STORIE DI ORDINARIA MERITOCRAZIA

assegnidimeritoL’ ASSEGNO DI MERITO: PARADIGMA DELLO STUDENTE INDEBITATO

 La figura dello “uomo indebitato”, prodotto dei continui tagli alla spesa pubblica da parte dei governi e di un’idea economica cinica e votata all’impoverimento, è quella che maggiormente si è affermata nel panorama sociale degli ultimi 25 anni. All’interno dell’azienda università è lo studente, o in alcuni casi la sua famiglia, a dover fare i conti con l’indebitamento sempre più massiccio che negli anni si è costretti a contrarre per iniziare e proseguire gli studi. I finanziamenti che lo Stato mette a disposizione per risolvere il problema non son sufficienti e, come nel caso degli assegni di merito, diventano una causa che, paradossalmente, acuisce maggiormente il disagio del debito. Gli assegni di merito possono senza dubbio essere presi come un paradigma della condizione dello studente indebitato, di studenti e famiglie che i governi fanno finta di non vedere, dell’impossibilità di essere al contempo virtuoso e meritevole in un sistema nel quale la pressione fiscale riesce ad annullare gli stessi finanziamenti allo studio. Questa è la storia che è successa a Gianmario (nome fittizio), uno tra i tanti ragazzi che, avendo beneficiato dell’assegno di merito, si è visto costretto a modificare le condizioni e il percorso della propria carriera universitaria e di conseguenza della vita stessa.

 

 

Ciao Gianmario puoi raccontarci la tua storia?

« Mah, una storia personale come tante. Sono nato in una famiglia semplice, mia madre casalinga e mio padre operaio, stroncato da un male incurabile ad appena 40 anni; io ne avevo appena 11 e mi sono ritrovato presto a fare l’ometto di casa. Dopo il diploma ho subito iniziato a lavorare come operaio per qualche anno, finché non mi sono iscritto all’Università: da qui ho iniziato a lavorare part-time e a dedicarmi agli studi. Mi sono laureato alla triennale qualche mese fa ed ora sono immatricolato ad un corso di Laurea Magistrale. Ho partecipato al bando 2009-2010 (per gli assegni di merito), al quale sono risultato beneficiario; io ho ricevuto un importo di circa 4000 euro. Il primo anno dell’Università ero matricola e ho ricevuto la borsa di studio ERSU: questo mi ha permesso di iniziare gli studi. Senza la borsa non sarebbe stato possibile iscrivermi perché la vita a Cagliari è cara; la mia famiglia non può permettersi di pagarmi gli studi e con un lavoretto part-time di poche ore alla settimana non si paga nemmeno l’affitto. »

Cos’ha comportato ricevere l’assegno di merito in un clima di continui tagli alle borse di studio?

« Non voglio essere ipocrita: l’anno scorso ero fuori corso e mi ha aiutato per coprire le spese: affitto, pasti, spese per la tesi. Non avevo però considerato una cosa: il fatto che l’assegno vada dichiarato nei redditi e contribuisca all’aumento dell’ISEE della famiglia. Nel mio caso l’ISEE raddoppia, perché mia madre vive con una misera pensione. I tagli hanno influito pesantemente, basta guardare le graduatorie ERSU degli scorsi anni. Quest’anno oltre il 60% delle matricole di I e II livello non è borsista: chi ha un ISEE superiore a 7800 euro non ha diritto alla borsa di studio né alla casa dello studente. Quando si parla di matricole è chiaro che c’è di mezzo l’opportunità di studiare, ossia la possibilità di accesso ai più alti livelli dell’istruzione: se si superano di poco i 7800 euro non si ha l’opportunità. Ma una famiglia con 7800 euro di ISEE difficilmente può permettersi di far studiare un figlio, specie se questo è fuori sede. »

Quali son i criteri di assegnazione che ti hanno estromesso da queste agevolazioni?

« Il criterio è solo uno: il reddito. Se si superano quei miseri 7800 euro di ISEE non si è borsisti. E’ una vergogna, non possono accedere agli studi i figli di un operaio generico, che per conoscenza supera quell’importo. Insomma, per studiare o si è figli di disoccupati (poveri loro) o si è figli di benestanti. »

Il racconto della tua esperienza fa emergere alcune criticità che influenzano negativamente la tua condizione studentesca. Hai provato a cercare qualche risposta dalle istituzioni competenti?

« Mi sono rivolto prima all’ERSU, ma la risposta è stata inequivocabile: hanno tagliato i fondi. »

La classica risposta che negli ultimi anni viene utilizzata dalle istituzioni, che scaricano i costi sociali della crisi sulle persone. Questi tagli, contestualizzando alla condizione studentesca, a Cagliari hanno comportato un taglio drastico alle borse di studio, un aumento delle tasse, una minore disponibilità di posti alloggio e un peggioramento generale offerta formativa.

« Per quanto riguarda il fatto che l’assegno di merito vada inserito nella dichiarazione dei redditi, mi hanno detto che non era compito loro discutere di questo: “andate in regione”. Sono andato in regione, all’Assessorato Cultura e Pubblica Istruzione: mi hanno detto che l’Agenzia delle Entrate considera l’assegno di merito come un reddito assimilato (link), quindi la regione non è responsabile di questo scandalo; mi hanno detto che i criteri per l’assegnazione non rientrerebbero in quelli previsti per le borse di studio (es. ERSU) e che quindi l’importo va dichiarato. Io invece non trovo differenze sostanziali tra l’assegno di merito e le borse ERSU. »

Cos’è cambiato dal punto di vista del reddito, del lavoro e dell’abitazione? Ti sei trovato costretto a rivalutare le tue scelte di vita?

