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Il lancio del presidio di domani per la restituzione delle raccomandate ERSU dalle frequenze di Radio Blackout

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                                                                                                      ♦   ♦   ♦   ♦

Di seguito il testo della lettera redatta da alcuni studenti e studentesse che hanno ricevuto la raccomandata che intimava la possibile restituzione della borsa di studio:

Caro E.R.S.U.

Convinti che l’istituzione a cui ci rivolgiamo sia un’istituzione per la tutela e la garanzia per il diritto allo studio, ovvero un’istituzione che dovrebbe garantire la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona, per dare attuazione, quindi, a quell’eguaglianza sostanziale fra cittadini abbienti e meno abbienti, ci chiediamo quale sia il significato delle più di trecento raccomandate che avete inviato in conseguenza del ricorso al T.A.R. presentato da alcuni studenti per il mancato rispetto del DPCM 2001 e successivi decreti.

Facciamo i seri: nel corso degli ultimi anni ci avete dato prova della vostra distanza dalla condizione studentesca, della costitutiva incapacità di comprendere quali siano gli ostacoli, i problemi e le esigenze dei soggetti sociali che fingete di tutelare. Ma adesso, dopo anni di incuria degli stabili, dopo aver sbattuto fuori trecento studenti dalle Case – proponendo delle soluzioni che si sono rivelate ancor più disastrose che vivere con la legionella, dopo aver quasi dimezzato il numero dei beneficiari, dopo aver aumentato i costi di tutti i servizi e delle tasse che versiamo nelle vostre casse, vi permettete anche di intimidirci con delle raccomandate che, a livello legale, sono totalmente ineffettuali? Non restituiremo nessuna borsa! Quei soldi ci servono per vivere! Al di là del diritto sancito dalla Costituzione, noi guardiamo ai nostri bisogni, alle nostre necessità!

Abbiamo partecipato e vinto un bando per una borsa di studio su cui abbiamo pianificato il nostro immediato futuro, su cui abbiamo investito un anno di studi, anticipando il versamento di caparre e mensilità d’affitto, pagando bollette, comprando i testi universitari, spendendo insomma i nostri soldi per tutto ciò che voi – evidentemente – non potete o non volete capire. Be’, il patto va rispettato. Abbiamo creduto in un altro anno di studio, e non vogliamo smettere di crederci.

Vi riportiamo tutte le raccomandate, non sappiamo proprio che farcene.

VENERDI 1 FEBBRAIO 2013 : SIT IN SOTTO L’E.R.S.U. – NESSUNA BORSA INDIETRO : RESTITUIAMO ALL’ E.R.S.U. LE RACCOMANDATE!

Dopo aver tentato, per tutto l’autunno, di disciplinare l’insubordinazione sociale mascherandosi dietro la scusa del “siamo solo tecnici”, ma operando delle scelte politiche ben precise che rientrano sotto la categoria dell’ “austerità” e dello smantellamento del welfare, viene fuori il vero volto dell’ E.R.S.U.

Minacce sotto forma di raccomandate spedite a quei soggetti sociali a cui l’E.R.S.U., secondo il proprio statuto, dovrebbe occuparsi di garantire il “diritto allo studio” (che, prima di essere un diritto, è in primo luogo un bisogno).

Emerge un fatto: le istituzioni sono quanto mai distanti dalle reali condizione dei soggetti sociali, l’E.R.S.U. non intende o è incapace di capire la condizione di noi studenti.

Noi non crediamo più che la mediazione istituzionale possa garantirci i nostri bisogni; non crediamo più di poter aspettare con le mani in mano che le istituzioni, gli enti amministrativi, i partiti, gli organi di rappresentanza, si muovano per soddisfare le nostre esigenze.

Riportare le raccomandate all’ E.R.S.U. è un gesto di rifiuto nei confronti di un sistema che ci vuole sempre più assoggettati, impoveriti e indebitati. È un gesto che dice “NO” e che costruisce un “Sì”, il “Sì” del nostro essere soggetti sociali capaci di agire politicamente e di creare un’alternativa.

