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22 Novembre: Non un passo indietro

22 novembre

Non un passo indietro. E’ questa l’indicazione che esce dalla giornata di mobilitazione indetta dagli studenti del Collettivo Autonomo Studenti Casteddu, alla quale abbiamo risposto con grande entusiasmo. Una giornata che aveva un obiettivo: l’assedio alla Regione, come parte di un sistema di potere che ha come unica risposta alla crisi quella delle politiche di austerità, i cui effetti subiamo nella vita di tutti i giorni. Dal caro libri, al caro trasporti, alla carenza di fondi per il diritto allo studio (vedi aumento al 50 % degli idonei non beneficiari), allo stato disastroso in cui versano le strutture scolastiche e universitarie (vedi Casa dello studente di Via Roma). Politiche che affamano i territori lasciati alla mercé di palazzinari, responsabili delle morti e della devastazione seguita all’alluvione cui abbiamo assistito nei giorni scorsi.

Il rifiuto e la rabbia di fronte a queste politiche è stato l’elemento unificante le mille persone che ieri sono scese in piazza, decise a chiedere conto ai responsabili. Di fronte a noi che in un migliaio siamo giunti davanti alla sede del Consiglio regionale di Via Roma, niente di diverso da quello che ci aspettavamo: un cordone di polizia. E’ questa l’unica risposta che arriva dall’alto. Polizia che non ha esitato a riversare la propria rabbia sugli studenti, dando vita ad una vera e propria caccia all’uomo, il cui bilancio è quello di quattro feriti.

Tra questi Emanuele, allontanatosi dal corteo perché non in buono stato di salute, è stato picchiato selvaggiamente dalle forze dell’ordine quando ormai si trovava già a loro disposizione. Conseguenza di ciò è stata una denuncia a piede libero per manifestazione non autorizzata, resistenza e violenza a pubblico ufficiale.  A lui, appena dimesso dall’ ospedale, va il nostro pensiero e un forte abbraccio. A lui come, sul versante opposto, a tutti coloro che si sono resi responsabili di questa violenza, dai mandanti politici agli esecutori materiali, va la nostra promessa che non ci fermeremo qua.

Un’altra strada è possibile rispetto a quella che ci viene offerta dalle istituzioni: quella dell’ autorganizzazione e della cooperazione. Un percorso da costruire sottraendo giorno dopo giorno, centimetro per centimetro spazio alla controparte nei territori che attraversiamo durante la nostra vita. Attraverso la costruzione di momenti di socialità, ma anche di scontro con la controparte, individuata nella classe dirigente a livello locale e nazionale.

20-22 NOVEMBRE: SCENDIAMO IN PIAZZA PER RIPRENDERCI CIÒ CHE CI SPETTA!!!!

 

SCENDIAMO IN PIAZZA PER RIPRENDERCI CIÒ CHE CI SPETTA!!!!

Rispetto all’ anno scorso i fondi destinati alle borse di studio sono diminuiti di 1,2 milioni di euro.

Gli effetti di questi tagli si possono vedere nelle graduatorie pubblicate il primo ottobre, dove su 5.244 domande solo 2.642 degli aventi diritto sono beneficiari di quelle borse: ciò vuol dire che 2.582 studenti che hanno bisogno e diritto a quei soldi (tra i 1.440€ e i 3.254 €) non vedranno nemmeno un centesimo.

I tagli alle borse di studio, che aumentano di anno in anno gli idonei non beneficiari, sono solo una parte degli ostacoli presenti nella nostra università,  insieme ai tagli agli appelli e ad un’edilizia scadente delle case dello studente, che porta spesso e volentieri ad una loro chiusura improvvisa.

Ovviamente tutto ciò non aiuta in nessun modo la carriera universitaria di uno studente, arrivando a creare situazioni paradossali, in cui, come possiamo leggere da un’intervista concessa dalla Noli all’Unione Sarda il 5 novembre 2013,  parrebbe che dobbiamo attendere l’arrivo di imprenditori sardi dal Belgio per vederci finanziate le borse di studio, arrivando addirittura a lodare tale intervento, non considerando le gravi responsabilità della Regione Sardegna in tutto ciò. In questa situazione l’università non è vista come un luogo di formazione e di cultura ma come una giungla mangia-soldi, dove chi prima esce ha vinto , costringendo le persone a non soffermarsi troppo quando si sbatte il muso davanti a evidenti calpestamenti di diritti. Questo clima costringe gli studenti a fare spesso spallucce di fronte a tutto ciò, sperando in un deus ex machina che convinca i docenti a non tagliare gli appelli, che faccia in modo che sia in primis la Regione a finanziare gli studenti e che magari ristrutturi anche la casa dello studente di via Roma e renda vivibile quella di via Montesanto.

Quello che bisogna fare è scendere in piazza con metodi alternativi, organizzarci e prenderci ciò che ci spetta di diritto senza aspettare nessuno, rappresentanti o deus ex machina che sia e per farlo bisogna incontrarsi. Sono questi i motivi che ci hanno spinto a organizzare un sit in sotto la casa dello studente il 20 novembre in via Roma, per capire cosa sta succedendo là dentro e cercare il modo di riprenderci uno spazio che già da un anno ci è stato promesso, senza mai arrivare a fatti o risoluzioni concrete.

Ma non sarà l’unica iniziativa di piazza: il 22 novembre ci sarà una sollevazione studentesca regionale che percorrerà tutta Cagliari, con gli studenti provenienti da tutta la Sardegna, con i quali ci uniremo per dire no a questa trasformazione dell’università e per iniziare un percorso che ne faccia un vero e proprio luogo di formazione e cultura!

