagliari alle ore 17:30.

Ad ogni proiezione seguirà un aperitivo a offerta libera.

EVENTO FB:

Kes.

Terra e Libertà.

Il vento che accarezza l’erba.

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**NOI LA CRISI CE LA MANGIAMO**

 

Riprendono le lezioni e assieme ad esse anche la solita caotica routine:

Vai a lezione! – Corri in mensa! – Torna a lezione!
Questa è la frenetica gestione della giornata-tipo univesitaria che quotidianamente subiamo.
Ritmi di studio, di socialità e di vita scanditi da scelte della governance universitaria che ci vogliono rapiti e inquadrati nel macchinismo della “fabbrica del sapere”.

Parallelamente alle nostre giornate le case dello studente e le mense chiudono, aumentano i prezzi dei pasti mensa, le borse di studio subiscono grossi tagli e, paradossalmente, come se non bastasse, aumentano le tasse.
Questa è la realtà dell’Università di Cagliari.

Il Collettivo Universitario Autonomo propone un pranzo sociale come momento di socialità , esempio di autorganizzazione e cooperazione fra studenti. Dove l’autorganizzazione e la cooperazione diventano controcooperazione, nel momento in cui essa nasce dall’esigenza di dire NO a un’Università dove pare viga la regola:

Qui si viene per seguire le lezioni, se vuoi studiare lo fai in silenzio in biblioteca (se trovi posto), e poi vattene, questa non è casa tua!

Vogliamo che la nostra Università torni ad essere un luogo di aggregazione e crescita culturale e sociale anche al di fuori degli orari di lezione, luogo dove si condivide il vissuto quotidiano, dove ci si confronta e maturano idee, dove nasca quel NO comune a chi cerca di sottrarci momenti e spazi di vita.

Vogliamo ciò che ci spetta e che ci è stato sottratto per una colpa che non è nostra e ce lo riprenderemo. Il tempo delle attese è scaduto.

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EVENTO FB: NOI LA CRISI CE LA MANGIAMO — PRANZO SOCIALE UNIVERSITARIO

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E.R.S.U : Un CdA protetto dalla polizia. Nessuna borsa indietro!!

imagesBasta poco per trasformare agli occhi dell’opinione pubblica la più pacifica delle proteste in un coacervo di facinorosi pronti a sovvertire l’ordine costituito. È questo ciò che deve essere venuto in mente alle forze dell’ordine in risposta al sit-in convocato dagli studenti per venerdì 1 febbraio, in occasione del CDA dell’Ente Regionale per il Diritto allo studio Universitario.

La decisione fa seguito all’invio di lettere minatorie, attraverso le quali l’Ente intima la restituzione degli importi percepiti, qualora il ricorso al TAR presentato contro il mancato rispetto del D.P.C.M. 9 aprile 2001 venisse accolto. Strano modo di tutelare il diritto allo studio.

Ma lo scenario che si è presentato agli occhi di coloro che hanno deciso di rispondere alla chiamata è stato quello di una piazza gremita di polizia, carabinieri in tenuta anti-sommossa e non, DIGOS e polizia municipale (!) (mancavano solo l’esercito e la guardia di finanza). Uno schieramento di forze in proporzione di uno per studente.

Quale sia lo scopo di ciò è facilmente intuibile: stroncare sul nascere qualunque forma di opposizione che non passi per le vie della rappresentanza già da tempo addomesticata. A completare l’opera, dopo aver amorevolmente ricevuto una delegazione delle vittime, l’invio di un comunicato stampa attraverso il quale l’Ente “ha condiviso l’esigenza, rappresentata dagli studenti, di una maggior dotazione di risorse che possano realmente far fronte ai bisogni di mantenimento agli studi degli studenti dell’Ateneo, con particolare attenzione agli studenti fuori sede.”