                                                                               VENERDI  1 FEBBRAIO 2013, ORE 11:00

 

 

                                                                      INCONTRIAMOCI TUTTI DAVANTI ALL’E.R.S.U.

                                                               E RESTITUIAMO AL MITTENTE LE RACCOMANDATE!

 

                                               

                                                                                       NESSUNA BORSA INDIETRO!

                                                                       

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                                                                                                                                         Collettivo Universitario Autonomo Casteddu

 

Mense ERSU: il piatto piange!

il-piatto-piange-L-z0gx9nDando un’occhiata alla trasformazione del servizio ristorazione ERSU negli ultimi anni, un dato politico emerge forte e chiaro: aumentano i prezzi, peggiora la qualità.

E’ così infatti che se uno studente di seconda fascia nel 2007 pagava 1.80 a pasto, quest’anno coloro il cui ISEEU (Indicatore della Condizione Economica Equivalente) non supera gli undici mila euro, limite della prima fascia, si trova costretto a dover sborsare 2 euro. Emblema della condizione studentesca, su cui si abbatte l’aumento del costo dei pasti, sono gli idonei non beneficiari, ovvero quelle strane figure che pur avendo diritto subiscono l’apparente carenza di fondi da parte dell’Ente per il Diritto allo studio. Per loro è previsto un massimo di 240 pasti gratuiti esclusivamente nel periodo delle lezioni. Se si è iscritti al primo anno, manco quello. Non se la passano meglio coloro che sono beneficiari di borsa di studio e alloggiano presso Casa dello Studente (sempre che questa non sia chiusa per lavori causati da anni di indifferenza ed incuria da parte di chi se ne sarebbe dovuto occupare) che, terminati i 240 pasti gratuiti, si trovano nella simpatica situazione di non poter fare la spesa e cucinare in casa (il regolamento non lo consentirebbe). Sono esclusi invece dal diritto al pasto gratuito coloro che pur essendo beneficiari sono pendolari (o risultano tali perché il padrone di casa affitta in nero). A coloro che non hanno la possibilità di permettersi il costo del servizio, la risposta dell’ERSU, che in questo rivela la propria natura aziendalista, interessata esclusivamente al ripianamento del proprio bilancio, è chiara: ARRANGIATEVI!                                                                                                            

Non solo. Da quest’anno, l’Ente regala agli studenti la possibilità di contribuire ulteriormente alla gestione del sistema attraverso l’invenzione di un contributo di un euro, richiesto al momento del rilascio della tessera (come se non bastasse l’aumento esponenziale delle tasse).

A tutto ciò corrisponde un servizio tutt’altro che efficiente. Coloro che non arrivano in mensa all’orario di apertura devono rassegnarsi all’idea di fare una lunga fila, di cui non sono certo responsabili i lavoratori, chiamati a sopperire alla carenza di personale in cambio di uno stipendio misero, sperando di trovare da mangiare o dovendosi sbrigare perchè la mensa chiude. E la domenica? Giornata di riposo per i tanti studenti fuori sede si potrebbe andare in mensa, per evitare di dover cucinare in casa.   No, da qualche mese a questa parte questo non è possibile. La chiusura della mensa di Via Trentino, l’unica aperta la domenica, a partire dal mese di settembre, per lavori di ampliamento e ristrutturazione ha tolto anche questa possibilità. Qualcuno potrebbe dire: preferite mangiare cibo riscaldato, fettine che sembrano suole di scarpa con posate di plastica (nella migliore delle ipotesi due o tre si distruggevano nel tentativo)? Ma di chi è la responsabilità del fatto che per anni questa fosse la norma?

Tutto questo è il frutto di una chiara scelta politica. La stessa che fa sì che, in un contesto come quello cagliaritano dove la sola mensa di Via Premuda è a gestione diretta ERSU, un servizio sociale fondamentale si trasformi in terra di conquista per i privati. Lo studente è lasciato solo dalle associazioni della rappresentanza studentesca, sempre più impegnate a dialogare con le istituzioni responsabili di questo sistema e a sedare gli animi degli studenti ogni volta che questi provano ad alzare la testa. Non si può non pensare a quelle “nuove forme di finanziamento” evocate da Monti per il servizio sanitario nazionale, che si inseriscono in un più ampio progetto (quello delle esternalizzazioni) di svuotamento del pubblico a tutto vantaggio dei privati. L’esternalizzazione dei servizi tanto sbandierata come portatrice di efficienza, in realtà, come mostra la gestione del servizio ristorazione ERSU, non è altro che fonte di impoverimento, ed emblema del progressivo isolamento in cui vivono studenti e lavoratori, lasciati soli in una costante condizione di precarietà ed incertezza.