Reclaim Via Roma: la Casa che non c’è

«Un anno», dicevano. «Pazientate».

Sono le uniche dichiarazioni ufficiali dell’Ersu risalenti a settembre 2012 alle quali poi è susseguito un nulla di fatto.
Infatti, come si può osservare da vicino se si passa sotto i portici, la casa dello studente non ha ancora minimamente iniziato i lavori di ristrutturazione, ad un anno esatto di distanza dalla sua chiusura.
E non si sa minimamente quando e se inizieranno!

Ma la chiusura della casa dello studente di via Roma non è altro che uno dei tanti errori che l’ERSU e la Regione Sardegna hanno fatto a spese degli studenti. L’aumento del 50% degli idonei non beneficiari rispetto allo scorso anno, la diminuzione del finanziamento regionale destinato al diritto allo studio, la continua mancanza dei posti alloggio, le pessime condizioni in cui gli studenti sono costretti a vivere rappresentano un attacco alla condizione studentesca.

Per i 18 mila studenti fuorisede che frequentano l’ Ateneo cagliaritano oltre al danno si aggiunge anche la beffa: infatti non solo si vedono tagliati quei fondi necessari, ma si vedono anche costretti ad aggiungere alla voce delle spese quella dell’ affitto. Si stima che un affitto medio per una stanza singola sia di 215 euro, mentre addirittura il 92% degli studenti ha un contratto irregolare che va ad ingrassare sole le tasche di chi pretende affitti altissimi.

E’ ora che ERSU e Regione Sardegna si prendano le proprie responsabilità

SE CI PRIVANO DEI DIRITTI NOI SAREMO IN PIAZZA PER RIPRENDERCELI!

SIT-IN
MERCOLEDì 11 DICEMBRE – ore 17
CASA DELLO STUDENTE – VIA ROMA

Foto sit in via Roma

 

Riprendiamoci gli appelli! Verso l’assemblea con i docenti

Foto assemblea taglio agli appelli Si è tenuta martedì sulle scalette del Magistero l’assemblea degli studenti della neonata Facoltà degli Studi Umanistici contro la decisione da parte del Consiglio di Facoltà di tagliare il numero degli appelli a partire da quest’anno accademico. Ricordiamo ancora una volta in cosa consiste questa scelta:

–  Per gli studenti fuori corso gli appelli passano da 11 a 8, con la cancellazione degli appelli di marzo, aprile e novembre;

–  Per gli studenti in corso c’è stata la diminuzione da 7 a 6, con la cancellazione degli appelli di marzo e ottobre e l’aggiunta dell’appello di maggio;

Un nuovo ostacolo al completamento del nostro percorso formativo. A danneggiare ulteriormente la nostra situazione di studenti universitari alle prese con servizi sempre più scadenti, con tasse sempre più elevate, o con i tagli alle risorse per il diritto allo studio (in un Ateneo come quello cagliaritano dove il 50% degli aventi diritto alla borsa di studio risulta essereidoneo non beneficiario http://cuacasteddu.noblogs.org/post/2013/10/04/idonei-non-beneficiari-no-grazie/). Questi sono i frutti dei tagli al welfare voluti di anno in anno dalla Regione Sardegna e delle scelte politiche del suo ente strumentale, l’Ersu Cagliari. Di fronte ai quali molti di noi sono costretti ad accettare lavori demotivanti e sottopagati (spesso senza nessuna garanzia in quanto “in nero”) o, è questo il caso di coloro che non abitano a Cagliari, ad accettare una vita da pendolare alle prese con il caro trasporti e tutti i disservizi made in Trenitalia (http://cuacasteddu.noblogs.org/post/2013/09/28/storie-di-vita-pendolare/).

E, senza andare sullo specifico, anche i circa quaranta presenti hanno voluto porre l’accento sulle conseguenze a cui andranno incontro a causa di questo drastico taglio. Importante, inoltre, la presenza di alcuni studenti di altre facoltà, come ad esempio Economia, che hanno spiegato come nella loro facoltà il basso numero di appelli (ricordiamo che sono sei nelle facoltà di Economia e Scienze Politiche) è ormai una regola fissa già da alcuni anni.

Questo ci consente di evidenziare come il taglio non sia una “follia” dei docenti di Lettere, Lingue e Scienze della Formazione , dunque. Piuttosto una decisione a freddo, un ulteriore tassello della ristrutturazione del sistema universitario degli ultimi anni. In particolare, è uno degli effetti dell’introduzione del nuovo sistema AVA (Autovalutazione, Valutazione periodica, Accreditamento) imposto dalla Legge Gelmini del 2010 e definito dai decreti attuativi D. Lgs 19/2012 e D. Lgs. 47/2013. In breve, esso consiste in un regime di controllo e valutazione della “qualità” della didattica e della ricerca da parte di una commissione interna e di una esterna, composta dai commissari dell’ANVUR, al quale saranno soggetti i corsi di laurea per poter ricevere i fondi necessari (anche nella più ottimistica delle ipotesi drasticamente ridotti) alla sopravvivenza ed essere attivati per il successivo anno accademico. Il risultato è presto detto: soppressione di interi corsi e, con il blocco del turnover, l’introduzione generalizzata del numero chiuso.

Per sintetizzare in due frasi il messaggio che è uscito forte e chiaro dall’assemblea:

NON SIAMO DISPOSTI AD ACCETTARE QUESTA DECISIONE!!! RIVOGLIAMO TUTTI GLI UNDICI APPELLI!!!