Queste parole si scontrano, tuttavia, con una realtà ben diversa. Quella nella quale l’E.R.S.U., chiamato ad abbattere gli ostacoli di natura economica e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona, piuttosto che premere nei confronti degli enti politici per pretendere finanziamenti adeguati, preferisce far cassa sulla pelle di quei soggetti che è chiamato a proteggere. Poco importa che questi soldi siano già stati spesi, per far fronte alle spese della vita di tutti i giorni. Che siano stati investiti nel sogno di un futuro migliore dopo anni di sacrifici. Nel caso in cui non abbiate possibilità di restituire l’importo, “Presentate un nuovo ricorso al TAR” è stata l’arguta risposta della Dott.ssa Noli incalzata dalle osservazioni preoccupate degli studenti.

Sottoscriviamo la lettera scritta da alcuni di questi decisi a resistere al ricatto:

Non restituiremo nessuna borsa! Quei soldi ci servono per vivere! Al di là del diritto sancito dalla Costituzione, noi guardiamo ai nostri bisogni, alle nostre necessità!

Abbiamo partecipato e vinto un bando per una borsa di studio su cui abbiamo pianificato il nostro immediato futuro, su cui abbiamo investito un anno di studi, anticipando il versamento di caparre e mensilità d’affitto, pagando bollette, comprando i testi universitari, spendendo insomma i nostri soldi per tutto ciò che voi – evidentemente – non potete o non volete capire.”

 

 

Il lancio del presidio di domani per la restituzione delle raccomandate ERSU dalle frequenze di Radio Blackout

 Clicca su Ascolta il file

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                                                                                                      ♦   ♦   ♦   ♦

Di seguito il testo della lettera redatta da alcuni studenti e studentesse che hanno ricevuto la raccomandata che intimava la possibile restituzione della borsa di studio:

Caro E.R.S.U.

Convinti che l’istituzione a cui ci rivolgiamo sia un’istituzione per la tutela e la garanzia per il diritto allo studio, ovvero un’istituzione che dovrebbe garantire la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona, per dare attuazione, quindi, a quell’eguaglianza sostanziale fra cittadini abbienti e meno abbienti, ci chiediamo quale sia il significato delle più di trecento raccomandate che avete inviato in conseguenza del ricorso al T.A.R. presentato da alcuni studenti per il mancato rispetto del DPCM 2001 e successivi decreti.

Facciamo i seri: nel corso degli ultimi anni ci avete dato prova della vostra distanza dalla condizione studentesca, della costitutiva incapacità di comprendere quali siano gli ostacoli, i problemi e le esigenze dei soggetti sociali che fingete di tutelare. Ma adesso, dopo anni di incuria degli stabili, dopo aver sbattuto fuori trecento studenti dalle Case – proponendo delle soluzioni che si sono rivelate ancor più disastrose che vivere con la legionella, dopo aver quasi dimezzato il numero dei beneficiari, dopo aver aumentato i costi di tutti i servizi e delle tasse che versiamo nelle vostre casse, vi permettete anche di intimidirci con delle raccomandate che, a livello legale, sono totalmente ineffettuali? Non restituiremo nessuna borsa! Quei soldi ci servono per vivere! Al di là del diritto sancito dalla Costituzione, noi guardiamo ai nostri bisogni, alle nostre necessità!

Abbiamo partecipato e vinto un bando per una borsa di studio su cui abbiamo pianificato il nostro immediato futuro, su cui abbiamo investito un anno di studi, anticipando il versamento di caparre e mensilità d’affitto, pagando bollette, comprando i testi universitari, spendendo insomma i nostri soldi per tutto ciò che voi – evidentemente – non potete o non volete capire. Be’, il patto va rispettato. Abbiamo creduto in un altro anno di studio, e non vogliamo smettere di crederci.

Vi riportiamo tutte le raccomandate, non sappiamo proprio che farcene.

VENERDI 1 FEBBRAIO 2013 : SIT IN SOTTO L’E.R.S.U. – NESSUNA BORSA INDIETRO : RESTITUIAMO ALL’ E.R.S.U. LE RACCOMANDATE!

Dopo aver tentato, per tutto l’autunno, di disciplinare l’insubordinazione sociale mascherandosi dietro la scusa del “siamo solo tecnici”, ma operando delle scelte politiche ben precise che rientrano sotto la categoria dell’ “austerità” e dello smantellamento del welfare, viene fuori il vero volto dell’ E.R.S.U.

