Anche quest’anno l’ateneo cagliaritano prevede l’esenzione del pagamento delle tasse universitarie per gli studenti figli di lavoratori in cassa integrazione o che hanno di recente perduto l’occupazione. Con orgoglio il Rettore Giovanni Melis così commenta questo provvedimento anti-crisi:
“Si tratta di una misura adottata tre anni fa per venire incontro alle famiglie sarde alle prese con la crisi. Pensiamo che l’investimento in formazione sia fondamentale nella nostra società’ e da tempo sosteniamo che la laurea sia sempre piu’ importante per affrontare con maggiori opportunità’ il mondo del lavoro. Sono esentati dal pagamento delle tasse anche gli studenti diplomati con il massimo dei voti”.
Eppure a ben vedere il 20% degli studenti dell’ateneo esentati corrisponde quasi interamente al 18,4% degli studenti idonei alla borsa di studio E.R.S.U., categoria entro la quale, per l’ovvia ragione dell’insufficienza di reddito, rientrano i figli di quanti hanno perduto l’impiego o si trovano in cassa integrazione. Questi, in qualità di “capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi”, già godono dell’esenzione dal pagamento delle tasse universitarie.
Il buon Rettore, in ossequio a una poco convincente strategia neo riformista, altro non fa dunque che sbandierare un raddoppiamento di una misura agevolativa già prevista dall’ente per il diritto allo studio. È l’E.R.S.U. infatti a garantire in prima battuta l’esenzione dal pagamento delle tasse.
Solo propaganda allora? In gran parte sì, unita a un pizzico di immancabile retorica meritocratica riservata ai giovani maturatisi con 100.
Ma proprio il drammatico sottofinanziamento dell’E.R.S.U., incapace di assicurare la copertura delle borse di studio, pone al centro nella sua crudezza il problema della crisi per i giovani sardi: la mancanza di reddito. Il numero degli idonei non beneficiari quest’anno sfiorerà il 50% degli aventi diritto alla borsa di studio e altre misure di sussidio non son previste.
L’unica opzione per ora resta quella sponsorizzata da Melis: l’esenzione dai pagamenti delle tasse. Ciò garantisce un accesso minimo agli studi stabilizzando al contempo il livellamento sociale verso il basso. Infatti questa scelta da un lato assicura all’ateneo di restare attrattivo e dunque competitivo nei ranking ministeriali per l’accaparramento delle poche briciole di finanziamento statale rimaste; dall’altro lato permette al mercato del lavoro giovanile in Sardegna di standardizzarsi sulla misura dello studente/lavoratore che, bisognoso di guadagnare reddito per continuare gli studi, si ritrova portatore di ben pochi diritti e vittima del ricatto di lavori mal pagati, scarsamente qualificati e intermittenti.