E proprio questo è ciò che tutti noi come studenti universitari andremo a dire ai responsabili di questa scelta, i docenti membri del Cdf alla prossima riunione del Consiglio, verso un incontro studenti-docenti che ridiscuta e si chiarisca che il taglio degli appelli è una proposta che dev’essere bocciata in toto.

DIFFONDIAMO, INCONTRIAMOCI, ORGANIZZIAMOCI!

RIPRENDIAMOCI GLI APPELLI!

Idonei non beneficiari? No grazie

Ersu CagliariDa pochi giorni sono uscite le graduatorie definitive per l’ assegnazione di borse di studio e posti alloggio nelle Case dello studente. Ma cosa significa in concreto essere un idoneo non beneficiario che studia nell’ anno accademico 2013-2014? Continua la lettura di Idonei non beneficiari? No grazie

STORIE DI VITA PENDOLARE

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Il pendolarismo è indubbiamente un fenomeno che riguarda moltissimi studenti universitari e che influisce pesantemente sui ritmi di vita e di studi . Spesso la scelta risulta essere quasi obbligata, sia perché le condizioni economiche della propria famiglia non permettono di sostenere le spese di un affitto a Cagliari, che secondo la media risulta essere di circa 215 euro al mese, più le eventuali spese, sia perché i servizi Ersu, che dovrebbero essere in grado di soddisfare le esigenze e i bisogni di questi studenti, di anno in anno vengono continuamente definanziati (quest’anno il numero di idonei non beneficiari arriva a toccare il 50%). E per chi magari pensa di poter sostenere le spese di una vita da studente a Cagliari attraverso piccoli lavoretti , ecco che si ritrova vittima di lavori malpagati, scarsamente qualificati e intermittenti.

 

Qui sotto è presentato il racconto di Gavino, che partendo dalla descrizione della condizione economica della sua famiglia, arriva poi a descrivere la qualità dei trasporti e le problematiche legate alla sua condizione di pendolare.

Continua la lettura di STORIE DI VITA PENDOLARE

Lo spot del Rettore Melis sull’esenzione dalle tasse

cagliari_guerra_tra_studenti_e_universit_sit_in_contro_tassa_per_chi_non_d_esami-330-0-338995Anche quest’anno l’ateneo cagliaritano prevede l’esenzione del pagamento delle tasse universitarie per gli studenti figli di lavoratori in cassa integrazione o che hanno di recente perduto l’occupazione. Continua la lettura di Lo spot del Rettore Melis sull’esenzione dalle tasse

Meno appelli per l’anno prossimo

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Ci attende un anno accademico complicato il prossimo anno: ci tolgono gli appelli, moltiplicano sbarramenti e ostacoli e nel frattempo investono soldi in nuovi poli didattici.

Ma abbiamo bisogno ora di più risorse e possibilità!

Ma chi sono i responsabili di questa situazione?

Continua la lettura di Meno appelli per l’anno prossimo

Le responsabilità politiche di un pasticcio burocratico.

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Si è finalmente risolto il pasticcio burocratico del mancato accreditamento delle borse di studio da parte dell’ERSU. Finalmente agli studenti è stato dato quello che li spetta, niente di più e niente di meno: la seconda rata della propria borsa di studio. Continua la lettura di Le responsabilità politiche di un pasticcio burocratico.

Borse di studio congelate: l’ ultimo ricatto dell’ ERSU

Stamattina davanti alla sede dell’ERSU di Cagliari si sono presentati gli studenti borsisti dell’Ateneo cagliaritano. Da giorni, infatti, gli stessi lamentavano il mancato accredito della borsa di studio. Per questo stamattina un gruppo si è avvicinato alla sede dell’ente per chiedere spiegazioni ufficiali sul motivo del ritardo. Ritardo inspiegabile per chi ha la necessità di vedersi accreditata una somma che, appunto, gli garantisce di poter continuare i propri studi. Soldi necessari per pagare le spese e potersi mantenere in una città, quella di Cagliari, con costi insostenibili per le famiglie che tentano di offrire un futuro fatto anche di cultura ed istruzione ai propri figli e dove regna indisturbata la speculazione immobiliare.

La mattinata, svoltasi in modo complesso e conclusasi con un nulla di fatto da parte dell’ ERSU, è stata caratterizzata da diverse informazioni che si sono accavallate tra loro in modo confusionario. All’ interno della sede dell’ente sembrava non esserci proprio nessuno, tanto che la stessa rappresentanza studentesca si è vista rifiutare una richiesta di accesso agli atti, in quanto nessuno poteva dare risposte ufficiali: chi era in malattia, chi in ferie, o chi, come Daniela Noli (Presidente dell’ente), non rispondeva alle chiamate; proprio un deserto. La notizia che sembra essere finalmente trapelata è la seguente: “il pagamento delle borse di studio non è stato effettuato in quanto i mandati di pagamento sono vincolati ad una espressione del TAR a favore dell’ERSU in merito al ricorso presentato da un gruppo di studenti contro gli importi minimi delle borse di studio.” Un ricatto bello e buono quello dell’ ERSU che  – nel caso in cui fosse accettato il ricorso fatto da alcuni studenti (che chiedono solo l’adeguamento al minimo ministeriale della borsa di studio) – preferisce rifarsi sugli studenti riformulando le graduatorie, piuttosto che chiedere più finanziamenti alla regione. L’ennesimo ricatto, che arriva dopo il tentativo di mobbing con le oltre trecento raccomandate inviate dall’ERSU agli studenti che paventavano una possibile restituzione della borsa di studio. Sembra proprio che quest’anno l’ERSU invece di una campagna per il diritto allo studio abbia tirato su una campagna di terrore per chi prova a protestare contro le borse di studio più basse d’Italia.