Minacce sotto forma di raccomandate spedite a quei soggetti sociali a cui l’E.R.S.U., secondo il proprio statuto, dovrebbe occuparsi di garantire il “diritto allo studio” (che, prima di essere un diritto, è in primo luogo un bisogno).

Emerge un fatto: le istituzioni sono quanto mai distanti dalle reali condizione dei soggetti sociali, l’E.R.S.U. non intende o è incapace di capire la condizione di noi studenti.

Noi non crediamo più che la mediazione istituzionale possa garantirci i nostri bisogni; non crediamo più di poter aspettare con le mani in mano che le istituzioni, gli enti amministrativi, i partiti, gli organi di rappresentanza, si muovano per soddisfare le nostre esigenze.

Riportare le raccomandate all’ E.R.S.U. è un gesto di rifiuto nei confronti di un sistema che ci vuole sempre più assoggettati, impoveriti e indebitati. È un gesto che dice “NO” e che costruisce un “Sì”, il “Sì” del nostro essere soggetti sociali capaci di agire politicamente e di creare un’alternativa.

                                                                               VENERDI  1 FEBBRAIO 2013, ORE 11:00

 

 

                                                                      INCONTRIAMOCI TUTTI DAVANTI ALL’E.R.S.U.

                                                               E RESTITUIAMO AL MITTENTE LE RACCOMANDATE!

 

                                               

                                                                                       NESSUNA BORSA INDIETRO!

                                                                       

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                                                                                                                                         Collettivo Universitario Autonomo Casteddu

 

STORIE DI ORDINARIA MERITOCRAZIA

assegnidimeritoL’ ASSEGNO DI MERITO: PARADIGMA DELLO STUDENTE INDEBITATO

 La figura dello “uomo indebitato”, prodotto dei continui tagli alla spesa pubblica da parte dei governi e di un’idea economica cinica e votata all’impoverimento, è quella che maggiormente si è affermata nel panorama sociale degli ultimi 25 anni. All’interno dell’azienda università è lo studente, o in alcuni casi la sua famiglia, a dover fare i conti con l’indebitamento sempre più massiccio che negli anni si è costretti a contrarre per iniziare e proseguire gli studi. I finanziamenti che lo Stato mette a disposizione per risolvere il problema non son sufficienti e, come nel caso degli assegni di merito, diventano una causa che, paradossalmente, acuisce maggiormente il disagio del debito. Gli assegni di merito possono senza dubbio essere presi come un paradigma della condizione dello studente indebitato, di studenti e famiglie che i governi fanno finta di non vedere, dell’impossibilità di essere al contempo virtuoso e meritevole in un sistema nel quale la pressione fiscale riesce ad annullare gli stessi finanziamenti allo studio. Questa è la storia che è successa a Gianmario (nome fittizio), uno tra i tanti ragazzi che, avendo beneficiato dell’assegno di merito, si è visto costretto a modificare le condizioni e il percorso della propria carriera universitaria e di conseguenza della vita stessa.

 

 

Ciao Gianmario puoi raccontarci la tua storia?

« Mah, una storia personale come tante. Sono nato in una famiglia semplice, mia madre casalinga e mio padre operaio, stroncato da un male incurabile ad appena 40 anni; io ne avevo appena 11 e mi sono ritrovato presto a fare l’ometto di casa. Dopo il diploma ho subito iniziato a lavorare come operaio per qualche anno, finché non mi sono iscritto all’Università: da qui ho iniziato a lavorare part-time e a dedicarmi agli studi. Mi sono laureato alla triennale qualche mese fa ed ora sono immatricolato ad un corso di Laurea Magistrale. Ho partecipato al bando 2009-2010 (per gli assegni di merito), al quale sono risultato beneficiario; io ho ricevuto un importo di circa 4000 euro. Il primo anno dell’Università ero matricola e ho ricevuto la borsa di studio ERSU: questo mi ha permesso di iniziare gli studi. Senza la borsa non sarebbe stato possibile iscrivermi perché la vita a Cagliari è cara; la mia famiglia non può permettersi di pagarmi gli studi e con un lavoretto part-time di poche ore alla settimana non si paga nemmeno l’affitto. »

Cos’ha comportato ricevere l’assegno di merito in un clima di continui tagli alle borse di studio?