Costruiamo, tutti insieme, studenti e lavoratori una lotta dal basso che porti alla riappropriazione del servizio!

 

Cagliari. #19D: gli studenti bloccano tutto!

Oggi, #19D, il movimento degli studenti medi cagliaritani è sceso in piazza per ribadire il proprio NO ai tagli al sistema dell’istruzione e al sistema welfaristico.

Gli studenti delle scuole in mobilitazione hanno deciso di convocare il corteo odierno per esprimere il proprio dissenso nei confronti di un progetto politico volto allo svuotamento del pubblico a tutto vantaggio dei privati (vedi DDL Aprea).

Il corteo, autonomo ed autorganizzato, nasce come continuazione del lavoro politico avviato nelle scuole che, con le giornate del #14N, del #24N e del #14D ha portato alla nascita di un movimento desideroso di costruire un nuovo progetto per la riappropriazione del proprio futuro. Non a caso gli istituti con maggiore presenza in piazza (Michelangelo, Dettori, Siotto, Giua, Alberti, Brotzu, Pitagora, Eleonora d’Arborea) provengono dalle recenti esperienze di occupazione, autogestione e blocco della città che hanno preparato questo corteo. Non di secondaria importanza l’elemento di rottura evidenziato fin dalla natura della convocazione del corteo che ha scelto di manifestare senza autorizzazione e ha visto una partecipazione molto più nutrita rispetto a un secondo corteo studentesco, al contrario autorizzato, convocato in piazza Giovanni XIII. Non c’è da chiedere il permesso a nessuno quando la volontà politica è chiaramente quella di bloccare l’esistente per crearsi gli spazi della sua trasformazione.

Radunatisi in Piazza Yenne, gli studenti hanno deciso di raggiungere l’Assessorato Regionale alla Cultura, complice di queste politiche di ristrutturazione del sistema della formazione. Il corteo selvaggio forte di 3000 presenze, si è snodato per le strade del centro cittadino cagliaritano: Largo Carlo felice, Via Roma, Viale Trieste. Non ha desistito inoltre di fronte al tentativo di pressione esercitato dalle forze dell’ordine, dando un chiaro segnale di scelta e maturazione politica liberandosi dal controllo della polizia cambiando più volte percorso e rendendo illeggibili alla digos le proprie intenzioni. Arrivati davanti all’Assessorato ci sono stati alcuni momenti di tensione causati dalla pressione esercitata sui manifestanti che volevano entrare dentro la struttura.

Al grido di “Occupiamo anche la stazione” i compagni mossi da un entusiasmo che va ben oltre la “canonica” passeggiata mascherata da manifestazione studentesca, si è mosso con il deciso intento di occupare i binari della stazione di Cagliari. Occupare tutto, bloccare tutto: questo è il sentimento reale e vivo degli studenti medi, l’unica reale opposizione al disagio imposto alle stesse soggettività studentesche. Percorrendo i binari fino ad arrivare alla stazione centrale di Piazza Matteotti al grido di “Noi la crisi non la paghiamo” il corteo ha raccolto al solidarietà dei passanti, molti dei quali si aggiungevano alla voce dei cori che rimbombavano nella stazione dei treni.

Abbandonati i locali della stazione di piazza Matteotti, il corteo non ancora sazio, si è diretto verso la sede del Consiglio Regionale Sardo in via Roma davanti al totale sbigottimento delle sfiancate forze dell’ordine. Il corteo ha sostato sotto la regione scaldando gli animi al grido “Occupiamo anche la Regione” e cercando di forzare gli ingressi, generando qualche tensione con le forze di polizia, per esprimere la volontà di riappropriazione del proprio futuro.