Insomma un vero e proprio scandalo, la comprova che l’ERSU non è più – se mai lo è stato – un dispositivo di tutela ma bensì uno strumento politico per la distruzione del diritto allo studio e di repressione finanziaria contro gli studenti.

Noi del Collettivo Universitario Autonomo non siamo interessati né alle vie legali né alle questioni di cavilli a cui l’ente o la regione si vogliono attaccare. Pensiamo solo che sia illegittimo non erogare le borse di studio agli studenti, compresi gli idonei non beneficiari di cui spesso ci si dimentica. Pensiamo che sia un cappio finanziario, una mossa contro la quale si debba agire a livello politico, contro l’ERSU, contro la Regione e contro le politiche di impoverimento delle fasce più deboli alle quali si tagliano servizi essenziali.

Facoltà degli Studi Umanistici: riprendiamoci gli appelli!

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Giovedì 13 giugno il Consiglio della neonata Facoltà di Studi Umanistici ha deciso, su indicazione del preside di Facoltà, di ridurre da 11 a 8 gli appelli d’esame annui dedicati agli studenti fuoricorso, e da 7 a 6 quelli previsti per gli studenti in corso.

 

Il nuovo statuto dell’Università di Cagliari, in vigore da quest’anno accademico, è figlio delle commissioni statuto del 2011, le quali riscrissero gli statuti degli atenei italiani sulla base della riforma Gelmini, approvata con la fiducia al Governo Berlusconi contro la quale migliaia e migliaia di giovani studenti e studentesse precari eressero barricate a Montecitorio negli scontri del 14 dicembre 2010.

Secondo il nuovo statuto il numero delle facoltà dell’ateneo cagliaritano è stato compresso a 6. Un’unica grande Facoltà di Studi Umanistici accorpa le ex facoltà di Lettere e Filosofia, Lingue e Scienze della Formazione.

 

Sino a quest’anno due delle tre ex Facoltà (Lettere e Lingue) offrivano ai fuori corso la possibilità di sostenere 11 appelli annui. Da ieri, per uniformare i calendari didattici delle tre ex facoltà, gli studenti hanno visto cancellata tale possibilità, riducendola a 8 appelli all’anno. Gli appelli per gli studenti in corso passano a essere, invece, da 7 a 6. La complicità del corpo docente con il processo di riforma ha portato presto a mettere d’accordo i professori delle tre ex Facoltà che compongono l’attuale sull’opportunità di sopprimere gli appelli: piuttosto che estendere il numero degli esami agli studenti di Ex Scienze della formazione si è giocato – come al solito – al ribasso.

 

Ancora una volta vediamo moltiplicarsi gli sbarramenti nei nostri percorsi formativi. La riduzione dei servizi – in questo caso degli impegni didattici dei docenti – ci impone l’impossibilità di gestire autonomamente tempi e ritmi di studio facendo scivolare rapidamente le nostre carriere universitarie verso la condizione di fuoricorso o inasprendola attraverso delle sanzioni che non sono più solo monetarie. Un’università con tempi di studio sempre più contingentati vorrebbe esprimere una condizione di studente a tempo pieno. Eppure pochi di noi a oggi possono permettersi questo lusso. La maggior parte degli studenti è costretta a spezzare i propri tempi di studio tra un lavoretto e l’altro pur di riuscire a mantenersi a Cagliari. Il soggetto in formazione è figura compiutamente precaria più che figura studentesca.

Così con meno appelli disponibili aumenta la possibilità di finire fuoricorso, con la certezza di incorrere nelle ulteriori gabelle approntate per la circostanza: sovrattassa per i fuori corso (fino al 30% in più) e sovrattassa di discontinuità (50 euro in più per ogni semestre senza esami). Per i fuoricorso, le possibilità di concludere il percorso di studio si fanno ancora più remote. Oltre alle ben note sovrattasse succitate, la figura dello studente fuoricorso viene sanzionata ulteriormente; la riduzione degli appelli è una manovra strumentale all’Università: lo studente fuoricorso, che il più delle volte diventa tale perché costretto a lavorare  – spesso in nero – per poter studiare, viene utilizzato come capro espiatorio, come merce da mettere a valore. In realtà l’obiettivo dell’Università non è quello di agevolare la figura dello studente fuoricorso: questo studente costituisce per l’Università una fonte di ricchezza, nel momento in cui può estrarne un profitto attraverso l’inasprimento delle tasse.

Difficile sottrarsi a una spirale in cui per continuare a studiare si è costretti a lavorare con una sottrazione di tempo allo studio che viene però sanzionata “per regolamento” con ulteriore erosione di reddito!

Senza contare le difficoltà che incontreranno gli studenti borsisti nel mantenere i benefici con un appello in meno!

 

Non solo. Il caso della soppressione degli appelli ci parla anche del ruolo della docenza in questa università riformata. Pur senza il coraggio di schierarsi apertamente, gli “accademici”, tra ingenuità e opportunismo, si fanno concreti interpreti dello “spirito di riforma” dell’università degli ultimi anni. Da un lato, infatti, radicalizzano, anche nell’amministrazione dei dipartimenti, le misure volte al dimagrimento dei servizi; dall’altro sempre più disertano gli impegni e le responsabilità connesse alla didattica interpretando il ruolo della docenza universitaria entro una dimensione privatistica dove ciò che conta è il progresso di una personale carriera accademica fatta di accreditamento presso l’istituzione attraverso la produzione e la valutazione di ricerca. Sparisce qualsiasi problematizzazione della dimensione collettiva del sapere e della formazione. Gli spazi della relazione pedagogico formativa in questa università vengono soppiantati dai meccanismi di istruzione e selezione dove ciò che maggiormente conta è la razionalizzazione dei tempi.

