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12D: occupiamoci dei nostri diritti!

bannerRiportiamo sul blog l’appello  per una partecipazione massiccia di studenti, precari e lavoratori allo spezzone sociale e studentesco in occasione dello sciopero generale indetto dalla Cgil, con l’ausilio della Uil, per il 12 dicembre contro il jobs Act.                                                                                                                             

La grande scommessa del 12 dicembre sarà proprio questa: unire tutte queste categorie colpite dalla crisi e dalle scelte politiche dei vari governi e che hanno assistito a un continuo taglio dei servizi e un’ impossibilità a soddisfare i propri desideri. Partiamo dai nostri bisogni, riappropriamoci dei nostri diritti e occupiamoci dei nostri problemi. Sono le parole d’ ordine di una giornata che ci deve vedere tutti attivi e partecipi senza alcuna discriminazione

Il 12 dicembre migliaia di persone scenderanno in piazza, astenendosi dal lavoro, per il corteo indetto dalla CGIL con l’adesione della Uil. Una risposta ormai indispensabile per il sindacato di Susanna Camusso che, dopo tanto tergiversare, non poteva più aspettare per dare una risposta concreta alle migliaia di lavoratori ormai condannati alla precarietà e allo sfruttamento e che sempre più si vedono negate le più banali garanzie lavorative in nome di un progresso auto-referenziale ed escludente.
Quel giorno in piazza saranno presenti anche gli studenti di tutta la Sardegna, che dovrebbero rappresentare le figure principali per la creazione del sapere nella nostra regione, e invece subiscono da anni una continua dequalificazione ed elitarizzazione dei percorsi formativi. Le politiche degli ultimi anni portate avanti dai governi di centro-destra e centro-sinistra, mandanti delle direttive politiche impostate dal Processo di Bologna, hanno dimostrato la chiara volontà della classe dirigente di smantellare l’università pubblica, rendendo sempre più sterile e nozionistico il sapere universitario. La costante diminuzione del welfare studentesco ha parallelamente generato un sistema competitivo e individualista, creando una vera e propria guerra tra poveri all’interno della componente studentesca. Siamo invece convinti che la soluzione per i problemi degli studenti non sia soltanto scovare chi ogni anno dichiara il falso al momento della richiesta per la borsa di studio e il posto alloggio, ma sia pretendere la copertura TOTALE per tutti coloro che ne hanno diritto.

In questo contesto è la condizione studentesca e giovanile che vogliamo sottolineare. Di fronte ad un sempre più continuo disimpegno da parte dello Stato e della Regione Sardegna, che diminuisce di anno in anno i fondi per il diritto allo studio (esempi chiari di ciò sono i sette milioni in meno da quattro anni a questa parte finanziati per il welfare studentesco, e la diminuzione dei posti alloggio nelle case dello studente, passati dai 955 del 2008 ai 725 nel 2014), gli studenti sono ormai costretti a fare delle scelte drastiche per il prosieguo o inizio della loro carriera universitaria. Da un lato sono spesso obbligati a cercare appartamenti con affitti altissimi, che variano, per esempio a Cagliari, dai 200 euro nelle zone periferiche ai 250 euro delle zone centrali, spesso in nero. Affitti che di anno in anno continuano a salire, anche a causa delle 5000 case sfitte presenti a Cagliari, che fanno salire notevolmente i prezzi degli affitti. Un altro fardello che appesantisce lo svolgimento del corso di studi è il pendolarismo, scelta obbligata per gli studenti costretti a viaggiare dai loro paesi di origine per poter seguire le lezioni e sostenere gli esami, avendo spesso a che fare con ritardi, soppressioni e altri disagi di mezzi pubblici quali treni e pullman. Per chi non è in grado di sostenere queste spese, allora si apre la strada dell’abbandono dall’università: è questo ciò che lo scorso anno sono stati costretti a fare 257 studenti iscritti al primo anno non appena hanno scoperto di essere idonei non beneficiari. A causa sia del disimpegno delle istituzioni preposte sia delle conseguenze che questo provoca, osserviamo come ormai non esistano più gli studenti “puri”, ma anzi, spesso questi sono costretti a cercare dei lavori precari, malpagati e senza alcuna garanzia, per poter sostenere una vita universitaria nel capoluogo sardo. Oppure sono obbligati ad emigrare: i dati Istat affermano che un giovane su due è disposto a trasferirsi nel resto d’Italia, uno su tre all’estero. Sappiamo che dietro questi tagli ci sono chiare volontà politiche: esplicativo in questo senso il fatto che dal 2009 ad oggi l’FFO (fondo di finanziamento ordinario), utile per l’attuazione e il corretto funzionamento dei corsi e dei piani didattici, è passato dai 136.1 milioni di euro ai 114 milioni, causando la chiusura di tanti corsi di studio (siamo passati dai 90 del 2009 ai 78 odierni), il mancato turnover dei ricercatori e il pensionamento dei docenti. Allo stesso modo, vediamo come invece per l’apparato militare i fondi siano sempre cospicui: 90 i milioni che la Regione Sardegna destinerà all’apparato della Difesa, mentre il governo ha acquistato 90 aerei da guerra F35, ognuno dei quali costato tra i 97 e i 105 milioni di euro. Con i fondi utilizzati per uno di questi aerei da guerra potremmo pagare 27.000 borse di studio con l’importo massimo che l’ERSU di Cagliari paga ai fuori sede.

I dati altissimi di dispersione scolastica, la diminuzione costante negli ultimi anni del numero delle immatricolazioni e l’incremento del numero di NEET (giovani che non lavorano, nè stanno nei percorsi formativi) e di emigrati, sono da leggere in parallelo e sono la viva testimonianza di un territorio che non crede e non investe nella sua popolazione giovanile con politiche miopi e spesso clientelari.

Partiamo dalla nostra condizione giovanile e dai luoghi di riferimento in cui ci confrontiamo ogni giorno, ovvero le facoltà, le case dello studente, le biblioteche e le mense. Liberiamoci dalla nostra condizione, che ci vede meri fruitori di un servizio prodotto dalle fabbriche del sapere. Ricreiamo nella nostra città luoghi di aggregazione, scambio e socialità alternativi ai ritmi dettati dall’università azienda e dalla città gentrificata. Questa è la grande scommessa del 12 dicembre: riprendersi le strade e la città, riconquistando spazi di libertà in cui il confronto all’interno della popolazione studentesca sia slegato da dinamiche di profitto o produzione.
Solo noi possiamo dare una spinta decisiva per un cambiamento reale dei luoghi che quotidianamente viviamo, mettendoci in gioco giornalmente e credendo nella possibilità di non emigrare , non accontentandoci ma rilanciando costantemente per conquistare sempre maggiori spazi di libertà indipendenti da chi ci ha costretto a partire o da chi ci obbliga ad avere a che fare con servizi tagliati o, peggio ancora, svenduti.