Dalla Regione il corteo selvaggio ancora affamato di azione si è diretto di nuovo verso Piazza Yenne, lì da dove era partito, dove davanti alla statua imperante di Carlo Felice alcuni compagni hanno esposto lo striscione: Tifiamo Rivolta!

Tifiamo rivolta contro il disagio della crisi, delle misure di austerity.

Tifiamo rivolta a favore del disagio creato dai cortei selvaggi che si battono contro l’impoverimento partendo dalla riappropriazione e dall’antagonismo,nell’imprevedibilità sulle modalità di sciopero e blocco. Quel retorico disagio che le istituzioni utilizzano per nascondere il vero disagio che loro stesse hanno creato.

Il corteo di oggi ha fatto un passo in avanti rivoltando lo stesso significato di disagio contro chi questo disagio ce lo impone. Per questo ha scelto di rilanciare con un’assemblea pubblica, convocata per domani alle 18 al liceo classico Siotto, in cui chiamare a un confronto e a una discussione sul futuro e le prospettive della mobilitazione anche docenti e studenti universitari.

                                                                               

                                                                   Noi non ci scusiamo per il disagio. Tifiamo Rivolta!

Il virus dell’austerità contagia la sanità.

Monti mani di forbice

Questa mattina, 28 novembre, i lavoratori dei servizi di pulizie dell’ospedale Santissima Trinità hanno organizzato un sit in di protesta di fronte ai cancelli della struttura ospedaliera, per opporsi alle misure adottate dalla nuova ditta appaltatrice.

Il I novembre, in seguito alla nuova gara d’appalto vinta dalla Ecoclean s.r.l. per i servizi di pulizia dell’AO Santissima Trinità, 17 lavoratori (già messi in cassa integrazione a decorrere dal I aprile 2012 dalla ditta uscente – la Pulitutto Cefil) non sono stati reintegrati. A fronte della mancata riassunzione dei 17 cassintegrati, che vedevano un contratto part-time di 4 ore giornaliere, la ditta ha assunto 13 nuovi impiegati con un contratto di lavoro di 8 ore giornaliere. Questi nuovi assunti coprono così le ore di servizio che dovrebbero essere espletate dagli attuali 17 disoccupati. È questo il maggiore motivo di indignazione manifestato dai lavoratori rimasti senza occupazione.

Così come nel comparto lavorativo della formazione (ricordiamo la diminuzione delle ore e dunque dello stipendio mensile per i lavoratori del portierato e multiservizi – bibliotecari, archivisti – avvenuto in occasione della nuova gara d’appalto indetta dall’Ateneo Cagliaritano per la gestione esternalizzata di questi impieghi), anche nel mondo della sanità assistiamo allo smantellamento del sistema welfaristico, che si realizza in un programma di tagli costanti e crescenti alla spesa pubblica. Concretamente questa tendenza si attua, da un lato, attraverso un definanziamento dei soggetti pubblici preposti a garantire i servizi di prima necessità sociale e, d’ altro lato, attraverso lo svuotamento del pubblico stesso, il quale delega la gestione delle garanzie sociali a soggetti privati.

Queste le conseguenze delle politiche di austerità adottate dal governo tecnico in linea con le misure imposte dalla troika europea. Le dichiarazioni del Presidente Monti, apparse ieri sui giornali, sono emblematiche del programma di distruzione totale dello stato sociale. Capiamo immediatamente quali siano i “nuovi modi di finanziamento” pensati dal Primo Ministro per la sanità pubblica : un’ ulteriore ingerenza dei privati all’interno del pubblico e/o una maggiore pressione fiscale su una popolazione sempre più impoverita. Nuovi modi di finanziamento che sono previsti per tutta la gestione dei servizi fondamentali, dalla sanità all’istruzione. Minori sono i servizi garantiti, maggiore è l’impoverimento e l’indebitamento sociale.

Le lotte contro i tagli alla sanità sono quindi fattore di ricomposizione sociale, in quanto interrogano i bisogni e desideri di tutti i soggetti, partendo dai lavoratori del sistema sanitario, siano essi dipendenti delle pulizie, operatori socio-sanitari, infermieri e medici, arrivando agli utenti.