Allora, da parte di alcuni docenti, bisogna risparmiare sugli appelli, togliere tempo agli studenti per dedicarlo all’ultimo articolo richiesto come parametro per restare a galla o essere promossi.

 

A questa selezione giocata tutta sulla nostra pelle diciamo che non ci stiamo.

 

Ci interessa rimettere al centro di quest’università la natura della trasmissione dei saperi e dei modi della formazione. Crediamo infatti questi siano un patrimonio collettivo che collettivamente debba essere interpretato strappandolo a quei meccanismi che, mercificandolo, lo rendono invece strumento del nostro impoverimento e della nostra esclusione sociale in questa università post-riforma.

Sappiamo che ci sono delle responsabilità nei processi degli ultimi anni e nelle scelte recenti.

Sappiamo che di questa direzione non ne possiamo più e porteremo la nostra opposizione in ogni prossimo consiglio di facoltà fino a farvi tornare indietro!

Via Trentino : la mensa che non c’è

casadellostudenteaaaaviatreDagli uffici di Corso Vittorio Emanuele, sede dell’ ERSU (Ente Regionale per il Diritto allo Studio), tutto tace.

Nonostante la mensa di Via Trentino sia chiusa da diversi mesi per improrogabili lavori di ampliamento e ristrutturazione, il problema non sembra essere condiviso. “In fondo, ci sono le altre mense. Non dipende da noi. Ci scusiamo per il disagio”, dicono.

E poco importa che, tra una lezione e l’altra, si abbiano solo una o due ore, come spesso capita agli studenti dei poli universitari di Piazza d’Armi e di Viale Fra Ignazio, per attraversare la città e raggiungere la mensa di Via Premuda o Piazza Michelangelo, in pullman (magari in ritardo e sovraffollati), fare la fila e mangiare in fretta un pasto sempre più caro , sperando di fare in tempo prima che la mensa chiuda e/o di dover tornare di corsa a  lezione. Poco importa che l’alternativa sia pagare di tasca propria un pasto che dovrebbe essere già garantito, non potendo magari cucinare perché la propria condizione abitativa non lo consente.

Coloro che sono andati a chiedere conto hanno ricevuto solo risposte vaghe dalla sede dell’Ersu. Non un comunicato di scuse, non una data di riapertura.

” Abbiate pazienza “, “La mensa riaprirà a fine Febbraio”.

Poi, “Ci sono dei problemi con l’iter di approvazione burocratica in Comune “ – “Dovremmo riaprire per la fine di Marzo”.

Ad Aprile inoltrato ancora non si sa nulla. Quanto tempo dovremo ancora aspettare?

Il messaggio che passa, nel silenzio, è: ARRANGIATEVI!

Non sembra essere percepita la necessità di dare delle risposte alternative e concrete a chi continua a subire le incapacità strutturali di un Ente sempre più portato a riversare l’acuirsi della crisi sugli studenti. Rispetto, dignità, emancipazione ed autonomia sono concetti che vengono cinicamente sacrificati sull’altare della “mancanza delle risorse” e della “crisi”. E i pochi servizi che vengono garantiti vengono fatti passare per gentili concessioni.

 Parliamoci chiaro: per chiunque abbia mangiato in Via Trentino, i lavori erano necessari ed improrogabili.

E’ curioso osservare come l’emergenza Via Trentino cada nel momento in cui l’Università è costretta a svendere parte del proprio patrimonio immobiliare per adempiere agli impegni di bilancio. Non sarebbe stato meglio riutilizzare quegli spazi per limitare il disagio creato a tanti studenti dalla chiusura di Via Trentino? “Non sapete di cosa state parlando” diranno. Ma come mai non è stato nemmeno possibile riorganizzare il sistema in modo tale da far sì che una mensa tra Via Premuda e Piazza Michelangelo, nelle quali sono stati dirottati i lavoratori di Via Trentino dopo aver rischiato di finire in cassintegrazione, rimanesse aperta la domenica? E adesso, di chi è la responsabilità?

Lavoriamo per garantirvi il minor disagio possibile con gli scarsi fondi che abbiamo”.

E sicuramente devono aver pensato così anche coloro che a seguito della presentazione del ricorso al TAR,, sono stati colpiti da lettere minatorie per via raccomandata (alla faccia della crisi) con le quali, nel caso in cui il ricorso fosse stato accolto, si intimava la restituzione degli importi già percepiti.

 La condizione degli studenti cagliaritani continua a complicarsi: Aumento esponenziale del numero degli idonei non beneficiari, taglio dell’importo delle borse , meccanismi sempre più improntati alla meritocrazia, carenza strutturale rivelata dalla incapacità di offrire risposte alternative alla chiusura di due case dello studente su cinque; tutto questo mentre i soldi pubblici vanno a finanziare strutture come il College Sant’Efisio .  Non sarà tutto parte dello stesso film???

L’immagine che il “caso via Trentino” ci consegna è quella di un Ente che, trincerandosi dietro la propria presunta tecnicità, si rivela incapace di rispondere ai reali bisogni dei soggetti che è chiamato a proteggere. Non caso unico, ma emblema di un welfare fondato esclusivamente sulla disciplina di bilancio.

