Ci attende un anno accademico complicato il prossimo anno: ci tolgono gli appelli, moltiplicano sbarramenti e ostacoli e nel frattempo investono soldi in nuovi poli didattici.
Ma abbiamo bisogno ora di più risorse e possibilità!
Ma chi sono i responsabili di questa situazione?
il Consiglio della neonata Facoltà di Studi Umanistici che, ricordiamo, ha deciso, su indicazione del preside di Facoltà, di ridurre da 11 a 8 gli appelli d’esame annui dedicati agli studenti fuoricorso, con la soppressione degli appelli di aprile e novembre, e da 7 a 6 quelli previsti per gli studenti in corso, con l’eliminazione degli appelli di marzo. Lo ha fatto disinteressandosi completamente della voce contraria di tutti i Rappresentanti del corpo studentesco che hanno dato parere negativo alla decisione, denotando una gestione del C.d.F. fortemente centralizzata in cui ogni tipo di discussione e confronto viene ignorato, e in cui i rappresentanti non hanno minimamente alcuna voce in capitolo, dal momento che possono contare soltanto di cinque membri su trentuno (http://people.unica.it/facoltadistudiumanistici/chi-siamo/organi/consiglio-di-facolta/), e che quindi spesso e volentieri sono costretti a “subire” le decisioni della maggioranza dei docenti.
Per questo, come legittimo tentativo di impedire l’ennesimo colpo di mano e per riaprire uno spazio di discussione su misure pesanti che vanno a colpire la nostra vita di studenti e studentesse, abbiamo deciso di entrare durante lo svolgimento del Consiglio di mercoledì 24 luglio. La reazione dei docenti è stata di immediata sorpresa rispetto a ciò che stava succedendo, e le loro risposte erano improntate sul concetto di “interruzione della democrazia e della legalità”. Si può osservare ciò, per esempio, dalla prima domanda che il preside della facoltà Giulio Paulis ha posto agli studenti, chiedendo loro cosa ci facessero dentro il consiglio, e di andarsene perché non “sono ammessi estranei” e non era legalmente possibile la loro presenza là dentro. “Nel caso abbiate bisogno di informazioni- ha proseguito Paulis -leggetevi i verbali”. A questo punto ci si può porre la domanda “quali verbali?” Se infatti andiamo a leggere sul sito della facoltà alla pagina apposita vediamo come l’ultimo verbale presentato risalga al 19 aprile 2013. (Vedi verbali consiglio di facoltà)
Tra i vari interventi dei docenti, tutti compatti nel difendere la scelta, segnaliamo anche quello di una docente di lingue che per spiegare l’importanza del taglio degli appelli ci ha parlato di dati e statistiche che sarebbero state fatte quando alcuni anni fa i professori della facoltà di Lingue decisero di aumentare il numero degli appelli. Questi dati starebbero a dimostrare, secondo loro, che a tale aumento non era poi corrisposto un aumento degli esami sostenuti da parte degli studenti. Il problema, secondo loro, è che, come professor Pignotti ci ha ricordato, “a cattivo docente corrisponde cattivo studente”.
La responsabilità che hanno portato alla soppressione degli appelli è, dunque, tutta interna al corpo docente. Gli “accademici”, tra ingenuità e opportunismo, si fanno concreti interpreti dello “spirito di riforma” dell’università degli ultimi anni. Da un lato, infatti portano a compimento anche nell’amministrazione dei dipartimenti, le misure volte alla diminuzione dei servizi; dall’altro sempre più disertano gli impegni e le responsabilità connesse alla didattica. In quest’ottica, per alcuni docenti bisogna risparmiare sugli appelli, togliere tempo agli studenti per dedicarlo all’ultimo articolo richiesto come parametro per restare a galla o essere promossi.
In questo quadro la soppressione degli appelli non è che uno dei tasselli della dismissione dell’Università.
Gli spazi della relazione pedagogica formativa e della condivisone del sapere in questa università vengono soppiantati dai meccanismi di istruzione e selezione dove ciò che maggiormente conta è la razionalizzazione e la velocizzazione dei tempi.
Ma perché questa scelta?
A quanto emerso dal confronto con i docenti il giorno del Cdf ,tutto questo sembra fondarsi solo su calcoli basati sulla produttività della didattica, della ricerca e dei nostri tempi di studio al fine di rendere “attrattivo” il nostro ateneo, la facoltà , il dipartimento, che ha, però, come unico risultato, quello di trasformarci in semplici numeretti votati all’eccellenza dell’Ateneo. Un ragionare fondato su una tecnicità che opera sempre contro di noi in questa fase di attuazione delle riforme e della riorganizzazione delle nuove strutture di dipartimento.
Sorgono, però, alcuni interrogativi da porre all’attenzione dei docenti:
– Quanti di noi finiranno fuori corso e dovranno continuare a pagare tasse salate, che continuano ad aumentare grazie all’imposizione della sovrattassa per i fuori corso (fino al 30 % in più) e della sovrattassa di discontinuità (50 euro in più per ogni semestre senza esami), dopo la restrizione dell’accesso agli appelli o dopo la loro soppressione?
– Quanti di noi non matureranno i crediti necessari al mantenimento della borsa di studio a causa di queste misure di sbarramento?
– Quanti di noi si troveranno imposte condizioni e ritmi di vita (perdita della casa dello studente, lavoro, affitto, ecc.)?
L’attacco alla nostre condizioni di studio si accompagna, inevitabilmente, allo scadimento complessivo del servizio. Bisogna assolutamente reagire. Dobbiamo organizzarci per impedire che questo succeda e per ripristinare gli undici appelli che erano presenti sino all’anno academico 2012-2013
Stare all’università sta diventando sempre più una sofferenza per tutti noi, presi tra tempi di studio sempre più proibitivi, didattica dequalificata e precarietà tanto nei contesti formativi quanto in quelli lavorativi.
Da settembre ritroviamoci come studenti e studentesse, per reagire alla soppressione degli appelli e per riappropriarci dei nostri tempi e ritmi di studio, per assediare di nuovo i LORO consigli di facoltà!