La lotta dei 17 lavoratori è una lotta che ci appartiene: è la lotta per il nostro diritto alla salute, e non siamo disposti a chinare il capo.

#24N Cagliaritano. Don’t be choosy, choose the rebel side!

#24N CagliariOggi, 24 novembre, il movimento studentesco cagliaritano è sceso in piazza insieme a operai               del Sulcis, precari della scuola e docenti di ruolo per dire “NO” alle politiche di austerità, alle logiche del profitto capitalista, cause prime dello smantellamento del sistema welfaristico che si traduce nell’impoverimento sociale. Atti come il lancio di uova riempite con vernice colorata contro la Banca del Credito Sardo e contro il Palazzo del Consiglio Regionale simboleggiano il nostro rifiuto del sistema creditizio – strumento di impoverimento – e delle politiche regionali complici della dismissione dei servizi di tutela sociale, della trasformazione e della privatizzazione del pubblico in terreno di speculazione a vantaggio di pochi. Allora sappiamo che immediatamente opporci a queste politiche significa costruire reti sociali e immaginarci comunemente la costruzione di un futuro che non passi per gli stessi soggetti – tecnici, politici e uomini della finanza – che ce lo stanno oggi negando.

Per questo, per il 30 novembre, abbiamo deciso di indire un'”Assemblea pubblica verso lo sciopero del 6 dicembre“, giornata di mobilitazione nazionale, con l’intenzione di ricomporre il mondo della formazione e del lavoro in un percorso di lotta comune.

 

Collettivo Universitario Autonomo Casteddu

Collettivo  Autonomo Studenti Casteddu

Clausura a Sant’Efisio? Lottiamo per riaprire il nostro college!

Oltre il danno, la beffa. Il College Sant’Efisio, struttura pubblica – perché finanziata con soldi pubblici, ma privata – perché in possesso della Curia, la cui ristrutturazione è costata alla Regione Autonoma Sardegna oltre 18 milioni di euro (soldi pubblici, quindi soldi nostri) è uno dei termini di soluzione imposti dall’ERSU agli studenti per l’emergenza case dell’autunno 2012. Quando, davanti agli occhi, due case dello studente sono chiuse per inagibilità e i progetti per la costruzione di nuove case sono totalmente assenti ma, voltandoci alle spalle, vediamo strutture abitative nuove di zecca come quella del College Sant’Efisio, riesce difficile credere all’escamotage della crisi economica come giustificazione della totale mancanza di investimenti nel mondo della formazione.

L’accordo ERSU-College prevede un versamento nelle casse della Curia di circa 260 euro al mese per posto letto, accordo che continua a depredare le casse pubbliche dirottando il denaro verso i privati.

Abbiamo pagato il College e stiamo pagando gli affitti al College. Non basta ancora. La direzione del College ha imposto che la struttura sia divisa in settori femminili e settori maschili. I criteri di assegnazione dei posti letto hanno dovuto sottostare a questa imposizione: questo ha determinato che i primi assegnatari “aprissero” i piani rispettivamente a maschi o  femmine. Quindi: la prima ragazza che ha preso la prima stanza al primo piano ha determinato (senza volerlo) che quel piano fosse destinato solo alle ragazze, e così per gli altri piani. Un solo piano è stato “aperto” da un ragazzo. Alla fine delle assegnazioni uno dei piani femminili è rimasto pressoché vuoto, ma i ragazzi meritevoli della singola non hanno potuto avere accesso al diritto abitativo perché la direzione del College ha negato la possibilità di poter creare un piano misto.

Quella struttura è nostra, pagata da noi. Ci hanno fatto pagare per costruirla, ci stanno facendo pagare per abitarla, e ora ci impongono delle regole assurde per poterci abitare. Dalla Curia s’impone un regime per seminaristi.

Clausura a Sant’Efisio? No! Nulla di regalato, riprendiamoci quello che ci spetta! RIAPRIAMOLO!