Rispetto a questo quadro non possiamo tornare indietro. Sappiamo però che la lotta contro questi dispositivi e contro la governance che li impone ha guadagnato per noi una sua dimensione specifica: se nessuna mediazione è possibile non abbiamo che la riappropriazione contro l’impoverimento.

Ricercare strade alternative ripartendo dalla socialità e dalla cooperazione per rispondere al disagio e al malessere generato dalle scelte della governance è possibile:

” Pranzare insieme all’interno degli spazi universitari non è solo un’occasione per vivere in maniera diversa dal solito uno spazio che è nostro ma l’occasione per ripensare criticamente il mondo che ci circonda, ripartendo dalla socialità e dalla cooperazione.”

   ♦          NOI LA CRISI CE LA MANGIAMO!      

Quando? Lunedì 22 aprile, Fronte Biblioteca Interfacoltà dalle 13:00 alle 15:00. 

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E.R.S.U : Un CdA protetto dalla polizia. Nessuna borsa indietro!!

imagesBasta poco per trasformare agli occhi dell’opinione pubblica la più pacifica delle proteste in un coacervo di facinorosi pronti a sovvertire l’ordine costituito. È questo ciò che deve essere venuto in mente alle forze dell’ordine in risposta al sit-in convocato dagli studenti per venerdì 1 febbraio, in occasione del CDA dell’Ente Regionale per il Diritto allo studio Universitario.

La decisione fa seguito all’invio di lettere minatorie, attraverso le quali l’Ente intima la restituzione degli importi percepiti, qualora il ricorso al TAR presentato contro il mancato rispetto del D.P.C.M. 9 aprile 2001 venisse accolto. Strano modo di tutelare il diritto allo studio.

Ma lo scenario che si è presentato agli occhi di coloro che hanno deciso di rispondere alla chiamata è stato quello di una piazza gremita di polizia, carabinieri in tenuta anti-sommossa e non, DIGOS e polizia municipale (!) (mancavano solo l’esercito e la guardia di finanza). Uno schieramento di forze in proporzione di uno per studente.

Quale sia lo scopo di ciò è facilmente intuibile: stroncare sul nascere qualunque forma di opposizione che non passi per le vie della rappresentanza già da tempo addomesticata. A completare l’opera, dopo aver amorevolmente ricevuto una delegazione delle vittime, l’invio di un comunicato stampa attraverso il quale l’Ente “ha condiviso l’esigenza, rappresentata dagli studenti, di una maggior dotazione di risorse che possano realmente far fronte ai bisogni di mantenimento agli studi degli studenti dell’Ateneo, con particolare attenzione agli studenti fuori sede.”

Queste parole si scontrano, tuttavia, con una realtà ben diversa. Quella nella quale l’E.R.S.U., chiamato ad abbattere gli ostacoli di natura economica e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona, piuttosto che premere nei confronti degli enti politici per pretendere finanziamenti adeguati, preferisce far cassa sulla pelle di quei soggetti che è chiamato a proteggere. Poco importa che questi soldi siano già stati spesi, per far fronte alle spese della vita di tutti i giorni. Che siano stati investiti nel sogno di un futuro migliore dopo anni di sacrifici. Nel caso in cui non abbiate possibilità di restituire l’importo, “Presentate un nuovo ricorso al TAR” è stata l’arguta risposta della Dott.ssa Noli incalzata dalle osservazioni preoccupate degli studenti.

Sottoscriviamo la lettera scritta da alcuni di questi decisi a resistere al ricatto:

Non restituiremo nessuna borsa! Quei soldi ci servono per vivere! Al di là del diritto sancito dalla Costituzione, noi guardiamo ai nostri bisogni, alle nostre necessità!

Abbiamo partecipato e vinto un bando per una borsa di studio su cui abbiamo pianificato il nostro immediato futuro, su cui abbiamo investito un anno di studi, anticipando il versamento di caparre e mensilità d’affitto, pagando bollette, comprando i testi universitari, spendendo insomma i nostri soldi per tutto ciò che voi – evidentemente – non potete o non volete capire.”

 

 

VENERDI 1 FEBBRAIO 2013 : SIT IN SOTTO L’E.R.S.U. – NESSUNA BORSA INDIETRO : RESTITUIAMO ALL’ E.R.S.U. LE RACCOMANDATE!

Dopo aver tentato, per tutto l’autunno, di disciplinare l’insubordinazione sociale mascherandosi dietro la scusa del “siamo solo tecnici”, ma operando delle scelte politiche ben precise che rientrano sotto la categoria dell’ “austerità” e dello smantellamento del welfare, viene fuori il vero volto dell’ E.R.S.U.

Minacce sotto forma di raccomandate spedite a quei soggetti sociali a cui l’E.R.S.U., secondo il proprio statuto, dovrebbe occuparsi di garantire il “diritto allo studio” (che, prima di essere un diritto, è in primo luogo un bisogno).

Emerge un fatto: le istituzioni sono quanto mai distanti dalle reali condizione dei soggetti sociali, l’E.R.S.U. non intende o è incapace di capire la condizione di noi studenti.

Noi non crediamo più che la mediazione istituzionale possa garantirci i nostri bisogni; non crediamo più di poter aspettare con le mani in mano che le istituzioni, gli enti amministrativi, i partiti, gli organi di rappresentanza, si muovano per soddisfare le nostre esigenze.

Riportare le raccomandate all’ E.R.S.U. è un gesto di rifiuto nei confronti di un sistema che ci vuole sempre più assoggettati, impoveriti e indebitati. È un gesto che dice “NO” e che costruisce un “Sì”, il “Sì” del nostro essere soggetti sociali capaci di agire politicamente e di creare un’alternativa.