« Non voglio essere ipocrita: l’anno scorso ero fuori corso e mi ha aiutato per coprire le spese: affitto, pasti, spese per la tesi. Non avevo però considerato una cosa: il fatto che l’assegno vada dichiarato nei redditi e contribuisca all’aumento dell’ISEE della famiglia. Nel mio caso l’ISEE raddoppia, perché mia madre vive con una misera pensione. I tagli hanno influito pesantemente, basta guardare le graduatorie ERSU degli scorsi anni. Quest’anno oltre il 60% delle matricole di I e II livello non è borsista: chi ha un ISEE superiore a 7800 euro non ha diritto alla borsa di studio né alla casa dello studente. Quando si parla di matricole è chiaro che c’è di mezzo l’opportunità di studiare, ossia la possibilità di accesso ai più alti livelli dell’istruzione: se si superano di poco i 7800 euro non si ha l’opportunità. Ma una famiglia con 7800 euro di ISEE difficilmente può permettersi di far studiare un figlio, specie se questo è fuori sede. »

Quali son i criteri di assegnazione che ti hanno estromesso da queste agevolazioni?

« Il criterio è solo uno: il reddito. Se si superano quei miseri 7800 euro di ISEE non si è borsisti. E’ una vergogna, non possono accedere agli studi i figli di un operaio generico, che per conoscenza supera quell’importo. Insomma, per studiare o si è figli di disoccupati (poveri loro) o si è figli di benestanti. »

Il racconto della tua esperienza fa emergere alcune criticità che influenzano negativamente la tua condizione studentesca. Hai provato a cercare qualche risposta dalle istituzioni competenti?

« Mi sono rivolto prima all’ERSU, ma la risposta è stata inequivocabile: hanno tagliato i fondi. »

La classica risposta che negli ultimi anni viene utilizzata dalle istituzioni, che scaricano i costi sociali della crisi sulle persone. Questi tagli, contestualizzando alla condizione studentesca, a Cagliari hanno comportato un taglio drastico alle borse di studio, un aumento delle tasse, una minore disponibilità di posti alloggio e un peggioramento generale offerta formativa.

« Per quanto riguarda il fatto che l’assegno di merito vada inserito nella dichiarazione dei redditi, mi hanno detto che non era compito loro discutere di questo: “andate in regione”. Sono andato in regione, all’Assessorato Cultura e Pubblica Istruzione: mi hanno detto che l’Agenzia delle Entrate considera l’assegno di merito come un reddito assimilato (link), quindi la regione non è responsabile di questo scandalo; mi hanno detto che i criteri per l’assegnazione non rientrerebbero in quelli previsti per le borse di studio (es. ERSU) e che quindi l’importo va dichiarato. Io invece non trovo differenze sostanziali tra l’assegno di merito e le borse ERSU. »

Cos’è cambiato dal punto di vista del reddito, del lavoro e dell’abitazione? Ti sei trovato costretto a rivalutare le tue scelte di vita?

« Mi sono laureato con il massimo dei voti, ma ora rischio di non poter proseguire gli studi. Non ho ricevuto la casa dello studente, non ho diritto alla borsa né ai pasti, insomma devo pagarmi gli studi. Per vivere e studiare a Cagliari, senza nessuna pretesa, servono 500 euro al mese. Per guadagnare questi soldi è necessario lavorare ogni giorno, togliendo tempo allo studio, rinunciando a qualche lezione con un risultato inevitabile: si allungano i tempi di studio e aumentano le tasse, e si entra in un circolo vizioso in cui più lavori, meno studi, più aumentano le tasse, più devi lavorare: non se ne esce più.
Credo che chi ci amministra non sia mai stato nella condizione di studente fuori sede e, se lo è stato, era benestante. »

Cos’avrebbe comportato non dichiarare all’interno del reddito l’assegno di merito? Ti sarebbe convenuto in termini economici?