« Mi sono laureato con il massimo dei voti, ma ora rischio di non poter proseguire gli studi. Non ho ricevuto la casa dello studente, non ho diritto alla borsa né ai pasti, insomma devo pagarmi gli studi. Per vivere e studiare a Cagliari, senza nessuna pretesa, servono 500 euro al mese. Per guadagnare questi soldi è necessario lavorare ogni giorno, togliendo tempo allo studio, rinunciando a qualche lezione con un risultato inevitabile: si allungano i tempi di studio e aumentano le tasse, e si entra in un circolo vizioso in cui più lavori, meno studi, più aumentano le tasse, più devi lavorare: non se ne esce più.
Credo che chi ci amministra non sia mai stato nella condizione di studente fuori sede e, se lo è stato, era benestante. »

Cos’avrebbe comportato non dichiarare all’interno del reddito l’assegno di merito? Ti sarebbe convenuto in termini economici?

« Probabilmente una sanzione da parte di Equitalia, si dice, intorno ai 500 euro. Ma pensa quali vantaggi: avrei avuto casa, pasti e borsa.. ne sarebbe valsa la pena. Insomma, se avessi fatto il disonesto avrei potuto proseguire con tranquillità gli studi. »

[ Tale espressione mette in luce la contraddizione che emerge tra gli slogan utilizzati dal governo Monti che, attraverso una spettacolarizzazione della lotta all’evasione fiscale, ha trovato il capro espiatorio della crisi economica e sociale in chi non paga le tasse. In realtà, gli stessi processi burocratici delle istituzioni costringono le persone a non poter sostenere tutti i costi che il sistema – nel nostro caso quello universitario – richiede, se non paradossalmente tramite gli stessi metodi e modalità criminalizzate. ]

« Inoltre, lavorare (in nero) mi preclude, di fatto, la possibilità di concorrere il prossimo anno x l’assegnazione della borsa di studio e il posto alloggio, poiché ho a disposizione meno tempo rispetto agli altri studenti che concorrono per ottenere questi benefici e hanno la possibilità di dedicarsi a tempo pieno allo studio. Arrivati a questo punto, una delle possibilità che stavo valutando era quella di ritirarmi quest’anno e iscrivermi nuovamente l’anno prossimo, eliminando in questo modo il “fardello” dell’assegno di merito. »

Conosci altre persone in questa situazione?

« Conosco tante persone, in situazioni economiche difficili, che non possono studiare per i motivi che ho detto. Ma anche persone non matricole, che hanno raggiunto tutti i crediti previsti dai criteri ersu, peraltro con il massimo dei voti, e che si sono ritrovate senza né casa né borsa: non si dà l’opportunità di studiare né ai poveri e nemmeno ai meritevoli. Assurdo. »

 

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Negli ultimi tempi, attraverso il bombardamento mediatico, siamo stati assuefatti a due retoriche strumentali alle agende politiche:

 

  • GUERRA ALL’EVASIONE FISCALE: se si pagano le tasse e si è in regola dal punto di vista legale con i pagamenti ci si può considerare virtuosi e meritevoli di proseguire la vita universitaria.
  • MERITOCRAZIA: per cui se studi regolarmente allora sarai in grado di ottenere le borse di studio e proseguire la carriera universitaria.

 

La falla burocratica, sembra essere causata da una “mancanza di comunicazione tra le istituzioni”. Ma sino a che punto possiamo definirla in questo modo, dal momento che al loro primo anno l’equiparazione tra assegno di merito e reddito non veniva esplicitata e solo dopo (link) le contestazioni dei beneficiari le istituzioni hanno reso chiaro e ben visibile questo passaggio?

In realtà la “falla burocratica”, la contraddizione tra gli strumenti utilizzati delle istituzioni, mette in luce tre aspetti dell’università-azienda:

1) a dispetto dello smantellamento dell’università, dei tagli alla formazione, vi è la necessità di strumenti, di natura prettamente finanziaria che supportino la bontà e la funzionalità del sistema meritocratico e di aziendalizzazione.

2) l’incapacità di gestire quegli stessi strumenti, capaci solo di produrre competizione e non cooperazione, povertà invece che arricchimento, sia economica del singolo che del sapere collettivo.

3) il tentativo, impossibile sul piano logico, di dare un valore di tipo economico e sociale alla conoscenza.

Ma è realmente possibile misurare la qualità e la quantità del sapere, quando questo è un bene che si produce e accresce all’interno e tramite le relazioni sociali? Può esistere una norma capace di individuare i parametri di valutazione della conoscenza? Chiaramente no, a meno di non considerare l’università un’azienda il cui unico scopo è la produzione di lavoratori indottrinati e lo studio una mera accumulazione di crediti e superamento di esami.

Contestare questo tipo di meccanismi vuol dire affermare un sapere cooperativo e non privato.

Reclamare reddito che sia scollegato dalle logiche del merito significa favorire la produzione comune e dunque la soddisfazione dei desideri e dei bisogni che da essa emergono.