                                                                               VENERDI  1 FEBBRAIO 2013, ORE 11:00

 

 

                                                                      INCONTRIAMOCI TUTTI DAVANTI ALL’E.R.S.U.

                                                               E RESTITUIAMO AL MITTENTE LE RACCOMANDATE!

 

                                               

                                                                                       NESSUNA BORSA INDIETRO!

                                                                       

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                                                                                                                                         Collettivo Universitario Autonomo Casteddu

 

STORIE DI ORDINARIA MERITOCRAZIA

assegnidimeritoL’ ASSEGNO DI MERITO: PARADIGMA DELLO STUDENTE INDEBITATO

 La figura dello “uomo indebitato”, prodotto dei continui tagli alla spesa pubblica da parte dei governi e di un’idea economica cinica e votata all’impoverimento, è quella che maggiormente si è affermata nel panorama sociale degli ultimi 25 anni. All’interno dell’azienda università è lo studente, o in alcuni casi la sua famiglia, a dover fare i conti con l’indebitamento sempre più massiccio che negli anni si è costretti a contrarre per iniziare e proseguire gli studi. I finanziamenti che lo Stato mette a disposizione per risolvere il problema non son sufficienti e, come nel caso degli assegni di merito, diventano una causa che, paradossalmente, acuisce maggiormente il disagio del debito. Gli assegni di merito possono senza dubbio essere presi come un paradigma della condizione dello studente indebitato, di studenti e famiglie che i governi fanno finta di non vedere, dell’impossibilità di essere al contempo virtuoso e meritevole in un sistema nel quale la pressione fiscale riesce ad annullare gli stessi finanziamenti allo studio. Questa è la storia che è successa a Gianmario (nome fittizio), uno tra i tanti ragazzi che, avendo beneficiato dell’assegno di merito, si è visto costretto a modificare le condizioni e il percorso della propria carriera universitaria e di conseguenza della vita stessa.

 

 

Ciao Gianmario puoi raccontarci la tua storia?

« Mah, una storia personale come tante. Sono nato in una famiglia semplice, mia madre casalinga e mio padre operaio, stroncato da un male incurabile ad appena 40 anni; io ne avevo appena 11 e mi sono ritrovato presto a fare l’ometto di casa. Dopo il diploma ho subito iniziato a lavorare come operaio per qualche anno, finché non mi sono iscritto all’Università: da qui ho iniziato a lavorare part-time e a dedicarmi agli studi. Mi sono laureato alla triennale qualche mese fa ed ora sono immatricolato ad un corso di Laurea Magistrale. Ho partecipato al bando 2009-2010 (per gli assegni di merito), al quale sono risultato beneficiario; io ho ricevuto un importo di circa 4000 euro. Il primo anno dell’Università ero matricola e ho ricevuto la borsa di studio ERSU: questo mi ha permesso di iniziare gli studi. Senza la borsa non sarebbe stato possibile iscrivermi perché la vita a Cagliari è cara; la mia famiglia non può permettersi di pagarmi gli studi e con un lavoretto part-time di poche ore alla settimana non si paga nemmeno l’affitto. »

Cos’ha comportato ricevere l’assegno di merito in un clima di continui tagli alle borse di studio?

« Non voglio essere ipocrita: l’anno scorso ero fuori corso e mi ha aiutato per coprire le spese: affitto, pasti, spese per la tesi. Non avevo però considerato una cosa: il fatto che l’assegno vada dichiarato nei redditi e contribuisca all’aumento dell’ISEE della famiglia. Nel mio caso l’ISEE raddoppia, perché mia madre vive con una misera pensione. I tagli hanno influito pesantemente, basta guardare le graduatorie ERSU degli scorsi anni. Quest’anno oltre il 60% delle matricole di I e II livello non è borsista: chi ha un ISEE superiore a 7800 euro non ha diritto alla borsa di studio né alla casa dello studente. Quando si parla di matricole è chiaro che c’è di mezzo l’opportunità di studiare, ossia la possibilità di accesso ai più alti livelli dell’istruzione: se si superano di poco i 7800 euro non si ha l’opportunità. Ma una famiglia con 7800 euro di ISEE difficilmente può permettersi di far studiare un figlio, specie se questo è fuori sede. »

Quali son i criteri di assegnazione che ti hanno estromesso da queste agevolazioni?

« Il criterio è solo uno: il reddito. Se si superano quei miseri 7800 euro di ISEE non si è borsisti. E’ una vergogna, non possono accedere agli studi i figli di un operaio generico, che per conoscenza supera quell’importo. Insomma, per studiare o si è figli di disoccupati (poveri loro) o si è figli di benestanti. »

Il racconto della tua esperienza fa emergere alcune criticità che influenzano negativamente la tua condizione studentesca. Hai provato a cercare qualche risposta dalle istituzioni competenti?

« Mi sono rivolto prima all’ERSU, ma la risposta è stata inequivocabile: hanno tagliato i fondi. »

La classica risposta che negli ultimi anni viene utilizzata dalle istituzioni, che scaricano i costi sociali della crisi sulle persone. Questi tagli, contestualizzando alla condizione studentesca, a Cagliari hanno comportato un taglio drastico alle borse di studio, un aumento delle tasse, una minore disponibilità di posti alloggio e un peggioramento generale offerta formativa.