« Probabilmente una sanzione da parte di Equitalia, si dice, intorno ai 500 euro. Ma pensa quali vantaggi: avrei avuto casa, pasti e borsa.. ne sarebbe valsa la pena. Insomma, se avessi fatto il disonesto avrei potuto proseguire con tranquillità gli studi. »

[ Tale espressione mette in luce la contraddizione che emerge tra gli slogan utilizzati dal governo Monti che, attraverso una spettacolarizzazione della lotta all’evasione fiscale, ha trovato il capro espiatorio della crisi economica e sociale in chi non paga le tasse. In realtà, gli stessi processi burocratici delle istituzioni costringono le persone a non poter sostenere tutti i costi che il sistema – nel nostro caso quello universitario – richiede, se non paradossalmente tramite gli stessi metodi e modalità criminalizzate. ]

« Inoltre, lavorare (in nero) mi preclude, di fatto, la possibilità di concorrere il prossimo anno x l’assegnazione della borsa di studio e il posto alloggio, poiché ho a disposizione meno tempo rispetto agli altri studenti che concorrono per ottenere questi benefici e hanno la possibilità di dedicarsi a tempo pieno allo studio. Arrivati a questo punto, una delle possibilità che stavo valutando era quella di ritirarmi quest’anno e iscrivermi nuovamente l’anno prossimo, eliminando in questo modo il “fardello” dell’assegno di merito. »

Conosci altre persone in questa situazione?

« Conosco tante persone, in situazioni economiche difficili, che non possono studiare per i motivi che ho detto. Ma anche persone non matricole, che hanno raggiunto tutti i crediti previsti dai criteri ersu, peraltro con il massimo dei voti, e che si sono ritrovate senza né casa né borsa: non si dà l’opportunità di studiare né ai poveri e nemmeno ai meritevoli. Assurdo. »

 

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Negli ultimi tempi, attraverso il bombardamento mediatico, siamo stati assuefatti a due retoriche strumentali alle agende politiche:

 

  • GUERRA ALL’EVASIONE FISCALE: se si pagano le tasse e si è in regola dal punto di vista legale con i pagamenti ci si può considerare virtuosi e meritevoli di proseguire la vita universitaria.
  • MERITOCRAZIA: per cui se studi regolarmente allora sarai in grado di ottenere le borse di studio e proseguire la carriera universitaria.

 

La falla burocratica, sembra essere causata da una “mancanza di comunicazione tra le istituzioni”. Ma sino a che punto possiamo definirla in questo modo, dal momento che al loro primo anno l’equiparazione tra assegno di merito e reddito non veniva esplicitata e solo dopo (link) le contestazioni dei beneficiari le istituzioni hanno reso chiaro e ben visibile questo passaggio?

In realtà la “falla burocratica”, la contraddizione tra gli strumenti utilizzati delle istituzioni, mette in luce tre aspetti dell’università-azienda:

1) a dispetto dello smantellamento dell’università, dei tagli alla formazione, vi è la necessità di strumenti, di natura prettamente finanziaria che supportino la bontà e la funzionalità del sistema meritocratico e di aziendalizzazione.

2) l’incapacità di gestire quegli stessi strumenti, capaci solo di produrre competizione e non cooperazione, povertà invece che arricchimento, sia economica del singolo che del sapere collettivo.

3) il tentativo, impossibile sul piano logico, di dare un valore di tipo economico e sociale alla conoscenza.

Ma è realmente possibile misurare la qualità e la quantità del sapere, quando questo è un bene che si produce e accresce all’interno e tramite le relazioni sociali? Può esistere una norma capace di individuare i parametri di valutazione della conoscenza? Chiaramente no, a meno di non considerare l’università un’azienda il cui unico scopo è la produzione di lavoratori indottrinati e lo studio una mera accumulazione di crediti e superamento di esami.

Contestare questo tipo di meccanismi vuol dire affermare un sapere cooperativo e non privato.

Reclamare reddito che sia scollegato dalle logiche del merito significa favorire la produzione comune e dunque la soddisfazione dei desideri e dei bisogni che da essa emergono.

Mense ERSU: il piatto piange!

il-piatto-piange-L-z0gx9nDando un’occhiata alla trasformazione del servizio ristorazione ERSU negli ultimi anni, un dato politico emerge forte e chiaro: aumentano i prezzi, peggiora la qualità.