 C.U.A. Casteddu

Report dalla seconda assemblea per la riappropriazione del welfare studentesco

In data 19 settembre 2012 si è svolta la seconda Assemblea contro la chiusura delle case dello studente di via Roma e di via Montesanto.
La discussione, iniziata portando ancora una volta alla luce la condizione di disagio in cui si trovano gli studenti delle case, dei borsisti, degli idonei non beneficiari, ha fatto emergere nuovi punti, come la ulteriore precarizzazione dei servizi di portierato e multi-service e il pagamento dei test d’ammissione alle lauree triennali e magistrali, che vanno a intaccare reddito e garanzie studentesche.
L’assemblea, per la sua eterogeneità, ha mostrato nella sua composizione i molteplici caratteri della condizione studentesca: da chi è interessato in prima persona dalla chiusura delle case a chi da semplice studente non borsista sente comunque il precaricazzarsi della propria condizione. Emerge il sentimento comune di chi è stanco di subire l’impoverimento causato dai sacrifici richiesti per le cosiddette politiche anti-crisi. I soldi ci sono e li vogliamo subito.
Alla luce di questi punti si è deciso di costituire un’assemblea permanente per un percorso di lotta che generalizzi le istanze dei borsisti a tutto il precariato sociale giovanile e che ponga come unica rivendicazione comune la totale riappropriazione del welfare studentesco.

RIAPPROPRIAMOCI DI CIÓ CHE È NOSTRO!

Il portiere aspetti sull’uscio… prima del lastrico. Il Rettore precarizza il servizio di portierato per risparmiare

Esprimiamo grande solidarietà ai lavoratori dei servizi esecutivi dell’Università di Cagliari, da ieri in mobilitazione.

L’esternalizzazione dei servizi da parte dell’Università pubblica si traduce nel peggioramento della qualità degli stessi e delle condizioni lavorative dei dipendenti coinvolti. Infatti la logica con cui questi servizi sono appaltati mira esclusivamente al rientro in bilancio dettato dal processo di aziendalizzazione dell’Università pubblica. Cosa comporta un’aziendalizzazione in un settore delicato come l’istruzione? Un settore che dovrebbe garantire un’alta qualità di formazione privilegia il proprio rendimento economico a scapito dei servizi offerti a noi tutti. Non siamo più disposti a tollerare la svendita di servizi universitari che ci appartengono e vedere soldi che ci spettano andare al miglior offerente che porta allo sfascio completo di un servizio pubblico fondamentale per tutti. L’aziendalizzazione non comporta solo uno scadimento nella formazione ma anche la precarizzazione delle condizioni lavorative, con una mancanza di continuità nel rapporto di lavoro, ovvero a una mancanza di reddito adeguato, condizione indispensabile per poter pianificare una vita dignitosa presente e futura.

L’Ateneo cagliaritano, il “Magnifico” rettore e gli annessi apparati decisionali ci danno un chiaro esempio del servile adeguamento alla politica dell’austerità. Ecco come: gli impieghi di portierato e multiservizi sono stati esternalizzati attraverso una gara d’appalto al ribasso il cui unico criterio di aggiudicazione è il “prezzo più basso” (guardare il bando, vedere per credere! ).

Il bando di gara viene necessariamente riproposto ogni due anni in quanto non soggetto a possibilità di rinnovo; questo comporta una condizione di assoluta precarietà dei lavoratori che ogni due anni si devono confrontare con condizioni dell’erogazione del servizio sempre diverse. Il gioco del bando al ribasso è stato vinto da una società che ha offerto sul piatto una somma inferiore del 30% circa rispetto alla commessa di partenza.  L’azienda, per soddisfare le direttive del bando fatto al ribasso, deve necessariamente “riorganizzare” l’orario settimanale (per cui alcuni lavoratori subiscono una riduzione da 40 a 15 ore per settimana) e ridurre la paga oraria che in alcuni casi tocca a malapena l’ammontare di 500 € mensili. Tutto questo è stato reso possibile dalla costituzione ad hoc di “sindacati” che sono dirette emanazioni dell’UNCI (Unione Nazionale Cooperative Italiane), i quali ignorano i vincoli del Contratto Nazionale “Servizi Integrati e Multiservizi”, vincoli che informano il bando di gara indetto dell’Università di Cagliari. Su questa negligenza a quanto pare l’Ateneo ha chiuso più di un occhio, su questa negligenza pende un ricorso.