« Per quanto riguarda il fatto che l’assegno di merito vada inserito nella dichiarazione dei redditi, mi hanno detto che non era compito loro discutere di questo: “andate in regione”. Sono andato in regione, all’Assessorato Cultura e Pubblica Istruzione: mi hanno detto che l’Agenzia delle Entrate considera l’assegno di merito come un reddito assimilato (link), quindi la regione non è responsabile di questo scandalo; mi hanno detto che i criteri per l’assegnazione non rientrerebbero in quelli previsti per le borse di studio (es. ERSU) e che quindi l’importo va dichiarato. Io invece non trovo differenze sostanziali tra l’assegno di merito e le borse ERSU. »

Cos’è cambiato dal punto di vista del reddito, del lavoro e dell’abitazione? Ti sei trovato costretto a rivalutare le tue scelte di vita?

« Mi sono laureato con il massimo dei voti, ma ora rischio di non poter proseguire gli studi. Non ho ricevuto la casa dello studente, non ho diritto alla borsa né ai pasti, insomma devo pagarmi gli studi. Per vivere e studiare a Cagliari, senza nessuna pretesa, servono 500 euro al mese. Per guadagnare questi soldi è necessario lavorare ogni giorno, togliendo tempo allo studio, rinunciando a qualche lezione con un risultato inevitabile: si allungano i tempi di studio e aumentano le tasse, e si entra in un circolo vizioso in cui più lavori, meno studi, più aumentano le tasse, più devi lavorare: non se ne esce più.
Credo che chi ci amministra non sia mai stato nella condizione di studente fuori sede e, se lo è stato, era benestante. »

Cos’avrebbe comportato non dichiarare all’interno del reddito l’assegno di merito? Ti sarebbe convenuto in termini economici?

« Probabilmente una sanzione da parte di Equitalia, si dice, intorno ai 500 euro. Ma pensa quali vantaggi: avrei avuto casa, pasti e borsa.. ne sarebbe valsa la pena. Insomma, se avessi fatto il disonesto avrei potuto proseguire con tranquillità gli studi. »

[ Tale espressione mette in luce la contraddizione che emerge tra gli slogan utilizzati dal governo Monti che, attraverso una spettacolarizzazione della lotta all’evasione fiscale, ha trovato il capro espiatorio della crisi economica e sociale in chi non paga le tasse. In realtà, gli stessi processi burocratici delle istituzioni costringono le persone a non poter sostenere tutti i costi che il sistema – nel nostro caso quello universitario – richiede, se non paradossalmente tramite gli stessi metodi e modalità criminalizzate. ]

« Inoltre, lavorare (in nero) mi preclude, di fatto, la possibilità di concorrere il prossimo anno x l’assegnazione della borsa di studio e il posto alloggio, poiché ho a disposizione meno tempo rispetto agli altri studenti che concorrono per ottenere questi benefici e hanno la possibilità di dedicarsi a tempo pieno allo studio. Arrivati a questo punto, una delle possibilità che stavo valutando era quella di ritirarmi quest’anno e iscrivermi nuovamente l’anno prossimo, eliminando in questo modo il “fardello” dell’assegno di merito. »

Conosci altre persone in questa situazione?

« Conosco tante persone, in situazioni economiche difficili, che non possono studiare per i motivi che ho detto. Ma anche persone non matricole, che hanno raggiunto tutti i crediti previsti dai criteri ersu, peraltro con il massimo dei voti, e che si sono ritrovate senza né casa né borsa: non si dà l’opportunità di studiare né ai poveri e nemmeno ai meritevoli. Assurdo. »

 

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Negli ultimi tempi, attraverso il bombardamento mediatico, siamo stati assuefatti a due retoriche strumentali alle agende politiche:

 

  • GUERRA ALL’EVASIONE FISCALE: se si pagano le tasse e si è in regola dal punto di vista legale con i pagamenti ci si può considerare virtuosi e meritevoli di proseguire la vita universitaria.
  • MERITOCRAZIA: per cui se studi regolarmente allora sarai in grado di ottenere le borse di studio e proseguire la carriera universitaria.

 

La falla burocratica, sembra essere causata da una “mancanza di comunicazione tra le istituzioni”. Ma sino a che punto possiamo definirla in questo modo, dal momento che al loro primo anno l’equiparazione tra assegno di merito e reddito non veniva esplicitata e solo dopo (link) le contestazioni dei beneficiari le istituzioni hanno reso chiaro e ben visibile questo passaggio?

In realtà la “falla burocratica”, la contraddizione tra gli strumenti utilizzati delle istituzioni, mette in luce tre aspetti dell’università-azienda:

1) a dispetto dello smantellamento dell’università, dei tagli alla formazione, vi è la necessità di strumenti, di natura prettamente finanziaria che supportino la bontà e la funzionalità del sistema meritocratico e di aziendalizzazione.

2) l’incapacità di gestire quegli stessi strumenti, capaci solo di produrre competizione e non cooperazione, povertà invece che arricchimento, sia economica del singolo che del sapere collettivo.

3) il tentativo, impossibile sul piano logico, di dare un valore di tipo economico e sociale alla conoscenza.

Ma è realmente possibile misurare la qualità e la quantità del sapere, quando questo è un bene che si produce e accresce all’interno e tramite le relazioni sociali? Può esistere una norma capace di individuare i parametri di valutazione della conoscenza? Chiaramente no, a meno di non considerare l’università un’azienda il cui unico scopo è la produzione di lavoratori indottrinati e lo studio una mera accumulazione di crediti e superamento di esami.

Contestare questo tipo di meccanismi vuol dire affermare un sapere cooperativo e non privato.

Reclamare reddito che sia scollegato dalle logiche del merito significa favorire la produzione comune e dunque la soddisfazione dei desideri e dei bisogni che da essa emergono.