Sono uscite ieri mattina le graduatorie definitive per l’accesso al posto alloggio nelle case dello studente e alla borsa di studio. Ma cosa significa in concreto essere un idoneo non beneficiario? Secondo ciò che c’è scritto nel bando di quest’anno, “è colui che possiede i requisiti richiesti dal bando ma non può ususrfruire del beneficio richiesto, per insufficienza delle risorse disponibili”
Anche quest’anno si conferma l’assoluto trend negativo che dura ormai da moltissimi anni: quest’anno il dato generale delle graduatorie arriva ad un 52,94% degli idonei non beneficiari. Situazione ancora più tragica attende coloro che si sono iscritti quest’anno all’università: addirittura il 69,39% delle matricole non otterrà i fondi per il diritto allo studio. Mentre per coloro che sono iscritti agli anni successivi al primo, la situazione parrebbe “migliore”: il 40,29% sarà un idoneo non beneficiario.
Una situazione assolutamente insostenibile, ma comunque assolutamente prevedibile, nel momento in cui, leggendo sempre il bando di quest’anno, i fondi stanziati dalla Regione Sardegna sono di 6.735.523,51 euro, mentre l’anno scorso risultava essere di 7.216.357,42 euro.
Non meglio va per i posti alloggio di quest’anno, dal momento in cui da due anni a questa parte i posti sono diminuiti di circa 126 posti.
Sono quattro le case dello studente che sono presenti nel bando: viaTrentino, via Montesanto, via Biasi e via Businco, più alcuni appartamenti in via Sassari. Ma in ognuna di queste case sono molte le carenze strutturali. L’esempio più eclatante è la casa di via Montesanto: Dal Giugno 2012, infatti, periodicamente si sono avvicendate difficoltà di vario tipo. Dal problema degli impianti non a norma alla necessità di rimuovere la copertura esterna, che si è scoperta essere in fibra di amianto affogata nel cemento, con il conseguente problema della presenza di muffa.
Ma evidentemente le istituzioni preferiscono spendere cento milioni per la creazione tra cinque anni di un’altra casa dello studente da 500 posti in viale la Playa (che la retorica delle istituzioni definisce “campus universitario”, ma che in realtà risulta essere tutta un’altra cosa) piuttosto che ristrutturare le case esistenti, ormai fatiscenti.
La situazione ha ormai dell’insostenibile, e costringerà moltissimi studenti a dover intraprendere due strade: o quella del pendolarismo dai propri paesi di appartenenza, se si è fortunati ad abitare in paesi abbastanza collegati dal capoluogo; oppure affitti molto alti, spesso dai 200 euro in su, che spesso costringono gli studenti a dover trovare dei piccoli lavoretti, spesso precari e malpagati, nei call center o come barman nei locali.
Ma c’ anche chi non è in grado di affrontare queste situazione e spesso le soluzioni adottate sono o il ritiro dall’università (secondo le dichiarazioni di Funedda del 15 settembre 2014, l’anno scorso sono state 200 le matricole costrette a ritirarsi dall’università) o addirittura l’emigrazione dalla Sardegna. Seguendo l’elaborazione dei ranking regionali elaborati dal centro studi Datagiovani, infatti, un giovane su tre è disposto ad abbandonare l’isola per cercare un lavoro che qua non è in grado di trovare.
Dati allarmanti, che però parrebbero non preoccupare le istituzioni, troppo impegnate a perorare la causa di “Capitale europea della cultura”. Ci chiediamo come ci si possa definire in tal modo se non si è in grado di essere neppure una città universitaria.
In una situazione come questa, l’ancora di salvataggio sono risultate essere le borse di studio date dal banco di Sardegna. Una dimostrazione ulteriore di come oramai il pubblico stia sempre più definanziando il welfare studentesco, lasciando in mano a banche e privati questo compito.