Le cooperativi vincitrici, SFL (Lecce) e Leader service (Bari), hanno imposto un ricatto ai lavoratori: quello di essere assunti come socio-dipendenti; l’unica alternativa è quella di perdere il posto di lavoro. Cosa significa essere assunto come socio-dipendente? Vuol dire aderire allo statuto della cooperativa che garantisce solamente le tutele di base al lavoratore, senza aver diritto agli ammortizzatori sociali e precludendosi qualsiasi possibilità di muovere eventuali mozioni migliorative per la propria condizione. Inoltre, con questi nuovi contratti, si determina l’interscambio delle categorie attraverso il quale personale non qualificato si trova a dover svolgere mansioni diverse dalle proprie; le categorie normalmente adibite al servizio di portierato si ritrovano di fatto a dover adempiere ai compiti dei multiservizi senza averne le competenze.

Il meccanismo di interscambio tra le mansioni delle categorie contrattuali rivela la contraddittorietà del principio di accreditamento che si vuole metro di valutazione e selezione ma non corrisponde alle effettive richieste del mercato liberista, regolato invece esclusivamente da una competitività a ribasso. Dobbiamo intraprendere percorsi di studio eccessivamente lunghi e di conseguenza entriamo troppo tardi nel mondo del lavoro; questo determina un complessivo assetto di impoverimento sociale, dato anche dall’enorme investimento economico necessario a conseguire qualifiche che prevedono una strada segnata da una selezione dai tratti sempre più classisti. La formazione universitaria ci dà l’illusione di andare a coprire un posto di lavoro altamente qualificato ma il lavoro che ci rifilano, in nome della competitività, ha esclusivamente caratteri dequalificati e dequalificanti nella professione e nel salario. La formazione universitaria è ben lontana dal rispettare il suo ruolo storico di “ascensore sociale”. Ci raccontano ancora possa fornire una qualifica che permetta di accedere in posizione privilegiata al mondo del lavoro, ma nei fatti l’enorme valorizzazione di “capitale umano” prodotta nelle università si traduce, nello stesso mondo del lavoro, in riduzione delle nostre capacità e impoverimento della nostra ricchezza sociale alla quale pretendiamo, invece, venga riconosciuto reddito, dignità e libertà di organizzazione sociale, oltre la scarsità prodotta dalle regole di mercato.

In questi termini riteniamo che questa lotta sia comune e che non possa concentrarsi sulla pura rivendicazione del posto di lavoro, bensì debba essere una lotta capace di mettere in discussione gli assetti generali che regolano lo stesso mondo del lavoro e parta dal rifiuto dei suoi dispositivi di sfruttamento e impoverimento.

Non siamo disposti a subire anche per il portierato dell’Università la lezione d’austerity del Prof. Melis! No, la solita barzelletta non funziona più. Non siamo tutti sulla stessa barca. Melis, non sei vittima dei tagli, sei quello che decide di scaricare il costo dei tagli su lavoratori e studenti. Sei quello che vorrebbe racimolare qualche soldo a scapito del salario e della dignità di centinaia di persone.

Contro l’impoverimento, per 500 euro al mese, le porte dell’Università te le sbattiamo in faccia!

Lascia o Raddoppia

Francesco Profumo si trasforma in Mike Bongiorno:
“allora gentile universitario, cosa sceglie? lascia l’universita’ o le raddoppiamo le tasse.”

All’interno della spending review, la manovra “taglia tuutto” che dovrebbe portare secondo Mario Monti al pareggio di bilancio, spunta fuori tra le tante l’ennessima norma che va a pescare dalle tasche degli studenti delle universita’ italiane. Aumenti per tutti quegli studenti che non finiranno il percorso di studi nei tempi richiesti, aumenti che vanno dal 25% al 100%. Oltre il danno pero’ anche la beffa. Lo studente-lavoratore sara’ esente da questo aumento.
…Alzi la mano lo studente lavoratore che ha un contratto regolare..