E’ così infatti che se uno studente di seconda fascia nel 2007 pagava 1.80 a pasto, quest’anno coloro il cui ISEEU (Indicatore della Condizione Economica Equivalente) non supera gli undici mila euro, limite della prima fascia, si trova costretto a dover sborsare 2 euro. Emblema della condizione studentesca, su cui si abbatte l’aumento del costo dei pasti, sono gli idonei non beneficiari, ovvero quelle strane figure che pur avendo diritto subiscono l’apparente carenza di fondi da parte dell’Ente per il Diritto allo studio. Per loro è previsto un massimo di 240 pasti gratuiti esclusivamente nel periodo delle lezioni. Se si è iscritti al primo anno, manco quello. Non se la passano meglio coloro che sono beneficiari di borsa di studio e alloggiano presso Casa dello Studente (sempre che questa non sia chiusa per lavori causati da anni di indifferenza ed incuria da parte di chi se ne sarebbe dovuto occupare) che, terminati i 240 pasti gratuiti, si trovano nella simpatica situazione di non poter fare la spesa e cucinare in casa (il regolamento non lo consentirebbe). Sono esclusi invece dal diritto al pasto gratuito coloro che pur essendo beneficiari sono pendolari (o risultano tali perché il padrone di casa affitta in nero). A coloro che non hanno la possibilità di permettersi il costo del servizio, la risposta dell’ERSU, che in questo rivela la propria natura aziendalista, interessata esclusivamente al ripianamento del proprio bilancio, è chiara: ARRANGIATEVI!                                                                                                            

Non solo. Da quest’anno, l’Ente regala agli studenti la possibilità di contribuire ulteriormente alla gestione del sistema attraverso l’invenzione di un contributo di un euro, richiesto al momento del rilascio della tessera (come se non bastasse l’aumento esponenziale delle tasse).

A tutto ciò corrisponde un servizio tutt’altro che efficiente. Coloro che non arrivano in mensa all’orario di apertura devono rassegnarsi all’idea di fare una lunga fila, di cui non sono certo responsabili i lavoratori, chiamati a sopperire alla carenza di personale in cambio di uno stipendio misero, sperando di trovare da mangiare o dovendosi sbrigare perchè la mensa chiude. E la domenica? Giornata di riposo per i tanti studenti fuori sede si potrebbe andare in mensa, per evitare di dover cucinare in casa.   No, da qualche mese a questa parte questo non è possibile. La chiusura della mensa di Via Trentino, l’unica aperta la domenica, a partire dal mese di settembre, per lavori di ampliamento e ristrutturazione ha tolto anche questa possibilità. Qualcuno potrebbe dire: preferite mangiare cibo riscaldato, fettine che sembrano suole di scarpa con posate di plastica (nella migliore delle ipotesi due o tre si distruggevano nel tentativo)? Ma di chi è la responsabilità del fatto che per anni questa fosse la norma?

Tutto questo è il frutto di una chiara scelta politica. La stessa che fa sì che, in un contesto come quello cagliaritano dove la sola mensa di Via Premuda è a gestione diretta ERSU, un servizio sociale fondamentale si trasformi in terra di conquista per i privati. Lo studente è lasciato solo dalle associazioni della rappresentanza studentesca, sempre più impegnate a dialogare con le istituzioni responsabili di questo sistema e a sedare gli animi degli studenti ogni volta che questi provano ad alzare la testa. Non si può non pensare a quelle “nuove forme di finanziamento” evocate da Monti per il servizio sanitario nazionale, che si inseriscono in un più ampio progetto (quello delle esternalizzazioni) di svuotamento del pubblico a tutto vantaggio dei privati. L’esternalizzazione dei servizi tanto sbandierata come portatrice di efficienza, in realtà, come mostra la gestione del servizio ristorazione ERSU, non è altro che fonte di impoverimento, ed emblema del progressivo isolamento in cui vivono studenti e lavoratori, lasciati soli in una costante condizione di precarietà ed incertezza.

Costruiamo, tutti insieme, studenti e lavoratori una lotta dal basso che porti alla riappropriazione del servizio!